Salvatore Speranza: Ecco perché ho lasciato Foggia

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La discussione su Lettere Meridiane sul tema andarsene da Foggia o restare si va accendendo sempre di più. Ho promesso di darne conto compiutamente, subito dopo gli interventi dei tre amici la cui forzata emigrazione mi ha indotto a scrivere il post Intellettuali in fuga, Foggia ancora più povera, che ha poi avviato il confronto.
Dopo gli interventi di Antonio Vigilante e di Gianni Pellegrini, ecco quello di Salvatore Speranza, che se n’è andato a insegnare a Milano dopo che ha provato a ritessere, a Foggia, la trama di una politica attenta ai problemi del territorio e dello sviluppo con la riuscitissima iniziativa “Il filo della memoria”, in cui ha raccolto le testimonianze ed il vissuto di quindici protagonisti della vita pubblica e politica provinciale.
Salvatore Speranza chiama direttamente in causa me e Lettere Meridiane, lo sforzo che quotidianamente facciamo nel tentativo di tenere viva l’opinione pubblica foggiana e provinciale, riflettendo sulla solitudine che spesso avvolge quanti cercano di cambiare.
Risponderò nei prossimi giorni. Intanto questo è il testo del contributo di Salvatore.

* * *

Non ho molta voglia di pensare e parlare di Foggia in questo periodo, ma credo che l’amico Geppe Inserra
una risposta la meriti. E non (solo) perchè mi è caro, lui e la sua
enorme famiglia (nella quale ho avuto ed ho amici, amiche, maestre e
maestri), e neanche perchè, sollevando la questione del contemporaneo
allontanamento da Foggia mio e dei colleghi Gianni Pellegrini ed Antonio Vigilante,
ha dato a tutti noi implicitamente il titolo di “intellettuali”. Parlo
per me: mi sento sì un intellettuale, ma solo per difesa, non essendo in
grado di fare assolutamente niente di “manuale” e di “pratico”. Ed è
stato proprio per cercare di capire quelli che sono i miei limiti che ho
deciso di andare via da Foggia. Nella mia città questa cosa che può
sembrare semplice non mi riusciva più, data la totale assenza di
confronto. Nella mia città mi sentivo “intellettualmente” solo.

Credo che questo capiti anche a Geppe ed proprio per questo che Geppe
una risposta la merita, la merita per la sua “giovanile” ed “ingenua”
passione con la quale, purtroppo da solo, porta ancora avanti un’idea di
Rinascita della Capitanata, come territorio unitario guidato da Foggia
come suo capoluogo. Geppe non dovrebbe essere solo a Foggia e in
Capitanata, ma gli altri o sono stanchi o sono andati via. Gli altri
erano e sono quelle e quelli che pur rimanendo a Foggia non riescono più
a fare parte di un progetto comune di cambiamento, chiudendosi o nel
loro fazzoletto di impegno o peggio ancora nel privato, gli altri erano e
sono quelle e quelli che nella stagione del Presidente della Provincia
Antonio Pellegrino (e per alcuni tratti anche quelle e quelli che hanno
fatto parte dell’Amministrazione Agostinacchio) hanno provato ad
immaginare un futuro diverso per Foggia e la Capitanata, gli altri erano
e sono quelle e quelli che, soprattutto giovani, goccia dopo goccia,
sono andati via cercando fortuna altrove.
Ognuno di queste e di questi ha smesso di dare il proprio contributo perchè era solo.
Soli sono però anche i 61 comuni della Capitanata che non riescono in
un nessun modo a fare sistema, paralizzati da una mano invisibile che
non riesce a far riconoscere Foggia come capoluogo e a far sentire
appartenenti allo stesso popolo viestani e peschiciani, apricenesi e
sannicandresi ecc.
La Capitanata è una grande terra, fatta da
grandi donne e da grandi uomini, di grandi paesi e di grandi città, una
terra in cui non manca assolutamente niente. Ma va combattuta questa
solitudine. E’ una grande battaglia culturale questa, ma è l’unica via
percorribile se si vuole cambiare il percorso che porta ad un
inevitabile declino. E a finire per morire soli.
Ovviamente vanno
fatti i conti con la storia. Vi è da un lato un contesto storico di
ritorno ai campanili e dall’altro quella che è la nostra storia di
divisioni. Noi non saremo mai uniti come il Salento, o come le grandi
città italiane come Roma, Bologna, Napoli, Bari o Milano. Ma possiamo
essere uniti nelle differenze. Una Federazione di Comuni, guidati da
Foggia e dalle altre 4 maggiori città della Pentapoli dauna, suddivisi
in omogenee unioni di comuni (alto e basso Tavoliere, Gargano, alto e
basso Appennino dauno). Così mi immaginerei la Capitanata dei prossimi
decenni e questo mi sentirei di consigliare al futuro Presidente della
Provincia di Foggia.
Quanto a me state tranquilli, non sentirete
la mia mancanza per molto tempo. A mille chilometri di distanza
continuerò a rompere le scatole. E poi chissà un giorno. Intanto … io
speriamo che me la cavo.

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Salvatore Speranza: Ecco perché ho lasciato Foggia

  1. Quella mano invisibile di cui parli si chiama POLITICA. Da lì partono tutte le decisioni o non-decisioni, ed anche tu in qualche modo ne hai fatto parte.
    Invece ai giganti della politica probabilmente va bene che le cose vadano così, che i milioni di euro di fondo europeo destinato alla ristrutturazione non solo delle mura foggiane ma anche del tessuto sociale e culturale tornino indietro a Bruxelles….
    Riguardo invece la politica dei paesini, chissà perchè poi sempre a ridosso delle elezioni, si ricordano di rifare il manto stradale delle strade, strisce parcheggi, di rimettere in sesto verde e giardini…..
    Sono le PERSONE a fare la differenza di un territorio, che siano laici, religiosi, politici, lavoratori, studenti, casalinghe, etc…. Se ognuno pensa per sè già di natura, oppure viene indotto ad essere egoista perchè "così fan tutti", si capisce bene che è un vortice senza fine, a cui gli emigranti che scappano da Foggia e provincia decidono di non farne più parte.
    Chi rimane, poi, è tentato di sentirsi vincitore rispetto a chi è andato via, ma se il premio è un territorio degradato, insoddisfatto, mal curato, non so fino a che punto andarne fieri di questa vittoria…..

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