Il terremoto del 1731. Oltre al sisma, maremoto e poi tempeste di vento e di neve

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Foggia com’era all’epoca del terremoto del 1731

Pubblichiamo la seconda ed ultima parte della scheda che il CFTI – Med 4.0  (Catalogo dei forti terremoti dal 461 a.C. al 1997), ha dedicato al terremoto che sconvolse Foggia il 20 marzo del 1731. La prima parte è stata pubblicata qualche giorno fa, e potete leggerla cliccando qui.
Il CFTI – Med 4.0  è un laboratorio di sismologia storica e macrosismnica che gestisce un database che comprende tutti gli eventi sismici che si sono verificati dal 461 a.C. al 1997. Il lavoro di revisione e di aggiornamento operato dal laboratorio sul sisma della primavera del 1731 è stato prezioso, perché ha permesso di collocare meglio l’epicentro dell’evento tellurico, che sarebbe stato non a Foggia, come si era sempre detto, ma in un punto del  Tavoliere, tra Stornara e Stornarella.

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Le vittime

Il numero delle vittime causate dal terremoto a Foggia, che nel 1731 contava circa 15.000 abitanti, fu oggetto di diverse stime, sovente molto discordanti tra di loro. Alcuni cronisti coevi riportarono la cifra, alquanto inverosimile, di 164 morti, mentre sulle gazzette, sugli avvisi a stampa dell’epoca ed in alcune testimonianze dirette si scrisse di un migliaio di morti nella città e di circa 200 vittime nelle masserie e negli edifici rurali ad essa vicini. Queste stime non tenevano conto della mortalità avvenuta tra i pastori transumanti abruzzesi che, in quella stagione, si trovavano con gli armenti nei pascoli invernali del Tavoliere. I dati reperiti attestano la generale rovina dell’edilizia rurale nella pianura foggiana, pertanto è credibile che la mortalità abbia raggiunto livelli elevati in tutto il circondario, a tal punto da indurre il Preside della “Dogana della mena delle pecore”, marchese Ruoti, ad emanare un bando che, per motivi di tutela dell’igiene e dell’ordine pubblico, vietò il trasporto di cadaveri provenienti dalle campagne circostanti nei cimiteri cittadini. Studiosi dell’800 stimarono in 3.600 il numero complessivo dei morti in tutto il foggiano.
Alcune relazioni edite nei giorni immediatamente successivi al terremoto riportarono appunto la cifra di 500 cadaveri disseppelliti dalle macerie. I morti nella città di Foggia superarono probabilmente il mezzo migliaio, corrispondenti a più del 3% della popolazione. Le testimonianze reperite sono concordi nel segnalare una rapida ripresa delle attività cittadine dopo il terremoto.
Il 27 marzo una tempesta di vento si abbatté su molte delle località interessate dal terremoto provocando danni alle abitazioni provvisorie della popolazione; ad otto giorni di distanza dal verificarsi della scossa principale, su tutta l’area maggiormente danneggiata, si ebbe una abbondante nevicata che causò gravi danni al raccolto delle mandorle ed agli oliveti.
Effetti economici e sociali
In alcuni centri, l’edilizia era di bassa qualità. A Forenza le chiavi di ferro che legavano tra di loro le compagini murarie della chiesa dei PP. Riformati furono strappate dal terremoto in ragione della cattiva qualità del ferro, secondo quanto afferma una testimonianza coeva. Il terremoto del 1627 aveva causato estesi danni in alcune località interessate dall’evento sismico del 20 marzo 1731, in molti casi le vecchie lesioni furono riparate male e, a 104 anni di distanza, questa trascuratezza rese debole la resistenza di alcuni edifici, soprattutto di culto. Il cattivo stato di conservazione di molti edifici contribuì ad amplificare gli effetti di danno.
