L’affaire Lisa, il progetto di allungamento della pista nascosto da 30 anni

Print Friendly, PDF & Email

Il sindaco di Foggia, Gianni Mongelli, ha ragione quando sostiene che la sua amministrazione non ha colpe sui ritardi che si stanno accumulando sulla storia dell’allungamento della pista del Gino Lisa. Le responsabilità affondano così indietro nel tempo che è difficile trovare un’amministrazione che ne abbia più di altre. L’aspetto paradossale e paradigmatico della vicenda è proprio questo: non ci sono colpe specifiche ma – come dire – una “responsabilità ambientale” che coinvolge la politica, la classe dirigente, la burocrazia e la tecnocrazia, e mette a nudo il male più profondo di cui soffre il capoluogo dauno: il bene comune sempre asservito a quello privato, una concezione della città non già come patrimonio collettivo da organizzare e migliorare per vivere meglio, ma una risorsa da utilizzare prima di tutto per affermare i proprio interessi.
È questo vizio che ha impedito che la città fosse in grado di crescere seguendo una logica di programmazione. È questo vizio che ha fatto naufragare tutte le migliori intenzioni di assicurare uno sviluppo urbanistico equilibrato e orientato prima di tutto ai cittadini.
L’aeroporto Gino Lisa e la nuova pista, che avrebbe potuto e dovuto già da molti anni fungere da volano per il rilancio dello scalo e del volo aereo nella Puglia Nord, sono un emblema di tutto questo: raccontano una storia amara ma particolarmente esemplare di questo arrembaggio del territorio, sul cui altare è stato sacrificato un pezzo importante dello sviluppo del capoluogo e del resto della provincia, cui si intreccia la storia di tante piccole e grandi occasioni perdute.
Vediamo allora di raccontarla, fin dall’inizio, questa storia, nella speranza che conoscere i diversi capitoli di questa tuttora inconclusa vicenda consolidi il senso civico dei foggiani, li faccia sentire ancora più orgogliosi dell’aeroporto ed ancora più fermi nel rivendicarne la piena funzionalità. Tanto più che, essendo ormai in dirittura d’arrivo la scottante questione del piano dei rischi (all’origine della presa di posizione del Sindaco Mongelli), si approssima la cantierizzazione dei lavori di allungamento della pista. Bisognerà non abbassare la guardia, e vigilare anzi più attentamente, affinché tutto proceda senza ulteriori intoppi e inghippi. Per quanti avessero perso le ultime puntate della telenovela, va detto che il ritardo nella definizione del piano (propedeutica alla cantierizzazione dei lavori) è dovuto ad ulteriori precisazioni chieste dall’Enac sugli indici di edificabilità della vicina zona del Salice.  Non si tratta neanche di veri e propri rilievi: il rigore dell’Enac sembra dovuto a motivazioni per lo più psicologiche: l’ente che si occupa dell’aviazione civile è preoccupato per l’assedio cui l’area aeroportuale è stata sottoposta negli ultimi decenni, con tanti manufatti e immobili sorti nelle vicinanze della pista (l’arrembaggio, appunto…) tanto da condizionarne la completa funzionalità, e pretende precise garanzie.
Il nostro racconto prende le mosse proprio dall’allungamento la pista: l’idea non è nata in questi anni ma è un progetto da va avanti da tanto, troppo tempo, e la dice lunga su come vengano perseguite dalle nostre parti le idee strategiche per lo sviluppo. Lasciando che si impolverino in un cassetto.
È proprio in un cassetto è stato ritrovato  il progetto di allungamento della pista che pubblichiamo in questa pagina. Venne recuperato abbastanza casualmente nel 2004 dal direttore dello scalo dall’epoca che disse di averlo trovato negli archivi dell’aeroporto. Di più non è dato sapere (ma se qualcuno sa qualcosa, si faccia avanti…). Pare che a redigerlo sia stata l’ing. Santagata, non si sa però da chi sia stato commissionato e perché non sia stato mai reso pubblico e fatto conoscere all’opinione pubblica. La sconcertante dimenticanza è presumibilmente dovuta alle alterne vicende gestionali che hanno interessato lo scalo aeroportuale, passato da un soggetto istituzionale all’altro.
