Cause e concause del malessere di Foggia (di Vincenzo Concilio)

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Vincenzo Concilio interviene a proposito del post Ecco come Foggia muore, con un forbita, acuta e interessante analisi sulle cause e le concause del profondo malessere che travaglia Foggia. Condivido molte delle opinioni sostenute da Concilio, altre no. Per quanto riguarda gli immigrati, pur dando atto che il processo d’integrazione presenta aspetti critici che producono malessere sociale, anche acuto, non credo che il problema si possa ridurre a semplici calcoli di convenienza ed opportunità. Apprezzo molto la lucidità e la profondità dell’analisi, la cui lettura suggerisco caldamente ad amici e lettori di Lettere Meridiane. Concilio aveva pubblicato il suo ampio commento sia nell’apposito spazio che il blog riserva agli interventi dei lettori. Per comodità di lettura e per condividerli col più ampio pubblico del social, li ho concentrati in un singolo articolo, che potete leggere di seguito. Ringrazio molto l’amico Vincenzo Concilio per il suo intelligente e pacato contributo.
Il post sulla “morte di Foggia” ha ricevuto numerosi commenti, che pubblicherò nei prossimi giorni. (g.i.)

* * *

PLATONE, IL DECLINO DI FOGGIA, LA COSTRIZIONE DEL DEBITO, L’IMMIGRAZIONE, LE CAUSE E LE CONCAUSE…
Lo scriveva Platone il quale, non essendo foggiano né di nascita, né di adozione, dimostra che certe condizioni di decadenza complessiva, possono coinvolgere qualsiasi società, in qualunque momento della Storia.
Ma, quali sono i segni della decadenza?
Un cinema che chiude e un portico ridotto a latrina?
Certamente sì ma non è che una evidenza di un problema molto più complesso nel quale dobbiamo addentrarci per scovarne le cause, senza resistenze culturali, politiche e ideologiche che a questo punto sarebbero esse stesse una delle cause della decadenza.
Esaminando dunque l’articolo vediamo come esso sia composto di tre righe di testa che introducono la situazione di disagio che viviamo.
Seguono tredici righe che evidenziano le principali manifestazioni della decadenza come la chiusura degli esercizi commerciali che pare essere un processo inarrestabile.