Tutte le località maggiormente colpite facevano parte del Regno di Napoli, in particolare delle province della Capitanata e della Terra di Bari. L’amministrazione e la giurisdizione su di un’ampia regione compresa tra Corato, Barletta, Canosa di Puglia, Foggia e San Severo competeva, fin dal Quattrocento, afferiva alla “Dogana della mena delle pecore”, responsabile del demanio della Capitanata, concesso in affitto parte alla pastorizia transumante parte alle grandi aziende cerealicole. La Dogana ed il suo tribunale avevano sede in Foggia ed erano dotati di amplissimi poteri esenti da limitazioni territoriali e sottoposti unicamente al supremo giudizio della Regia Camera della Sommaria.
La risposta amministrativa ed istituzionale
La scossa principale causò grande panico tra la popolazione di tutti i centri colpiti. La notizia del terremoto arrivò alle autorità del governo centrale a Napoli il 23 marzo, con un corriere inviato dal presidente Carlo Ruoti, governatore della “Regia Dogana della mena delle pecore”. Le autorità locali e i rappresentanti del potere baronale presero immediate iniziative per tutelare l’ordine pubblico, organizzando squadre di sorveglianza. In molte località furono indette processioni e si celebrarono culti. A Foggia e a Cerignola la distruzione quasi completa delle chiese spinse la popolazione a costruire con il legname una piccola cappella meta di processioni. A Napoli, l’arcivescovo ordinò una colletta tra i fedeli e celebrò una messa “tempore terraemotus” (2). Il papa Clemente XII proclamò, appena diffusasi la notizia del terremoto, un giubileo per il Regno di Napoli (3). In località, anche non gravemente danneggiate, furono costruite baracche e la popolazione trascorse alcune settimane accampata fuori dalle città e dai centri abitati. A Foggia, subito dopo il terremoto, la popolazione occupò, con ripari provvisori, il più grande spiazzo aperto presente all’interno della città: il Piano delle Fosse, così chiamato perché il sottosuolo era occupato dalle fosse nelle quali si conservavano le scorte granarie. Le autorità cittadine emanarono bandi severissimi che imposero lo spostamento della baraccopoli in altri siti, fuori dalle mura cittadine, prescrivendo in seguito (3 luglio 1731) che non si erigessero covoni di paglia nelle vicinanze delle baracche a causa del pericolo di incendi. Il crollo dei mulini e dei forni nella città di Foggia creò gravi problemi per l’approvvigionamento alimentare della popolazione accampata nelle campagne circostanti. In molti centri, il sopraggiungere di una ondata di freddo, nei giorni successivi al terremoto, fu esiziale per i malati e peggiorò notevolmente lo stato della pubblica salute, già compromessa dalla permanenza in ricoveri di fortuna.
Suppliche furono inviate alle autorità civili ed ecclesiastiche da rappresentanti del clero e delle magistrature locali per ottenere l’esenzione dal pagamento di tributi e tasse e la concessione di sussidi.
Le Gazzette dell’epoca riportarono notizie relative al pronto intervento delle autorità di governo centrali per portare soccorso alla città di Foggia e costruire le baracche per ospitare la popolazione. Tale sollecitudine, come fecero osservare molti commentatori, era direttamente collegata alla necessità di fare svolgere, nonostante le distruzioni arrecate dal terremoto alla città, l’annuale importante fiera di maggio. A Foggia, fin dagli ultimi giorni di marzo il Governatore della “Regia Dogana della mena delle pecore”, Carlo Ruoti, ed il Preside della Provincia emanarono disposizioni straordinarie per fronteggiare la grave emergenza, tra le quali le principali furono: la sospensione, dal 20 marzo all’1 aprile della gabella sul pane, il bando del 29 marzo 1731 con il quale si intimava ai Caporali e Sfossatori delle compagnie di San Rocco e Santo Stefano, che avevano abbandonato la città, di rientrarvi per accudire alle fosse dove era conservato il grano, garantendo così i rifornimenti alimentari alla popolazione. Con i provvedimenti del 26 marzo per prevenire lo sciacallaggio ed i furti di legname, si proibiva l’ingresso in città a coloro che non erano autorizzati dalle magistrature cittadine e si istituiva il coprifuoco notturno, rafforzato in seguito mediante l’istituzione di ronde, allo scopo di garantire il tranquillo svolgimento della fiera di maggio. Il bando