Cinemadessai | Still life, la tenerezza della vita e della morte

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Programmato per il 2 maggio scorso, non andò più in onda a causa della improvvisa scomparsa di Jonathan Demme, che indussi Rai5 a trasmettere in ricordo del grande regista americano il bel documentario su  Enzo Avitabile.
Stasera sarà dunque la volta buona per vedere Still Life di Uberto Pasolini, regista che rappresenta un caso unico nel cinema italiano.
Nipote di Luchino Visconti, è più noto all’estero che non nel bel Paese. Ha iniziato a lavorare nel mondo del cinema come runner (una sorta di factotum che si occupa di risolvere i problemi pratici sul set e che perciò va sempre… di corsa) per diventare  un produttore indipendente in Inghilterra. L’exploit internazionale è giunto con il celebre Full Monty – Squattrinati organizzati, prodotto da Pasolini, e riconosciuto come Miglior film del 1997 dall’European Film Awards. La pellicola fu campione d’incasso in tutto il mondo e rappresenta ancora oggi un indiscutibile esempio di come anche il cinema indipendente, se originale e ben fatto, può dire la sua al botteghino.
Nel 2008, esordì dietro la macchina da presa con Machan – La vera storia di una falsa squadra, aggiudicandosi il Premio Label Europa Cinemas alle Giornate degli Autori della Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
Nel 2013, il suo secondo lungometraggio, che Rai5 manda in onda stasera alle 21.15, Still Life, che è stato presentato al Festival di Venezia 2013, dove si è aggiudicato il Premio per la migliore regia nella sezione Orizzonti.
La pellicola racconta, con un approccio tenue, se non proprio minimalista, una storia densa di poesia e di originalità.  John May (stupendamente interpretato da Eddie Marsan) è uno scrupoloso funzionario comunale che si occupa di rintracciare  il parente più prossimo delle persone decedute in totale solitudine. Quando deve affrontare il caso di Billy Stoke, un alcolizzato morto in solitudine a pochi passi da casa sua, la sua vita cambia di colpo, proprio mentre il suo ufficio viene soppresso, nell’ambito dei tagli alla spesa pubblica. Il finale è surreale, ma pieno di poesia e di tenerezza.
Un film insolito, importante, che consiglio e suggerisco vivamente.
DOMANI
Frantic è uno dei film più discussi di Roman Polanski, e sarà per questo che è anche uno dei miei preferiti. Interpretato da un Harrison Ford in splendida forma e da Betty Buckley, Emmanuelle Seigner e John Mahoney, è difficile etichettarlo: sta a metà tra il giallo in puto stile hitchcockiano e l’action-movie all’americana, ma alla fine, non è né l’uno né l’altro. In realtà è un film sullo spaesamento in cui si incorre quando, trovandosi in un paese straniero (la Francia, nella fattispecie), e non parlando neppure una parola della lingua locale, ci si trova alla prese con un serio problema da risolvere.

In questo caso, il problema è la misteriosa scomparsa della moglie del protagonista, un chirurgo americano che si reca a Parigi per prendere parte ad un congresso scientifico. Lo accompagna la moglie. La coppia soggiorna presso Ville Lumière dove erano già stati per la luna di miele. Improvvisamente la donna scompare, e il medico apprende da un clochard che è stata rapita da uno sconosciuto, probabilmente mediorientale. Per l’uomo inizia una drammatica ricerca nei bassifondi di Parigi.
Secondo FilmTV, “l’intreccio è come al solito un pretesto. Polanski si concentra sulla figura di un uomo che non parla una parola di francese e si ritrova praticamente isolato in un contesto ostile. Il disorientamento diventa il tema del film e il senso della suspence.”
Un bel film, da vedere. Domani sera, alle 21.00, su Iris.

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Author: Geppe Inserra

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