Siamo figli di Federico II o dei briganti?

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Il reportage di Giorgio Bocca su Foggia, che ho ripubblicato qualche giorno fa sulla pagina facebook di Lettere Meridiane, ha sempre suscitato reazioni vivaci da parte degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane. Generalmente di protesta, quando non di vera e propria indignazione. All’indomani,  della prima pubblicazione aveva già raccolto in una lettera meridiana (L’articolo di Bocca fa arrabbiare i foggiani) le reazioni di quanti l’avevano letto.
Mi erano purtroppo sfuggite, forse perché l’autore le aveva postate qualche mese dopo la pubblicazione del reportage, le riflessioni, forse provocatorie, ma sicuramente stimolanti, di Girolamo Arciuolo, che meritano di essere lette.
Eccole. Buona lettura. Che ne pensate? Aspetto i vostri commenti.

* * *

Geniale.
Tutto vero.
Tutto ancora vero e forse ancora più cialtronesco.
Sono ritornato a essere Foggiano per caso, dopo anni passati al Nord: Bologna prima e Milano dopo e dopo essermi fatto anche i miei sei mesi a Madrid col primo ERASMUS .
Sono figlio di una signora che ebbe a vivere per oltre tre anni, dai quattordici ai diciassette anni ad Aosta tra immigrati veneti, che parlava un ottimo italiano e che forse (e senza forse) un po’ rimpiangeva di essere ritornata e che mi esortava a rimanere fuori.
Mio padre ha vissuto per quattro anni, tra il ’55 e il 59, a Caracas la Capitale del Venezuela a pochi passi dal Palazzo Presidenziale quando quella Nazione era in forte espansione.
Ho vissuto sempre con un piede e un occhio altrove da qui, ma sono per puro caso rientrato.
Quando sono rientrato a Monte S. Angelo nelle aule di Giustizia sentivo molti miei colleghi coetanei (io non lo avrei mai fatto e non l’ho mai fatto), che usavano rivolgersi all’avvocato anziano ancora con il “Don Achille”, il “Don Michele”. Gli “Esimio” con tono compreso tra il deferente e l’enfatico … si sprecavano … Non ci potevo credere.

Non me ne volere Caro Geppe, ma il grande Bocca avrebbe saputo raccontare di importanti esponenti delle istituzioni e dei ceti produttivi di oggi, che dovrebbero per ruolo e, presumibilmente, per formazione partire dai soldi, dalla realizzabilità concreta, dalla tempistica e dal rapporto costo/risultati, e che partono invece dalla “volontà politica”:
Le cambiali dei primi anni sessanta sono diventate la “volontà politica”.
Si tratta di un tipo di “cambiale” ancora più astratta e aleatoria … che però consente di riempire di “contenuti” ad esempio l’azione altrimenti ignota di una “Camera di Commercio”. Ripeto: di una “Camera di Commercio”, non del “comitato istanze del territorio e del quartiere contro i poteri forti di Roma e Bari”.
Siamo al Sud. Ma si tratta di un Sud molto diverso dalla concretezza Barese e dalla freschezza Salentina.
Siamo nel regno della “volontà politica” e del “politico di peso” che proprio ci mancherebbe, impegnati come siamo a inseguire “cazzate” convinti che ciò ci faccia “esclusivi”.
Siamo cioè al “Punto di Partenza” di quel dopoguerra pieno di speranze, con l’aggravante che è oramai un mesto “Punto di Arrivo” … oramai forse ancora più vicino dopo (qualcuno ha detto e scritto: finalmente) la “neutralizzazione” della visione connessa e non periferica ad esempio di un Giuliano Volpe … e dopo i capolavori di politicismo a oltranza fino alla … sconfitta, della cd politica locale.
Manca un tessuto produttivo vero. Mancano ceti e gruppi dirigenti. Mancano capacità di analisi e visioni forti.
Abbiamo da troppo tempo smesso di essere il luogo abitato da Federico II, dalla sua Corte e dal suo poderoso esercito e siamo diventati da troppo tempo il Regno dei Briganti e cantiamo beati e convinti con le nostre chitarre battenti “brigante se more”.
Non ho figli ma ho nipoti e so cosa suggerirgli.
Questo è oramai un pantano.
Girolamo Arciuolo

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Author: Geppe Inserra

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