La felicità è trovare la perla nascosta (di Matteo Coco)

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La Felicità, trovare la perla nascosta è un romanzo sulla Beata Maria Celeste Crostarosa. Lo ha scritto Edgardo Longo, già autore di un film e di un saggio sulla figura della “santa priora” che ha vissuto a Foggia gli ultimi decenni della sua vita. Ambientata nei nostri giorni, l’opera ha come protagonista la giovane, Carla, giornalista non credente e donna spregiudicata, inviata per un reportage al convento delle Redentoriste, la cui vita sarà cambiata dall’incontro con la spiritualità della “santa priora”.
Un bel romanzo, che ha il pregio di leggersi tutto d’un fiato, presentato qualche giorno fa, alla presenza dell’arcivescovo di Foggia, mons. Vincenzo Pelvi, dalla scrittrice Carmen Pafundi, dal saggista e poeta Matteo Coco e dal giornalista e blogger, Geppe Inserra. Ha moderato Emilia Tegon. Pubblichiamo, di seguito, la presentazione di Matteo Coco.

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Metti una sera al buio, in silenzio, in una sala cinematografica, e poi scopri la vita d’una suora, una monaca, meglio dire una Madre: Maria Celeste Crostarosa simile a quella di un’altra quasi coeva in cui ti rispecchi e fai confrontare la tua aspirazione mistica a quella di un’altra santa forte, volitiva, coraggiosa: Santa Veronica Giuliani di chi pensa che la vita possa essere protesa verso un ideale sublime più alto, un po’ più in alto della realtà che spesso, vuota, ci circonda inutilmente. Sono considerazioni che fai a caldo con Edgardo che ti ha fatto scoprire quella che di lì a qualche mese diventa una Beata dopo trecento anni di attesa paziente, ma che raggiunge il suo scopo, quello per il quale ha vissuto e ha speso tutte le sue energie, tutta la sua vita.