del 27 aprile 1731, col quale si intimava la restituzione di tutti gli oggetti ed i materiali sottratti indebitamente dalle macerie e si annunciavano pene severissime per i colpevoli di sciacallaggio; il bando dell’1 aprile 1731 proibiva il trasferimento dei cadaveri disseppelliti nelle campagne nei cimiteri cittadini. Di grande importanza si rivelò il provvedimento del 16 aprile (rinnovato il 10 ottobre 1731) con il quale si consentì la discarica delle macerie solo lungo i fossi, o pantani, di uno dei tratturi principali (detto di Gesù e Maria) che si dipartivano dalla città. Il 4 luglio 1731 si impose la licenza di costruzione quale documento necessario per avviare la costruzione di nuovi edifici e si minacciarono sanzioni, in risposta ad una supplica dei cittadini in tal senso, contro quei muratori, falegnami ed artigiani edili che, approfittando della situazione d’emergenza, elevarono di molto le tariffe per le prestazioni d’opera.
Nei giorni seguenti alla scossa principale particolarmente grave si manifestò la carenza di legname da costruzione. Tutto questo materiale veniva infatti importato da Venezia e dall’Istria; per rimediare alla penuria si adottarono provvedimenti di requisizione forzosa. Aumentarono gli episodi di taglio abusivo dei boschi ed i furti di legname.
Le autorità religiose concessero l’esenzione, per un periodo di cinque anni, dalla composizione degli spogli alla Diocesi di San Severo. In seguito ai danni che il terremoto arrecò a molti edifici di culto nei centri della Puglia, le autorità vaticane autorizzarono i vescovi delle località danneggiate a contrarre debiti per la ricostruzione degli edifici sacri.
La ricostruzione
La ricostruzione di Foggia conobbe tempi abbastanza rapidi grazie ad una serie di provvedimenti adottati dalle autorità locali che resero edificabili alcune aree suburbane prossime al percorso di alcuni tratturi che si dipartivano dalla città. Soprattutto i ceti popolari e meno abbienti, le cui case avevano registrato gravissimi danni a causa del terremoto, si insediarono nelle nuove aree, riproducendo le stesse scadenti tipologie edilizie che caratterizzavano i quartieri poveri prima del terremoto. Le autorità locali civili e religiose manifestarono l’intenzione di procedere rapidamente anche alla ricostruzione dei monasteri crollati ed al restauro di quelli danneggiati. La documentazione reperita mostra, in taluni casi, la rapida esecuzione degli intendimenti in tal senso. I danni inferti dal terremoto al vecchio tessuto urbanistico, delimitato da un fossato attraversato da ponti in corrispondenza delle porte della città, offrirono l’occasione per la prima espansione della città oltre i suoi limiti più antichi e gettò le basi per l’attuale assetto urbanistico . La penuria di materiali da costruzione in loco spinse ad adottare tecniche di restauro che privilegiarono l’uso di materiali reperibili facilmente; alcune testimonianze coeve descrissero la grande penuria di ferro, rimpiazzato dal legno di castagno nella fabbricazione delle grappe e delle chiavi inserite nelle compagini murarie.
Nella ricostruzione del palazzo della “Dogana della mena delle pecore”, a Foggia, vennero adottate misure tecniche preventive nei confronti del verificarsi di altre scosse di terremoto: si progettò di concatenare con tiranti in ferro i muri maestri, di situare le porte a distanza dagli incroci dei muri, di sostituire gli archi a sesto con architravi, di usare materiali da costruzione di buona qualità e di non ricostruire il secondo piano dell’edificio.
I danni alla cattedrale di Foggia furono riparati nel luglio del 1731 grazie ai fondi raccolti tramite pubblica sottoscrizione. Il Vescovo di Molfetta dovette ricorrere all’indebitamento personale per poter riparare il tetto della Cattedrale ed il Palazzo Vescovile entrambi danneggiati dal terremoto. Alcuni cronisti, testimoni diretti degli eventi, hanno tramandato giudizi poco lusinghieri relativamente alle modalità di ricostruzione di alcuni edifici danneggiati a Cerignola.
