Cinemadessai | Disintossicatevi da Sanremo: c’è Lavorare con lentezza

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STASERA
Lavorare con lentezza è forse la migliore ricostruzione dell’Italia della contestazione giovanile, di quella irripetibile stagione che andò dal 1968 al 1977 e che ebbe come colonna sonora la mitica Radio Alice. Il film di Guido Chiesa che Iris manderà onda stasera alle 21.00, racconta con tenerezza ma efficacia la storia dell’emittente radiofonica bolognese, chiusa all’indomani di violenti scontri di piazza che portarono alla morte di uno studente.
Il titolo della pellicola è ripreso dalla omonima canzone, del cantautore pugliese Enzo Del Re, che apriva e chiudeva le trasmissioni.
Validamente supportato dal collettivo di scrittura Wu Ming, Chiesa (che all’emittente aveva già dedicato il documentario Alice è in paradiso) scongiura il rischio di un film che documenta e basta, affidando la narrazione del clima, della musica, e delle vicende del movimento studentesco ad una storia parallela: quella di due giovani sbandati, Sgualo e Pelo, proletari autentici, che tentano un colpo al caveau di una banca e durante le operazioni di scavo del tunnel decidono di divagarsi perché…. lavorare stanca. Mentre lavorano nottetempo portano con sè una radiolina, sintonizzandola sulle frequenze di Radio Alice. Il personaggio del tenente dei CC. Lippolis è affidato a un efficacissimo Valerio Mastandrea. Inutile dire che la colonna sonora è uno spettacolo nello spettacolo. Indimenticabili gli Afterhours che interpretano gli Area mentre eseguono dal vivo il brano Gioia e rivoluzione del 1975.
Tommaso Ramenghi e Marco Luisi che interpretano rispettivamente Sgualo e Pelo, si aggiudicarono ex aequo il Premio Marcello Mastroianni per il miglior attore emergente, al Festival di Venezia. La pellicola ottenne il riconoscimento quale miglior film al Festival del Cinema Politico di Barcellona. Da vedere. Con tutta la nostalgia del caso.
DOMANI
“Prima di poter parlare con un certo distacco di questo film ho dovuto aspettare di arrivare alla fine del suo percorso. Infatti mai come questa volta mi sono prefisso di utilizzare il film come un processo di scoperta, di pedinamento, di curiosità. Questo mi ha messo nella condizione di cominciare il film con poche incrollabili incertezze”, così Daniele Luchetti racconta Mio fratello è figlio unico, uno dei suoi film più complessi ma al tempo stesso intriganti.

“Ho apparecchiato il set come se fosse una cena preparata con amore – dice ancora il regista, con gli spunti che per le ragioni più varie mi sembravano irrinunciabili, invitando a tavola due attori, persone intelligenti e acute ancora prima che attori di grande talento. Ho steso come tovaglia una storia che riguarda me e questa nazione.”
Tratto da Il Fasciocomunista di Antonio Pennacchi e sceneggiato dallo stesso Luchetti assieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli, il film racconta la storia di due fratelli, che attraversa diversi decenni.
Accio (Elio Germano) è la disperazione dei suoi genitori, scontroso e attaccabrighe, un istintivo col cuore in gola che vive ogni battaglia come una guerra. Suo fratello Manrico (Riccardo Scamarcio) è bello, carismatico, amato da tutti, ma altrettanto pericoloso… Nella provincia italiana degli anni ’60 e ’70, i due giovani corrono su opposti fronti politici, amano la stessa donna e attraversano, in un confronto senza fine, una stagione fatta di fughe, di ritorni, di botte e di grandi passioni. È un racconto di formazione dove sfilano quindici anni di storia d’Italia attraverso le avventure di Accio e Manrico, due fratelli diversi, ma non troppo…
Nel cast figurano anche Angela Finocchiaro e Luca Zingaretti . Da vedere assolutamente, domani sera, alle 21.00 su Iris.

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Author: Geppe Inserra

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