È quello che mi è accaduto l’anno scorso e se fosse solo per la banalità con cui lo racconto terminerebbe qui, ma è proprio questo avvenimento a dirigere i miei passi stasera e forse le brevi considerazioni che vi voglio proporre: lo so lo Spirito soffia dove vuole (Giovanni 3, 8) e io mi ritrovo a riflettere, stasera, sulle pagine di un romanzo che Edgardo ci ha voluto regalare: a parlare d’un’altra “ribelle” che accetta, dopo una conversione, di seguire le orme e l’esempio della Crostarosa. Ha pochi strumenti per iniziare, ma ci deve essere un’ Origine (prima di chiederci dove andiamo ci dobbiamo chiedere da dove veniamo…) e allora il primo atto della conoscenza è quello di leggere un testo, proprio come ho fatto io, un libro (scritto sempre da Longo) che parla di una storia e di regole: una storia inusuale fatta di vita vissuta all’ombra di un Verbo creante e Creatore.
Si snodano, così, le pagine di questo romanzo con una scrittura semplice, comprensibile, lineare, pongono, però, già dall’inizio qualche interrogativo importante a cui è difficile rispondere: “Clausura? Che senso ha oggi ciò?” L’autore non dà una risposta, non sa darla, non può darla perché è all’inizio del racconto, del reportage che Carla, la giovane giornalista indocile, (la protagonista) insofferente deve trovare per darle un senso proprio così come, anticipiamolo, ha dato un senso alla sua vita la Madre dei redentoristi, perché per entrambi, per l’autore e per il personaggio, quanto inconsapevolmente, può essere lo scrivere una missione? È una missione, per loro e, forse, anche per noi lo scrivere e disvelare subito le tappe di Giulia: Marigliano, Scala, Pareti, Roccapiemonte e poi Foggia stabilmente: “La sua vita fu segnata da molteplici fenomeni mistici, momenti di contemplazione, ascolto della coscienza, ricerca del senso del Vangelo (…) scrisse 16 opere…Morì nel 1755”  e questi pochi tratti servono all’autore per disegnare l’animo della Crostarosa, perché in fondo questi sono i segni essenziali: mistica, contemplazione, ascolto, ricerca.
È, allora, un continuo colloquio scorrevole che si dipana e che ti lascia immaginare in maniera facile le situazioni che vivono i due protagonisti (perché a Carla si aggiunge Bruno) e al di là di alcuni neologismi onomatopeici: tipo: disfiamo, tomtom, GRRR (p. 38 – il bruire del suono vibrato- della tigre che graffia), si arriva dritti dritti al perno del volume: diciamolo subito: la ricerca della perla preziosa: “Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.” (Matteo 13,45-46) e all’intento del comprare ben s’addice a questo, troppo “scontato”, versetto che riassumerà poi il senso della ricerca interiore della protagonista, una efficace “perla” tratta dai Proverbi (23,23): “acquista la Verità e non la vendere” che è un invito soprattutto diretto agli uomini di oggi attratti fallacemente da tanti falsi idoli materiali e al compromesso con la propria coscienza talvolta bugiarda. A questo proposito non bisogna disconoscere che la Crostarosa al Vangelo di Matteo ha dedicato un volume mirabile che è il suo “Esercizio di amore” [1](al quale farò appresso riferimento).
Ma vi è di sicuro una certezza nell’insegnamento della “Santa” e in quello che va scoprendo la protagonista del romanzo vicino al suo corpo beatificato: la solidarietà della Divina Provvidenza: il Signore è grande e aiuta i bisognosi. E, dunque, per aspirare alle vette della santità (soprattutto mistica) bisogna consumarsi come lampada che arde soave al cospetto del Santissimo e non a caso la Beata afferma: “mi vuoi come una torcia che sempre arde al tuo cospetto per far luce a molti” poiché la radiazione luminosa si riverbera sull’uomo e attraverso lo Spirito che santifica “apre le nostre menti alla luce divina” la quale esige che la nostra sia “vita donata interamente per la vita della Chiesa” come quella di un’altra grande suora-santa: Rita da Cascia il cui parallelismo (a pag. 49 del romanzo) ben s’accosta alla figura della nostra Crostarosa, fondatrice di un’ordine che pure la condusse alle estreme conseguenze della espulsione per quei contrasti e dissensi formali che la fecero soffrire. Ecco perché mi sento di condividere una riflessione che la Superiora fa nel colloquio con Carla: “lo Spirito agisce e la Verità alla fine emerge sempre” anche se “Il mondo è sempre lo stesso. Gesù per primo, il Santo dei Santi, l’innocente, fu messo in croce per aver detto la verità”. Ecco perché, secondo me, forse, dovremmo fare come quel bimbo che esce sul terrazzo apre una scatoletta di fiammiferi e cerca, richiudendola, di trattenere un raggio di sole che possa incendiargli il cuore… (v. pag 81/82: “Guarda il sole come illumina, riscalda, fa crescere le piante, affinchè rendano fiori e frutti, e rallegra tutto il mondo con la sua chiarezza. Vedi come tutto risplende! Ne restano privi solo coloro che chiudono le finestre, perché non vogliono ricevere la sua luce. Ma la colpa è solo loro, perché non vogliono ammirare il suo splendore. Apri le tue finestre e ammira questo sole creato come simbolo del sole divino, che dà luce e calore al mondo interiore della tua anima”. E prosegue, la protagonista rileggendo e interpretando