Infine, undici righe dedicate alla immigrazione non ritenuta la causa di ciò che dolorosamente raccontiamo.
Esistono cause e concause.
“Le concause si manifestano quando nella seriazione dei momenti in cui si articola una catena causale, si inseriscono coefficienti estranei al comportamento dell’agente, che tuttavia interferiscono nella produzione dell’evento ultimo”
Teoricamente “la differenza tra causa e concausa consiste nel fatto che mentre alla prima vengono riconosciuti i requisiti della necessità e della sufficienza nella produzione dell’evento, la concausa è una condizione necessaria ma non sufficiente”.
Questo vale per l’immigrazione come per ogni altro fenomeno sociale o fisico.
Scartando la prevenzione ideologica possiamo cercare una causa prima della crisi economica, sociale, culturale che ci attanaglia ed individuarne la fonte originaria nella crisi dei “subprime, prestiti ad alto rischio finanziario emessi dagli istituti di credito” a favore di clienti ad alto rischio debitorio, esplosa alla fine del 2006 negli USA che ha comportato gravi conseguenze sull’economia mondiale, in particolar modo nei paesi sviluppati del mondo occidentale, “innescando la recessione economica che viviamo, da molti considerata la peggior crisi economica dai tempi della grande depressione”.
Nell’aprile del 2009, il Fondo Monetario Internazionale aveva stimato in 4.100 miliardi di dollari statunitensi il totale delle perdite delle banche e altre istituzioni finanziarie a livello mondiale.
Questo può essere un quadro di partenza che è causa da un certo punto di vista ma, concausa da altri punti di vista che non esamineremo
Ci dobbiamo però accontentare di partire dunque da questa causa.
Sappiamo che “le crisi economiche e finanziarie sono cicliche e che si sono sempre verificate nel corso della storia. Già tra il 1845 e il 1847 vi furono ben due crisi dovute all’eccessiva euforia borsistica che aveva generato una crescita degli investimenti azionari che non corrispondevano all’effettiva realtà economica da cui, derivò il crollo dei mercati e il fallimento di banche e aziende determinarono un’ondata generalizzata di disoccupazione e contrazione dei consumi”.
Da quella crisi economica nacque il Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedric Engels che è una conseguenza della causa prima definita.
Come si può capire, le banche sono sempre al centro delle crisi economiche e questo può essere considerato un punto fermo dal quale derivare molte concause. E quando le banche perdono soldi allora o chiudono o prendono soldi dai governi.
Quest’ultima via è quella preferita che consiste nel mettere alla guida dei governi, uomini di loro fiducia che attraverso la tassazione, recuperino la moneta circolante per darla alle banche che tornano a prestarlo al popolo al quale è stato sottratto attraverso i canali TV dove anche quella promozione del prestito è pagata con i nostri soldi.
In Italia, è il caso di Monti che ha governato dal Novembre 2011 all’Aprile 2013.
In una intervista alla CNN ripresa dal blog byoblu, in un inglese essenziale, affermava: “Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale” (https://www.youtube.com/watch?v=LyAcSGuC5zc).
Ora, come pensiamo che una città periferica come è Foggia rispetto alle aree economiche forti del Paese, potesse non essere investita da questa grave crisi economico finanziaria?
Certo il Comune di Foggia era già indebitato a causa di una gestione economico finanziaria interna pluriennale che, come per altri comuni, si basava su debiti in bilancio e debiti fuori bilancio.
È chiaro che in un un contesto di emergenza finanziaria che avrebbe portato al commissariamento del Comune, gli amministratori furono costretti ad aderire al “Salva Enti”, meccanismo che prestava al Comune di Foggia 30 milioni per coprire un debito consistente, indebitandosi nuovamente.
È  rendendo il debito sempre più grave che si governa il popolo o meglio lo si rende schiavo.
Nel nostro caso “agli oltre 5 milioni che il Comune avrebbe ricevuto in meno dallo Stato centrale sul Fondo di Solidarietà Comunale, andavano aggiunti i vincoli finanziari riferiti al personale che avrebbero impedito ad esempio di provvedere al turn-over, anche facendo ricorso allo strumento della mobilità, dei tanti dipendenti che negli anni successivi avrebbero lasciato il lavoro per andare in pensione”.
Una prospettiva difficile che avrebbe poi avuto ripercussioni importanti sulla capacità di ogni amministrazione comunale di far fronte alle sue competenze essenziali e di assicurare un livello adeguato in termini di servizi.
A questo quadro internazionale, và aggiunta una condizione interna al Paese che vede dall’Unità d’Italia prevalere gli interessi del settentrione a scapito del Mezzogiorno, una condizione di colonialismo interno al quale per la città di Foggia e la intera Capitanata, si aggiunge un colonialismo regionale che vede prevalere gli interessi di Bari a scapito di quelli del nostro territorio.
Da queste condizioni in quanto cause, nascono le concause che a loro volta diventano causa, del deficit infrastrutturale del territorio, della disoccupazione, della migrazione interna da sud a nord, di disperazione. In poche parole il costo sociale della crisi economica.
Crisi economica che non abbiamo subito tutti alla stessa maniera vista la divisione della società in classi di reddito e perciò di capacità di spesa.
Chi ha un reddito stabile derivante ad esempio da una attività impiegatizia negli apparati dello Stato, ha mantenuto un tenore di vita accettabile. Per lo Stato è infatti sufficiente tassare per sostenere il reddito dei propri apparati amministrativi, burocratici, di sorveglianza e controllo.
Chi aveva poco o niente ha peggiorato la propria situazione e in più, trovandosi in fila alle casse di un supermercato ha dovuto anche subire l’onta di chi oltre alla stabilità del reddito, paga gli acquisti con una carta colorata detta “buono pasto”. E’ questa la fascia della popolazione che ha subito maggiormente i contraccolpi della crisi
E mentre molti commercianti hanno speso gli ultimi risparmi credendo in una ripresa economica che non giunge da anni fino e abbassate le serrande, fioriscono altre attività come la raccolta di oro, i centri scommesse che danno la misura della crisi che diventa anche decadenza di valori e sottrazione di speranza nel futuro.
Anche i settori produttivi hanno scontato la crisi riducendo le produzioni e licenziando mentre lo Stato nei casi previsti ne ha sopportato i costi attraverso delle leggi di protezione pensionistica (i contributi figurativi) e indennità di disoccupazione.
Dunque, niente produzione, niente commercio, niente consumi e niente lavoro anche se come sempre le situazioni conseguenti non sono le stesse per tutti. Il classico serpente che si morde la coda.
E gli immigrati? Causa o concausa?
Una immigrazione incontrollata senza limiti di quantità e di tempo di popolazioni di diversa provenienza, di differenti culture, civiltà e religioni, inserita in un contesto di difficoltà economica per la popolazione residente, è fattore di destabilizzazione sociale. Troppe le variabili indipendenti e non note da tenere sotto controllo.
In ogni caso, indipendentemente dalle migrazioni, una elevata pressione demografica, è causa di diffusione della povertà.
Malthus affermava che “mentre la crescita della popolazione è geometrica, quella dei mezzi di sussistenza è solo aritmetica”. Una tale diversa progressione avrebbe condotto ad uno squilibrio tra risorse disponibili, in particolar modo quelle alimentari, e capacità di soddisfare una sempre maggiore crescita demografica.
Senza contare ulteriori fattori di destabilizzazione come lo scontro tra civiltà diverse ed il condizionamento politico indotto da un peso eccessivo di migranti proveniente da una medesima area del mondo.
In questo contesto nazionale, può una città periferica come Foggia, sopportare il peso derivante dalla presenza sul proprio territorio, di un centro di accoglienza delle dimensioni di quello di Borgo Mezzanone dal quale si riversano a spese del Comune, centinaia di migranti senza lavoro e occupazione. Può una città e un territorio come il nostro che ha una disoccupazione giovanile del 50-60% e con un reddito procapite tra i più bassi in Italia, permettersi di subire una migrazione di queste dimensioni?
Le cifre a livello nazionale impegnate dallo Stato per il traghettamento, l’accoglienza, il mantenimento, sono ormai pari al totale dell’IMU che l’intera nazione pagava con il governo Monti: quattro miliardi.
la sottrazione di risorse per le famiglie italiane per sostenere una migrazione di tale portata, diventa causa di riduzione di servizi in tanti settori.
E infine, quali saranno i costi ora non prevedibili e futuri di una società multietnica e multireligiosa?
Ricordo l’aggressione che due anni fa commise un afgano contro una donna foggiana residente a Borgo Mezzanone, alla fermata del bus 24 che faceva la spola tra il capoluogo e la borgata. La donna ebbe la sutura al capo con venti punti mentre i giornali definivano immotivato il gesto dell’afgano senza neppure tentare una analisi storico sociologica della sottomissione della donna nell’Islam. Come poteva una donna per quell’afgano, tale Mohamed cioè Maometto che, girava con una mannaia come se si trovasse nel suo paese dove ciò è probabilmente comune, accettare che salendo sul bus, una donna entrasse con lui in competizione?
Interi quartieri si spopolano di autoctoni per ripopolarsi di popolazioni estranee alla cultura e ai costumi del paese ospitante. Le popolazioni locali subiscono danni quantificabili, dal ridotto valore delle case alla sicurezza come nel caso del quartiere ferrovia di Foggia.
In questo caso, possiamo sostenere che le migrazioni illimitate costituiscono una delle concause della decadenza della nostra città?
Io direi proprio di sì.
Direi anche che prima o poi diventeranno causa di altro che ancora dobbiamo capire.
Concludendo, se con il termine principio di precauzione, si intende una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche sulla gestione delle questioni controverse, perché nel caso dell’immigrazione, governi che si basano sul 30% del 50% degli elettori si permettono di mutare il quadro etnico, razziale, culturale e di civiltà della nazione, senza interpellare il popolo con un referendum, strumento di democrazia diretta?
Scriveva Platone: “quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?
Causa o concausa che a sua volta può diventare causa, serve a questo punto, una moratoria pluriennale sulla immigrazione, per gestire quella già presente.
Le scelte dei governi nazionali si sa, hanno sempre delle ricadute a livello locale.
Anche per la nostra città.
29 marzo 2017 22:13
Vincenzo Concilio

