Ecco la carta più bella e più rara della Capitanata

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La carta della Capitanata di Antonio Bulifon è tra le più belle, antiche e rare rappresentazioni cartografiche della provincia di Foggia.
Lettere Meridiane la regala ad amici e lettori in alta risoluzione (per scaricarla, leggere il post fino alla fine).
Guardatela con attenzione, esaminatela in ogni suo dettaglio per scoprire quanta poesia può esserci in queste antiche carte, memoria sedimentata che rappresenta i nostri posti, la nostra terra, com’erano una volta.
Grazie agli accurati dettagli (le aree boscose sono evidenziale dagli alberelli) vediamo un Tavoliere molto diverso da quello che si presenta oggi al nostro sguardo: ricco di boschi, che si estendevano dall’Incoronata sin quasi a Foggia, e sorgevano anche in prossimità del capoluogo stesso, tra questo ed Arpi ed in altri luoghi oggi piuttosto brulli del Tavoliere, come l’area compresa tra Ripalta, Lesina e Porcina (Apricena).
La vocazione pastorale del territorio di allora è chiaramente evidenziata dall’autore della carta (sulla cui identità, come vedremo più avanti, c’è un piccolo giallo) che nella parte inferiore disegna un arcadico paesaggio con tanto di pastori e greggi.

Un altro motivo di interesse giunge dai confini e dagli antichi toponimi.
I confini di allora erano assai più ampi di quelli attuali: a nord la Capitanata cominciava da Termoli, e comprendeva tante località oggi molisane come Giuglianesi, Portocannone, San Martino in Pensilis, San Giuliano, Colletorto, Tufara. I confini abbracciavano anche località oggi comprese nel perimetro della Campania, come San Bartolomeo in Galdo e Montaguto.
Tanti sono invece i luoghi scomparsi, che oggi si ritrovano solo in qualche toponimo stradale: come Motta di Reina, che sorgeva tra Foggia e Rignano, e poi lo Colle, Crevacore, Montichio, S. Maria decorata.
Un bell’indizio del dettaglio e della cura con cui la carta è stata realizzata è offerto dall’accuratezza con cui l’autore disegna i diversi scogli e isolotti che punteggiano la costa del Gargano.
Dalla carta geografica emerge una Capitanata bella e intrigante. L’editore, Antonio Bulifon, fu un nome di spicco del  panorama culturale del Regno di Napoli, nella seconda metà dei Seicento. Francese di nascita, si trasferì nella capitale partenopea conquistato dalla sua bellezza. Vi svolse l’attività di cronista, libraio ed editore, partecipando attivamente e in molti casi promuovendo l’attività culturale di cui fu un instancabile animatore.
Guardato con sospetto dai governanti spagnoli dell’epoca, sposò una donna napoletana ottenendo la cittadinanza e scongiurando la possibile espulsione in quanto francese. L’idilliaco legame con Napoli di questo singolare personaggio si sarebbe però interrotto negli anni successivi.
Quando al trono di Re di Spagna salì il francese Filippo V (fondatore della dinastia Borbonica spagnola), il buon Antonio appoggiò il nuovo governo e ottenne dal viceré il compito di pubblicare gli atti della nuova amministrazione. La cosa suscitò l’invidia dell’altro editore napoletano, Parrino, suo concorrente, che era stato fino ad allora il detentore dell’appalto.
Nel corso dell’occupazione austro-imperiale di Napoli che si svolse durante la Guerra di secessione spagnole, le sue attività diventarono oggetto di atti vandalici, forse fomentati dal suo rivale, l’editore Parrino. Bulifon fu così costretto a fuggire in Spagna, dove morì qualche anno dopo, mentre la sua gloriosa libreria napoletana veniva assalita e distrutta dalla plebaglia.
Che Bulifon perseguisse la politica delle buone relazioni con i governanti di turno, è confermato anche dalla pubblicazione della carta della Capitanata, dedicata al duca Carlo Caracciolo, patrizio napoletano, che in quegli anni era Conte di Vicaro (Biccari).
“Vicaro con l’altre terre che l’E.V. (eccellenza vostra) possiede in questa Provincia – si legge nella carta -, mi danno giusto motivo di presentargliene la Carta di essa, per manifestare in parte la devozione che io porto verso la sua persona, degno Successore di tanti eroi, ch’ha prodotta la sua gran famiglia. Gradisca l’ossequio, come parte del mio dovere.”

Il cartiglio con la firma dell’autore

Se è certo l’editore della carta, meno sicura è l’identità dell’autore, ovvero di chi l’ha disegnata e incisa. Su InternetCulturale, il portale che raccoglie dati bibliografici e documenti on line della maggior parte delle biblioteca italiane, la Biblioteca nazionale Marciana, che custodisce un esemplare della Carta, ne attribuisce la paternità oltre che al Bulifon, a Vincenzo Maria Coronelli, frate francescano, cartografo ed enciclopedista, che operò nella seconda metà dei Seicento.
Altre fonti indicano l’autore in Francesco Cassiano de Silva e a mio sommesso giudizio, è questa la tesi più fondata. Diversamente da Coronelli, Cassiano Da Silva, erudito, cartografo e disegnatore come il francescano, operò sistematicamente nel Mezzogiorno (ha lasciato anche un bel disegno di San Severo, di una volta o l’altra parlerò su Lettere Meridiane). Ma l’argomento dirimente si trova nella stessa opera, ed è il cartiglio retto dall’angioletto in alto sulla destra, che reca la firma dell’autore. Vi si legge, appunto, inequivocabilmente Fran. Cassiano Silva.
Se avete letto fin qui, meritate davvero un premio. Ecco la Carta di Bulifon e Da Silva in alta risoluzione: per scaricarla, cliccate qui. Godetevela. Buona visione.

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Author: Geppe Inserra

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