la Crostarosa: “Ora tu, da questo sole materiale che sempre risplende, ammirerai le mie perfezioni divine. E vedrai come, col calore del mio Spirito, faccio crescere nella tua anima fiori e frutti di vita eterna; faccio luce nel tuo intelletto; col mio amore accendo la tua volontà; col mio calore asciugo i tuoi cattivi umori che producono confusione e passioni disordinate. (…) Infine distruggo tutte le imperfezioni a coloro che hanno aperto le finestre dell’anima e hanno gli occhi ben aperti su di me e mi fissano per far entrare nei loro occhi il mio splendore divino. (…) Pertanto tu, ogni volta che ammirerai questo sole materiale, ti ricorderai di me e questa sarà la tua continua preghiera”, poi chiosa: “Era la scelta dì una vita mistica, il desiderio di vivere con chi è tutto e dona certezze, il non accontentarsi del poco che offre il mondo, ma il cercare il tutto che è nell’universo. Il suo era un desiderio di pienezza e di santità”.
Il romanzo di Carla, di Bruno e di Edgardo Longo alla fine per tutta una serie di considerazioni finisce per essere, a mio avviso, anche il romanzo della Crostarosa che si rivela come “la perla nascosta di Dio”… “una donna meravigliosa che, in un’epoca oscura della storia, è stata mandata da Dio a istituire un nuovo ordine religioso”. Non sono d’accordo su questa affermazione, la trovo riduttiva, poiché per me la Crostarosa è un portento, un ciclone, una piccola suora grande per quello che faceva, che diceva, ma soprattutto per quello che scriveva, sfidando coraggiosamente i suoi tempi atei. E’ una rivoluzionaria che ben si adatta a quei tempi portando con se, però la rivoluzione dell’Amore. Ecco perché la Superiora prima cerca di definire con termini appropriati, a mio avviso, cosa sia la fede: “La perla, come la fede, è un dono da chiedere (…) La fede è scoprire la relatività umana nelle cose. E’ osservare dall’alto gli eventi, con occhi diversi, con obiettività. La fede non è mai un atto razionale, né emotivo. E’ un cammino della mente e del cuore verso la verità che è la manifestazione di Dio nella propria vita. È la scoperta della sua bontà per i tanti doni che elargisce. (…) Nessuno può dirsi lontano da Dio, perché Lui è vicino a tutti! La fede non è conoscenza di dottrine, né sapienza umana, ma è ascoltare la sua voce. Perché Lui parla a tutti (”… e poi s’affretta a chiarire: qui in Convento “abbiamo tutto!Abbiamo il Padre che è il nostro creatore, il Figlio che è il nostro Sposo e lo Spirito Santo che illumina le nostre azioni. Abbiamo infine la comunità che vive come una famiglia nell’aiuto reciproco, nella preghiera e nell’adorazione”… Ma qui io farei intervenire proprio la Crostarosa dell’esercizio sopra il Vangelo di Matteo [2] quando afferma: Fasciculus myrrhae dilectus meus mihi, inter ubera mea commorabitur e lei commenta: svegliati, o anima mia, al tocco della purità del tuo diletto… poiché col Cantico commenta, in dicembre, il più divino e tenero momento della nascita di Gesù… e poi lo riprende in febbraio [3] quando tratta degli anni della vita nascosta. E la Superiora nel romanzo di Edgardo incalza: “perchè siamo la memoria vivente del Cristo Redentore, venuto nel mondo per operare la salvezza di tutti gli uomini”.
Ripeto, il dettato e i dialoghi, pur nella loro semplice immediatezza, appaiono (anzi sono) puliti e accessibili. Carla la giornalista virtuosa e “rampante” sta per abbandonare la vita vuota che l’ha caratterizzata sinora e sta per mettersi alla sequela del suo Signore, ma vuole capire; donna energica, generosa, proprio come Maria Celeste Crostarosa, vuole comprendere perché e come deve rispondere alla chiamata, seguire la sua vocazione : “Così l’anima, depurata dagli effetti della volontà, con totale donazione, va alla tua sequela e cammina dietro te senza altro appoggio che la fede. Tu hai chiuso la sua anima in una piccola stanza, intima e segreta del suo cuore, dove tu verbo divino, vuoi abitare solo con lei. Se tu non pronunciassi quella onnipotente parola “Seguimi”, come potrebbe salire sul monte della perfezione evangelica? Come sarebbe possibile arrivarci con le proprie forze, vincendo tutte le debolezze, attorniati come siamo da tanti nemici? Quando ha capito che osservando le cose dall’alto tutto diventa relativo al punto di osservazione: “l’anima più sale verso il cielo per contemplare l’infinito, più respira aria pura, acquista sicurezza di sé e si allontana dai pericoli del mondo. In questo silenzio, lontano dal mondo, gode la gioia della libertà, la pace del cuore, e giudica con distacco le cose della terra” la protagonista del romanzo scopre una verità semplice e immediata, scopre che “forse è difficile, ma l’amore può tutto. Se si vuole!”. E allora, al di là di Bruno, ecco la felicità a portata di mano: “Cosa c’è da capire? E’ tutto così semplice! Donne che scelgono di abbandonare il mondo perché credono nella vita eterna e sperano nella Redenzione del genere umano”. E allora se si comprende il segreto della felicità, in che cosa consiste l’essenziale: “Un amore immenso, eterno che annulla se stesso e comprende tutti”, ma qui vi devo chiedere di divagare, (di ascoltarmi qualche altro minuto) di discostarmi un attimo dal testo di Longo e riferirvi che parallelamente al romanzo di Edgardo ho letto un bel libro di Mauro Giuseppe Lepori, generale dei Cistercensi, che mi ha illuminato proprio alcuni passi del testo che potevano apparirmi “troppo o troppo poco mistici”. E allora sentite cosa ci dice il testo di Lepori che ci illumina ulteriormente e aggiunge preziosità al volume di Longo: “Se l’amore e l’infinito coincidono, se l’amore è l’infinito, allora dobbiamo perderci in esso, dobbiamo entrare in esso, lasciarci prendere. Non siamo più noi che teniamo l’amore, ma è l’amore che ci prende (…) Perché è questo il punto essenziale che cambia la vita: la conversione della concezione di noi stessi alla luce dell’amore di Cristo” [4], ma nel romanzo Carla precisa: “Oggi ho capito che la ricerca da fare è dentro di me. Qui nella mia anima può esserci il tutto o il niente. Dipende solo da me e da quello che ci metto dentro. Se dentro di me metto Dio che qui ho incontrato, allora sarò completa, avrò tutto e non avrò bisogno di altro. (…) Dio ha amato l’uomo nella creazione: gli ha donato la vita, il creato, i talenti, ma poi ha sofferto in silenzio continuando ad amarlo quando ha visto la sua ingratitudine, la ribellione e i suoi tanti peccati. Gesù ha amato l’uomo nella redenzione, dando tutto se stesso fino alla morte in croce per prendere su di sé i nostri peccati. Malia ha amato Gesù quando era piccolo, dandogli affetto e attenzioni ma poi ha sofferto con lui seguendolo nella missione, nella sua passione e morte”, (pp.93/94) e di rimando, siccome in questa pagina Edgardo usa il termine premura Lepori ci precisa e sottolinea: “È bello il termine “premura” perché congiunge il senso dinamico della fretta alla dimensione dell’attenzione, della cura attenta. La premura è una fretta che si ferma, è una fretta di fermarsi. Maria si è messa a pulire la casa, a fare il bucato, a preparare da mangiare per Elisabetta e Zaccaria con premura. Ogni suo gesto veicolava nell’istante tutta la gratuità di Dio a cui aveva per sempre aperto il cuore: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!»” [5]. E a proposito della gratuità dell’amore Longo fa dire a Carla: i genitori offrono ai figli: “un amore gratuito che porta loro gioia immensa”, perché: “Sì, il vero amore è quello che non viene meno nella sofferenza e nelle prove, che si dimostra anche di fronte alle ingratitudini”. Così Maddalena (e m’avvio alla conclusione) perché questo è il nome che Carla sceglie ormai fattasi suora, di fronte al suo Sì irreversibile, piena della sua ritrovata anima (Maddalena, dicevo) ha compreso finalmente il messaggio di Madre Maria Celeste Crostarosa: “Tutti i libri del mondo, tutti gli uomini finora esistiti, tutte le penne dei più grandi dottori, e tutti gli Angeli non possono descrivere, neanche in minima parte, la tua grandezza ed il mare di beni che Tu Dio doni a chi ti segue. Tu sei increato e noi creati; Tu sei infinito e noi finiti; Tu purissimo e noi impuri; Tu Santo e noi peccatori; Tu luce e noi tenebre. Dunque, come possiamo dire chi sei? Come possiamo descrivere quello che Tu nella tua bontà ci concedi di vedere? Se le nostre anime oggi provano tanto benessere nello stare con te, figuriamoci domani, quando ci chiamerai dopo questo esilio; quando saremo immersi nell’oceano del tuo amore!”, allora ecco chiarito in una sola frase anche il titolo del romanzo: “la felicità – non è un istante, è il divenire! Viviamo nell’eternità di Dio, dove il tempo non esiste e non ha senso”. Già, il tempo! Saggio, fa dire l’Autore a Carla, “è chi riesce ad amministrarlo: chi usa ogni minuto, ogni ora, ogni giorno come se fosse unico; chi non pensa al domani, non lo teme, né lo desidera, ma vive soddisfatto solo il presente, perché non è il padrone del tempo. Il tempo appartiene a Dio”
E la narrazione giunge alla sua conclusione, al suo Epilogo, così come lo intende l’Autore quando sostiene con S. Paolo: “non sono più io che vivo, ma sei tu che vivi in me” e si compie e si completa, a mio avviso, il messaggio crostarosiano: “felici di far parte di quell’immenso oceano di Amore che è Dio”.
126 pagine, fitte, dense di messaggi positivi da proporre ai giovani, secondo me, fino aH’ultimo rigo perché il romanzo si conclude e termina con due domande semplici che possono sembrare anche retoriche ma che sono l’una interdipendente dall’altra: “Chi ha fatto la scelta migliore? Chi ha trovato la felicità?” Spetta a voi lettori dare la risposta così come ho tentato di fare io questa sera. Grazie!

Matteo Coco
Foggia, Sala Farina, ore 20.00 del 9.03.2017

[1] Maria Celeste Crostarosa, Sopra l’Evangelio di S. Matteo – Esercitio di amore di Dio per tutti li giorni del’anno, Ed. San Gerardo, Materdomini (Av), 2015
[2] Op. cit.
[3] “Più l’anima è pura e cerca lo stato di perfezione, più si avvicina a Dio: Una delle opere più belle della Beata è il Giardinetto che sono tante elevazioni spirituali per ciascun giorno dell’anno”. (p. 58)
[4] Cfr.: M. Giuseppe Lepori, Si vive solo per morire?. Ed Cantagalli, Siena, 2016.
[5] Ibidem.

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Author: Geppe Inserra

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