Santa Maria di Devia chiusa alla frequentazione turistica

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Sempre molto attivo sul fronte della divulgazione delle bellezze della nostra terra e dell’impegno per la loro tutela, Alberto Braglia ha postato sulla bacheca del gruppo Amici e lettori di lettere meridiane alcune interessanti fotografie della bella chiesa romanica di Santa Maria che sorge sul Monte Devia. (Se non vi siete ancora iscritti al gruppo, fatelo, ne vale la pena perché rende disponibili contenuti molto interessanti pubblicati dai membri).
“La città di Devia, tra i laghi costieri di Lesina e Varano – scrive Braglia -, fu un antico centro abitato. Non ci sono informazioni circa la sua formazione, si hanno notizie intorno all’XI secolo di una comunità slava e che nel XIV secolo fu abbandonata per le ricorrenti invasioni di Saraceni. Tra le sue antiche rovine emerge una Chiesa di Architettura Romanica con tre navate e tre absidi semicircolari visibili dall’esterno. La Chiesa custodisce un ciclo di affreschi datati tra il XII e XIII secolo.”
Wikipedia indica il tempio, che sorge in agro di Sannicandro Garganico, tra i gioielli del romanico pugliese. 
La presentazione e le foto, davvero belle, che accompagnano il post di Braglia (che ringrazio molto) suscitano un’interessante discussione, avviata da Santa Picazio, esponente dell’Archeoclub, che si è occupata della valorizzazione del sito, che rappresenta effettivamente una rilevante attrattiva per il territorio.

Picazio lancia l’allarme: “La chiesa è di nuovo a rischio degrado. Il parroco, infatti, ne ha proibito la frequentazione turistica e l’affido ai privati per la custodia. Ricresce già un tenero alberello di fico fra i mattoni della facciata! Questo sappiamo fare, anzi… disfare!”
L’Archeoclub, però, non demorde: “Noi ci torneremo la seconda domenica di maggio con delle proposte… speriamo di riuscire a farci capire.”
Alberto Braglia lamenta: “C’è una grande ignoranza sui siti archeologici di Capitanata , C’è una grande mancanza di informazione, e questo fa si che il degrado e le rovine prevalgano, perché non si da importanza alla storia dei luoghi. Stalle, ovili nei siti archeologici rappresentano un vero scempio di quello che è il nostro Patrimonio.”
Eppure proprio il caso della chiesa romanica di monte Devia sottolinea come l’informazione possa essere un efficace strumento di tutela dei beni culturali, forse il primo da azionare per evitare scempi come quelli stigmatizzati da Braglia. Aggiunge infatti Santa Picazio: “Pensa a quanta poca informazione c’era prima. Ora è più semplice fare divulgazione con i nuovi mezzi di comunicazione; qualcuno si raggiunge. Quando ho cominciato ad interessarmene bisognava rompere il cordolo del l’indifferenza anche fra i colleghi…ero considerata una con la testa fresca! In fondo, la tutela del Patrimonio è abbastanza recente. Si è cominciato a parlarne solo nel 1939, e solo negli anni ’70 si è arrivati alle Soprintendenze e, ancora dopo, ad un Ministero…una storia diluita e lenta! Nel frattempo, per necessità prima, e per l’ingordigia dopo, si è invaso il paese di costruzioni spesso inutili e brutte, ma. sempre dannose per una ricostruzione culturale del territorio. Per chi non aveva una preparazione specifica e culturale già acquisita non è stato facile seguire una informazione quasi sempre teorica, visto che le emergenze monumentali, erano ormai poco riconoscibili.”
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Author: Geppe Inserra

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