Foggia in preda ai vandali. Ma la colpa è di tutti.

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Foggia è sempre più alla mercé dei vandali. Ho visto nell’estrema periferia, fatto a pezzi da questi nuovi barbari, un cippo funerario che la mano pietosa dei genitori aveva posto per ricordare il figlio scomparso in quel punto di strada. Gli autori della bravata non saranno gli stessi che qualche giorno fa hanno danneggiato Ritorno a casa, il monumento all’emigrante posto sul piazzale della stazione ferroviaria. Ma lega gli uni agli altri lo stesso humus culturale: la distruzione della memoria, l’oltraggio all’identità.
Non basta prendersela con il vandalo di turno. Bisogna cominciare seriamente a riflettere sulle responsabilità sociali, morali e culturali diffuse. E soprattutto non ci può più limitare a puntare l’indice contro la classe dirigente, contro il degrado culturale che sta soverchiando la città.
Winston Churchill affermava che ogni popolo ha il governo che si merita. Il che significa che si vince o si perde tutti insieme. Ed è proprio questa dimensione collettiva della città, la capacità di stare insieme da cittadini, che pare essere in declino a Foggia.
Città e civiltà hanno la stessa radice lessicale: una città dovrebbe essere civile, per il semplice fatto di essere tale. Lo è la nostra città?
Foggia è in crisi, d’accordo. Le istituzioni locali sono sull’orlo del lastrico e la qualità dei servizi sta diventando sempre più scadenti. Ma le responsabilità sono anche di noi cittadini, che non siamo cittadini fino in fondo: a questo punto sarebbe forse meglio chiamarci abitanti, residenti, anzi, lasciatemela passare, indigeni. Accidenti.

Indigeno è chi nasce in un posto e continua ad abitarci, senza averlo scelto. Così come abitanti e residenti sono termini che rinviano ad un concetto meramente spaziale, o se preferite geografico. Si sta in un posto. Vi si risiede. Vi si abita. Lo si subisce.
Essere cittadino è invece qualcosa di più complesso perché, quand’anche l’essere cittadino si limiti soltanto a votare chi deve governarci, implica una partecipazione – attiva o anche soltanto emotiva – al destino del posto in cui si risiede.
Il concetto di cittadinanza anticipa quello di senso civico, che possiamo definire come una partecipazione politica al destino della città. Attenzione: politica nel senso originale della parola che deriva da polis, ovvero città. Possedere senso civico significa, in definitiva, occuparsi della città, non esserne soltanto “indigeno” o “abitante”, ma farsene carico, prendersene cura. Come se fosse casa nostra, ma in questo caso il congiuntivo potrebbe essere ingannevole: perché la città è casa nostra.
Bisognerebbe ripartire dall’opinione pubblica: o meglio, bisognerebbe ripartire dai tanti foggiani che non voglio essere indigeni ma cittadini. E che affermano il loro diritto-dovere di cittadinanza almeno nei social network.
Questa città è rotolata così in basso che forse, il solo valore rimasto è la capacità di indignarsi, di non restare in silenzio di fronte al crescente squallore cui Foggia sembra essere condannata.
Non è tanto, ma non è neanche poco. Bisogna ripartire da questo.
[La foto  che illustra il post è tratta dalla pagina facebook di Voce di Foggia]

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Author: Geppe Inserra

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