Considerate le tecniche di disegno (a mano, senza l’ausilio del Cad) e visto che mancano molte diverse costruzioni sorte successivamente, è facile concludere che il progetto risale a molti anni prima. Probabilmente all’inizio degli anni Ottanta, proprio quando l’aeroporto si trovò in una sorta di guado istituzionale, tra la Camera di Commercio che voleva disimpegnarsi e i tentativi degli enti locali di salvarlo. La gestione passò qualche anno dopo al Consorzio per il Gino Lisa, costituito tra il Comune, la Provincia e la stessa Camera di Commercio.
La necessità di allungare la pista si era resa evidente dopo la dismissione dei turboelica Fokker F27 da 50 passeggeri con cui l’Ati-Alitalia dal 1971 al 1975 aveva gestito i primi voli di linea al Gino Lisa (sulla tratta Foggia-Roma e per un breve periodo sulla tratta Taranto-Foggia-Trieste).
Il 1976 fu un anno cruciale nella storia del volo aereo perché entrano in esercizio aerei jet più moderni (DC-9, MD-80, ecc.), che danno origine alla prima diffusione del trasporto aereo di massa in Italia… Il problema era (ed è) che tali aerei più moderni, più evoluti tecnologicamente e di maggiori dimensioni (proprio per soddisfare la nascente domanda di trasporto aereo di massa) avevano  bisogno per le manovre di atterraggio e di decollo di piste di una pista più lunga di quella del Lisa che allora misurava 1.600 metri (poi scesi a 1.440, per via delle costruzioni forse nel frattempo).
Il progetto fu redatto proprio con queste finalità. Guardatelo con attenzione (per scaricarlo in alta definizione è sufficiente cliccare sull’immagine vicino al titolo, attendere che venga caricata l’immagine originale, quindi scaricarla cliccando con il tasto destro sul proprio pc) perché è un documento importante che la dice lunga sull’occasione perduta. La parte di pista/piazzale disegnata in bianco (1600 m) è quella già esistente all’epoca, mentre le parti in nero erano quelle nuove da costruire (2500 m). Di tutto ciò, a distanza di oltre 30 anni fino ad oggi è stato realizzato solo il raddoppio del piazzale velivoli ed il secondo raccordo a nord. La pista resta sostanzialmente è sempre quella del 1942 (quando fu costruita dai tedeschi), anzi… oggi la lunghezza utilizzabile si è pure ridotta da 1600 m a 1440 m, e la resistenza al peso degli aerei si è deteriorata.
Angelo Stilla, direttore tecnico dell’Associazione Mondo Gino Lisa, commenta il progetto dell’ing. Santagata con entusiasmo. Se si fosse riusciti a realizzarlo allora, assai probabilmente Foggia non avrebbe perso i voli di linea e il sistema aeroportuale pugliese avrebbe ben altra geografia.
“Il progetto – afferma Stilla – era un vero capolavoro aeronautico: da sottolineare la presenza sulla pista dei raccordi secondari di uscita rapida B2 e B3 (per aerei che non necessitavano di tutta la pista e potevano svoltare “in corsa” subito dopo l’atterraggio, sia da nord che da sud), oltre ai raccordi principali B1 e B4 alle estremità della pista (dove gli aerei devono per forza svoltare “da fermi”)… tutti gli aeroporti moderni sono fatti in questa maniera, basta vedere le cartine di Bergamo o Linate, ad esempio. “
“È altrettanto rilevante – prosegue il direttore di Mondo Gino Lisa – la “croce” oltre la testata sud della pista, a sinistra del disegno, che oltrepassa anche la tangenziale sud: quella è l’ILS (Instrumental Landing System), una fila di luci bianche e rosse intermittenti di 900 metri di lunghezza, e costituisce l’impianto di luci ed antenne che permette l’atterraggio strumentale anche in condizioni di scarsa visibilità tramite segnali radio e luminosi che guidano con precisione l’aereo verso la soglia della pista di atterraggio nonostante nebbia, pioggia, nuvole basse.”
Angelo Stilla si infervora: “Insomma, il progettista di questa pista aveva previsto, già allora, anche questa “chicca”, che manca persino nel progetto attuale di Bruno, per motivi di costi e di non stretta necessità su Foggia, dato il meteo generalmente buono.
Tutto questo per dire: che occasione storica si e’ persa con quel progetto, avremmo avuto a Foggia un aeroporto meraviglioso già intorno al 1980-1985… e senza problemi di ville e casette da espropriare, che allora non esistevano.”
Ma perché allora non se n’è fatto nulla, nemmeno su scala ridotta? Cercheremo di scoprirlo nella prossima puntata.

(1. – continua)

Facebook Comments

Hits: 82

Author: Geppe Inserra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *