Tommaso di Gioia: “Provincialismo e campanilismo avvelenano il futuro”

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Tommaso di Gioia è uno dei tanti giovani di valore, che hanno scelto di restare a Foggia e che ti lasciano sperare nella possibilità di un futuro diverso e migliore, per questa nostra terra. Perché una cosa è chiara: la possibilità del riscatto passa per i giovani.
Tommaso è un caro amico di Lettere Meridiane, cui ha spesso affidato i suoi sfoghi da giovane in cerca di un lavoro  o le sue belle iniziative, come la petizione per salvare Palazzo Trafiletti.
È intervenuto nel dibattito che sul blog stiamo conoscendo sulle prospettive della Capitanata, e sulla nuova fase che per il Mezzogiorno potrebbe aprirsi con il masterplan promesso dal premier Renzi.
Un intervento – come sempre – puntuale, consapevole, che Tommaso ha pubblicato a commento della lettera meridiana intitolata Capitanata a bassa tensione, ecco il contributo di Tommaso di Gioia.

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A Foggia e in Capitanata o Daunia come piace a me (microcosmo ed emblema del Sud più disgregato e arretrato) manca disperatamente una regìa competente e volenterosa che sappia incanalare e ragionevolmente difendere gli interessi e le istanze della propria comunità.. Eccola, questa parola sconosciuta ed incomprensibile alle genti daune.

Il campanilismo sfrenato ci affossa, ci schiaccia nel nostro più spietato provincialismo e l’indolenza endemica del cittadino medio fa rabbrividire perché si spegne soltanto davanti alla squadra di calcio (Si può vivere di solo quello? tutto il rispetto ma non se ne può più). Ti capita di sperare che da qualche angolo nascosto emergano personalità interessanti, moderne e soprattutto capaci che sventolino sulla nostra terra un po’ di brezza d’Europa che qui appare tremendamente lontana ed invece, ad asfaltare la speranza di rinnovamento è l’Intellighenzia piccolo borghese a cui piace tanto “presiedere” e decantare la sua ricetta ad hoc ma che non osa sporcarsi le mani e che preferisce poi restare rintanata nel suo bunker di certezze.
Se a ciò si aggiunge la cronica autoreferenzialità ed esaltazione individuale di buona parte classe dirigente (sto generalizzano, è chiaro) che gioca a chi ce l’ha “più duro” (perdonatemi l’espressione) allora ci meritiamo di sguazzare nella nostra mefitica palude.
Questo patetico ed insopportabile sfogo è, per dire, secondo me, che bisogna smetterla di attendere la discesa di chissà quale Salvatore, molto probabilmente non arriverà o peggio, non esiste affatto.
Ciascuno di noi ha il dovere, se vuole assurgere a cittadino civile e responsabile e se vuole rivendicare un pizzico d’amore per questa terra martoriata dall’incuria e dall’egoismo dell’uomo, di riscoprire il proprio senso di appartenenza avvalendosi di uno scatto d’orgoglio non sterile, gretto e fondamentalista, ma al contrario costruttivo e razionale, “mettendosi a disposizione” e cercando di tessere insieme una rete di persone, professionisti catalizzando lo sviluppo liberando la creatività e le energie individuali di tutti.Per iniziare basta un’idea, un confronto. No servono rivoluzioni, tutto il resto verrà da sè. Iniziamo?
Tommaso di Gioia

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Author: Geppe Inserra

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