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Cause e concause del malessere di Foggia (di Vincenzo Concilio)

  1. Non potendo seguire (per motivi di tempo e di mie capacità cognitive) la digressione di Vincenzo Concilio, mi limiterò a qualche osservazione:
    1. Sono nato in Brasile nel 1958 e vi ho vissuto sino al 1966. In quella città (che oggi ha quasi 200.000 ab.) erano presenti e convivono svariate nazionalità ed etnìe: pakistani, svizzeri, italiani, tedeschi, turchi, portoghesi. Mai un dissapore, un incidente e ognuno commercializzava le proprie tipicità e professionalità. La città si è sviluppata nell'equilibrio: tanto verde, valorizzazione del turismo e delle risorse ambientali, distribuzione della ricchezza.
    2. Il centro di Foggia (quartiere Ferrovia) per me lo hanno valorizzato le attività straniere: prima era quasi tutto alla portata dei soli nababbi foggiani. Oggi vi trovo merce discreta a buon prezzo, consumo gustosi kebab e altre bontà della gastronomia mediorientale, negli empori cinesi trovo di tutto a prezzi che i nostri cartolibrai fanno pagare tre volte tanto!
    3. La globalizzazione non è una virtù e nemmeno una necessità: purtroppo è una realtà. E fin quando cinesi, pakistani, vietnamiti non lotteranno per evitare di essere sottomessi nelle condizioni retributive e di lavoro, i bassi prezzi di quel che acquistiamo prevarranno a vita!
    4. Tutta colpa degli stranieri, vero? Ho acquistato una bella camicia alla Oviesse (made in China) a 24 euro. La stessa, identica!, l'ho trovata in vendita su via S.Severo da un italianissimo foggiano a prezzo triplicato. Nello stesso esercizio mia moglie si è rifiutata di acquistare delle magliette in vendita a 70 euro che, stesse e identiche, in un buon negozio di una signora cinese in via d. Repubblica non costano più di 20 euro!!
    5. La nostra è una ancestrale paura del 'diverso', quindi figlia dell'ignoranza e dell'incultura, nonostante i nostri Santi Patroni siano Guglielmo e Pellegrino…
    6. Non esiste un governo che regni col 30% del 50% degli elettori. Semmai governa col 51% del 50%…
    7. L'afghano era un esaltato e non doveva circolare col pugnale. Per questo sarà condannato come prescrive la legge: si punisce il reato non l'etnìa. Se va in Curva Sud ne troverà di peggiori, mi creda…
    Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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