Dare vita alla torre garganica di Monte Pucci

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa interessante riflessione sul futuro della bella torre di Monte Pucci da Francesco A. P. Saggese, che amici e lettori di Lettere Meridiane ricorderanno, per essere autore di un bell’e-book sul venerdì santo a Vico Garganico, pubblicato dal blog la scorsa Settimana Santa. Le riflessioni di Francesco  traggono origine da diversi post sull’argomento di Matteo Cannarozzi De Grazia, già assessore provinciale e sindaco di Vico Garganico, ma soprattutto intellettuale sensibile ed attento, nonché promotore del bel gruppo Monte Pucci, l’ombelico del mondo. La torre costiera è situata tra Peschici e Calenella: è forse l’angolo più suggestivo del Gargano.

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Puoi contemplare l’intero giorno dalla Torre di Monte Pucci, dall’alba al tramonto, passando per il mezzodì: puoi scrutare il confine tra luce pallida della notte e quella del primo mattino, seguire il cammino lento del sole verso lo zenit, fino a vederlo scomparire nel versante opposto da cui era arrivato, ma nello stesso mare.
Puoi sentire la voce del vento dalla Torre di Monte Pucci, che scompone e ricompone le nuvole del cielo mentre giocano a colorare il mare – ora pelle di pachiderma ora azzurro profondo; lo stesso vento che s’inebria delle resine dei pini d’Aleppo, e che governa il volo dei gabbiani che lenti ti sfiorano, quasi a volerti portare via con loro.
Sulla Torre di Monte Pucci puoi avvertire la sensazione di essere a bordo di un grande transatlantico che spacca il mare con la sua prua; e tu sei solo dentro il mare e il tuo sguardo si perde sulle creste bianche delle onde che si rincorrono una dietro l’altra, come i versi di un poema.

Sulla Torre di Monte Pucci puoi sentire la voce delle guardie che avvistavano le galee dei Saraceni o dei corsari, l’allarme che si lanciava, lo scalpitio dei cavalli che fremevano pronti per essere lanciati al galoppo fino al paese per mettere al riparo famiglie e tesori. Puoi anche ascoltare la leggenda di alcuni pastori che nell’inseguire un tasso ferito, ‘scopersero per caso l’ingresso di una caverna da essi ritenuta la grotta del tesoro di Monte Pucci’.
Ancora, dalla Torre di Monte Pucci puoi scavare in fondo negli anni fino arrivare agli ipogei e alle necropoli paleocristiane.
Sulla Torre di Monte Pucci puoi ritrovare te stesso senza filtri.
E se hai una matita tra le mani puoi catturare l’azzurro che si va velo di zucchero nell’orizzonte più profondo, quello che ogni pittore ha provato a fissare sulla propria tela, così come puoi scrivere la poesia più bella del mondo perché devi tendere solo l’orecchio.
Dovremmo – noi garganici – riappropriarci della Torre di Monte Pucci, nata da un’ordinanza di Don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli per conto di Carlo V d’Asburgo, nel secolo in cui rifiorirono la civiltà, le arti, gli studi.
Dovremmo riprenderci quello che siamo stati, lo dovremmo fare in maniera decisa, come fa la massaia con le sue mani mentre lavora l’acqua e la farina per fare la pasta.
Ecco perché trovo interessante costruire un progetto serio intorno a una proposta che leggo su un post di Matteo Cannarozzi De Grazia sul gruppo facebook ‘Monte Pucci: l’ombelico del mondo’, che mi auguro trovi spazio lì dove le idee si possono concretizzare, perché credo che nella volontà e nell’animo di molti di noi sia già realtà: ‘(…) uno sportello informativo del Parco del Gargano? Ci proviamo a UTILIZZARLA nonostante le problematiche a tutti note?’.
Francesco A. P. Saggese
La foto della torre è di Pasquale D’Apolito, l’altre è tratta dal profilo Facebook del gruppo pubblico MONTE PUCCI: L’OMBELICO DEL MONDO.

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Author: Francesco A.P. Saggese

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