Teorie ed osservazioni
Tra le testimonianze reperite vi è il resoconto delle osservazioni strumentali relative al succedersi delle scosse condotte da corrispondenti del medico, botanico e naturalista napoletano Nicola Cirillo (1671-1735), con l’ausilio di pendoli installati ad Ascoli Satriano e Giovinazzo. Lo stesso Cirillo descrisse alla Royal Society di Londra, della quale era corrispondente, l’esperienza svolta e le conclusioni alle quali era pervenuto analizzandone i risultati. La scelta delle due località dove furono impiantati gli strumenti non fu casuale: mentre la prima era in prossimità dell’area maggiormente scossa dai terremoti, la seconda si trovava ad una distanza quadrupla dall’epicentro. 
Le frequenti agitazioni e le più ampie oscillazioni osservate nel pendolo di Ascoli Satriano rispetto a quelle dell’analogo strumento di Giovinazzo convinsero Cirillo di avere ottenuta la prova sperimentale che dimostrava, inconfutabilmente, come le leggi che regolavano la propagazione di ogni sorta di moto conservassero la loro validità anche nel caso dei movimenti sismici. Gli assiomi della fisica geometrica trovavano in tal modo piena conferma. La necessità di dimostrare la validità universale del metodo geometrico convinse Cirillo – uno degli ultimi seguaci del programma scientifico-metodologico dell’Accademia degli Investiganti di Napoli ­ a realizzare una simile embrionale rete di sorveglianza strumentale in occasione del manifestarsi di un fenomeno sismico; i dati relativi alle osservazioni vennero poi correlati con la descrizione dei danni, affrancando l’uso degli strumenti dall’angusta prospettiva della mera curiosità naturalistica.
Fenomeni naturali associati
La scossa principale fu preceduta da un cupo rombo sotterraneo; a Foggia e nelle sue immediate vicinanze le acque dei pozzi, profondi 30-40 palmi (6-8 m), tracimarono ed allagarono alcune vigne.
Effetti già significativi del terremoto
A Foggia e a Cerignola la scossa ebbe gli effetti più gravemente distruttivi. Danni gravi ed estesi si ebbero anche nei centri di Canosa di Puglia, Orta Nova, Tressanti, Ascoli Satriano, Molfetta e Orsara di Puglia, posti in una regione delimitata a ovest dalle propaggini orientali dei rilievi irpini e dalle colline del melfese, e a est dal promontorio garganico e dal mare Adriatico. In molti centri della Capitanata e della fascia costiera adriatica il terremoto causò lesioni negli edifici, in qualche caso gravi. I risentimenti interessarono tutta la regione pugliese, dal promontorio del Gargano fino a Lecce, e gran parte dell’Italia centrale e meridionale, da Roma a Napoli.
Effetti sull’ambiente
Effetti di maremoto lungo il litorale compreso tra Barletta e Manfredonia: i pescatori raccontarono che, in concomitanza con la scossa, un repentino innalzamento del livello del mare rovesciò le loro imbarcazioni.
Cronologia completa della sequenza sismica
Il periodo sismico avviatosi con la scossa distruttiva del 20 marzo 1731 si prolungò sino al marzo dell’anno successivo e fu caratterizzato anche da alcune repliche di notevole intensità che causarono nuovi danni e aggravarono quelli già verificatisi in occasione dell’evento principale.
20 marzo 1731:
  • ore 9 e 30 italiane, 03:00 GMT circa, terremoto completamente distruttivo a Foggia;
  • ore 03.15 GMT, replica avvertita a Foggia e Molfetta;
  • ore 6.35 (GMT), breve replica avvertita a Melfi;
  • ore 13.30 (GMT), replica avvertita a Molfetta;
  • notte del 20 marzo, ore quattro e ore sette avvertite leggere scosse a Napoli.

21 marzo 1731:
  • ore 7.35 (GMT) scossa di replica in tre riprese, che aggravò le lesioni e i danni causati agli edifici dalla scossa principale, avvertita a Melfi, Bisceglie, Bitonto, Foggia, Cerignola, Brindisi, Molfetta e Napoli.

Numerose altre scosse più o meno intense furono avvertite fino ai primi mesi del 1732.
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Author: Geppe Inserra

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