Vittorio Cosimo Nocera, eroe del calcio in bianco e nero

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Vittorio Cosimo Nocera è stato per la mia generazione il campione, il bomber che potevi vedere e toccare con mano. Il calciatore che scaldava come nessun altro lo stadio che era allora fatto di tubi innocenti e quando saltellavamo in ventimila ti sentivi come il soldato di un esercito in corsa, ed assediavi pure tu la squadra avversaria, quando i Satanelli andavano all’attacco.
Se giocava lui, il Foggia non aveva avversari, poteva battere chiunque.

Nocera è stato l’orgoglio di una città, che in quei magici anni Sessanta si lasciava finalmente alle spalle il ricordo delle macerie, degli orrori della guerra, e cominciava un suo sommesso ma orgoglioso cammino, verso due dimensioni che ne avrebbero segnato il destino: l’industrializzazione e la serie A.
Non è vero che il pallone è l’oppio dei popoli. Non a Foggia, almeno, e non in quegli anni radiosi. Me l’ha insegnato un giornalista raffinato ed attento come Gaetano Matrella: il calcio è l’orgoglio di un a città stremata dalla storia.
Assieme all’indimenticabile don Mimì Rosa Rosa (cui questa città dalla memoria corta non ha ancora dedicato una strada) e ad Oronzo Pugliese, il mago fatto in casa di Turi, il centrattacco (allora si chiamavano così) dei satanelli fu protagonista della storica scalata che portò il Foggia Incedit dalla C alla A. Nel campionato cadetto 1962-1963 che portò alla promozione, fu capocannoniere con 24 gol.
Era l’idolo della curva. Lo speaker dello stadio, che lo sapeva e la sapeva lunga, quando annunciava le formazioni prima di pronunciarne il nome faceva una breve pausa… Moschioni, Valadè, Micelli, Bettoni, Rinaldi, Micheli, Favalli, Lazzotti … Nocera… (anzi, ad esser precisi: Nouceeeraaaaa) e qui l’immancabile boato dello stadio, che sommergeva gli ultimi due che erano Maioli e Patino.

Questo undici ha scritto la pagina più bella della storia rossonera, il 31 gennaio del 1965, quando i rossoneri affrontarono allo Zaccheria l’Inter campione d’Europa e del Mondo di Helenio Herrera. Racconta la leggenda che il giorno prima i nerazzurri erano andati a trovare Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Il santo frate li aveva ricevuti e benedetti ma salutandoli si era lasciato andare ad un pronostico: “Che siete venuti a fare? Tanto domani perdete.”

E così fu. Le reti furono tutte nel secondo tempo, e Nocera ne segnò due, compresa quella decisiva a tredici minuti dalla fine. Va comunque detto che il pellegrinaggio nerazzurro dal frate della stimmate non fu vano: dopo quella domenica, l’Inter non perse più una partita e alla fine si laureò campione d’Italia dopo un lungo inseguimento al Milan di Rivera. Ma la sconfitta patita ad opera dei Satanelli dalla imbattibile Inter di Moratti padre restò iscritta nella storia del campionato e segnò la consacrazione del Foggia di Rosa Rosa e Pugliese.
Ebbi modo di conoscerlo personalmente, al Lido Acqua di Cristo, in quel di Manfredonia. Quel giorno una bizzarra onda anomala venne ad infrangersi sulla battigia, lo vidi come un segno del destino. Lui fece spallucce, attribuendo la responsabilità ad un improbabile sommozzatore. Mi stupì però la sua tranquillità, e compresi perché era in grado di piegare le mani ai portieri avversari, con quei suoi tiri improvvisi e violenti. Era il tiro – fondamentale oggi in crisi –  il pezzo migliore del suo repertorio e la manifestazione della sua classe.
Alla mia generazione, Nocera ha anche dato la misura di cosa significasse la serie A: poter vedere in televisione, in bianco e nero, i campioni che guardavamo sgambettare a colori sul prato dello Zaccheria la domenica e durante gli allenamenti in settimana, quando facevamo “salasso” a scuola. Ma quel bianco e nero restituiva loro una distanza, un’aura quasi mitica.
Nocera fu il primo calciatore del Foggia, assieme al terzino Micelli, a “uscire in televisione” per una partita di calcio. Non indossava però la maglia del Foggia, perché allora la Rai al massimo trasmetteva un tempo, in differita, alla sette della domenica sera.
Nocera indossò nientemeno che la maglia azzurra nell’amichevole contro il Galles che la Nazionale di Edmondo Fabbri disputò il 1° maggio del 1965, quasi un premio per la doppietta che aveva messo in ginocchio l’Inter, qualche mese prima. Ricordo la mia emozione davanti alla Tv. Micelli giocò dal primo minuto, mentre invece Nocera entrò all’inizio del secondo tempo sostituendo il fiorentino Orlando. Non era la migliore occasione per un esordio in azzurro, un po’ per il clima amichevole (il bomber trapiantato a Foggia da Secondigliano era un combattente), un po’ perché venne servito poco e male da compagni di squadra con i quali non aveva mai giocato. Ma bastò un pallone, al novantesimo, perché Vittorio desse prova della sua abilità. Il solito tiro, secco e preciso, e la palla si insaccò alle spalle del portiere gallese. E’ stato uno dei goal che mi hanno procurato più emozione nella mia vita di tifoso.
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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Vittorio Cosimo Nocera, eroe del calcio in bianco e nero

  1. Ringrazio per le commoventi parole dedicate a mio padre e sono felice che il suo nome rimene vivo nel cuore di tutti i foggiani e di tanti tifosi, questo articolo mi ha commosso in modo particolare e ringrazio ancora chi sta collaborando per far si che il nome di mio padre rimarrà sempre impresso nel cuore di una città che gli ha dato tanto. In questi giorni é stata protocollata al comune di foggia ,una richiesta da parte di alcune associazioni , per intitolare un settore dello stadio a mio padre. Sono felice per l'iniziativa proposta ma vi prego , se desiderate veramente incidere il nome di mio padre su un angolo della ns città che sia all'interno dello stadio perché il suo cuore e la sua anima sono sicuramente all'interno di quello stadio che gli ha dato tanta gioia e tanto dolore ,anche se non riusciremo a incidere il suo nome sono certa che mio padre sta là , girando per lo stadio a gridare gioire e tifare sempre Forza Foggia ! Ringrazio tutti Giusy Nocera

  2. Non lo sapevo che era morto il grande Nocera io lo vedevo spesso io lavoravo fioraio a fianco negozio della mamma che vendeva trippa .ci sono rimasto male anche io ero un suo tifoso.r.i.p.sono una persona di 63 anni.

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