Fu scritto a Foggia “I Beati Paoli”, il più grande romanzo popolare

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Come ha scritto Giuseppe Tornatore, uno che di storie se ne intende, “I Beati Paoli è uno dei romanzi d’appendice più popolari del ’900. Avvincente, misterioso, spettacolare, ricco di personaggi indimenticabili. Il celebre feuilleton sulla setta segreta in cui non pochi intravedono le origini della mafia è costruito su una tessitura narrativa moderna. Una lettura che non deluderà mai”.
Jean-Noël Schifano, ha scritto de I beati Paoli sul quotidiano francese Le Monde, ha scritto: “Dopo I Promessi Sposi, dopo I Viceré, Il nome della rosa e La Storia della Morante, è il quinto monumento storico della letteratura italiana contemporanea.”
Fondato su un’antica leggenda della cultura siciliana, e uscito a puntate sul Giornale di Sicilia dal 6 maggio 1909 al 2 gennaio 1910, I beati Paoli racconta la gesta di una setta segreta che si batte a favore degli oppressi. A scrivere il popolarissimo romanzo, fu William Galt, pseudonimo con il quale si firmata Luigi Natoli, personaggio straordinario (e purtroppo quasi del tutto dimenticato) che visse a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, firmando una cospicua serie di romanzi popolari.
Fervente patriota, laico, repubblicano mazziniano, Natoli fu un intellettuale scomodo che sarebbe piaciuto ad Antonio Gramsci. Insegnante, fu costretto ad un autentico pellegrinaggio tra le scuole di tutta Italia, a causa dei suoi cattivi rapporti con la burocrazia ministeriale.
Secondo un documentato articolo di Elena Malaguti che potete leggere interamente qui, i continui trasferimenti cui fu costretto “per pura rappresaglia politica” porteranno Natoli anche in Capitanata, e precisamente a Manfredonia e a  Foggia. E chissà che proprio nel capoluogo dauno non sia accaduto il fattaccio che lo vide estromesso dalla scuola pubblica. Mussolini voleva nominarlo commendatore, ma lo scrittore rifiutò e venne per questo destituito.
E qui viene il bello, perché pare che durante il periodo in cui è rimasto a Foggia, il buon Natoli non si sia limitato soltanto a litigare con il regime, ma proprio qui abbia scritto il suo capolavoro.
Ne è convinto Nando Romano, saggista, cultore di linguistica e dirigente scolastico, oggi in pensione. Romano parla a ragion veduta, perché una singolare coincidenza lo ha portato a condividere parte del percorso professionale di Natoli. Come lo scrittore siciliano, anche lo studioso foggiano ha lavorato negli ambienti scolastici, tanto a Foggia quanto a Palermo, e ha potuto consultare carte che lo spingono a sostenere la tesi di cui abbiamo detto.

Luigi Natoli

Nando Romano ha voluto metterne a parte amici e lettori di Lettere Meridiane e la cittadinanza foggiana con un commento sulla pagina Facebook del blog, che di seguito riproduco:
“Caro Geppe, ti segnalo che il quinto romanzo italiano letto e tradotto all’estero è stato scritto sul tavolo dell’allora preside della scuola maschile F. Ricciardi, che poi confluì nella gemella femminile: Poerio. Si tratta, nientepopodimeno, che di William Galt, alias Luigi Natoli (Palermo, 14 aprile 1857 – 25 marzo 1941), autore – mantieniti forte – de I Beati Paoli, che insieme alla sua famiglia risiedette per almeno 20 anni a Foggia, della cui vita socio-politica fece parte attiva con i suoi i figli: i sette fratelli Natòli. Quando ero preside del Poerio, avevo intravisto qualcosa sui registri storici ma me ne resi conto in Sicilia, dove ero con incarichi speciali, quando leggendo la sua biografia mi accorsi che si riteneva avesse vissuto solo pochi anni qui. Quindi il feuilletton fu scritto a Foggia, insieme ad altri saggi e romanzi di Galt, per cui dato che Natoli doveva mandare il fuori sacco ogni giorno al Giornale di Sicilia, molte delle scene e dei dialoghi sono sicuramente ambientati a Foggia con qualche spruzzo di Sicilianità. Ho fatto presente la cosa a qualche altro dirigente che mi ha seguito ma nulla, sarebbe il caso di potare a conoscenza dei foggiani questa cosa.”
Fatto. Nella speranza che adesso qualcuno si dia pena di approfondire la foggianità di Luigi Natoli, alias William Galt. Lo meriterebbe la grandiosa statura morale ed intellettuale del personaggio che nel suo testamento lasciò scritto: “Non ho beni. Ho lavorato molto, e non ho tratto dal mio lavoro che scarso profitto. Dal mio lavoro non cercai la parte commerciale, ma solo la gioia che mi procurava.”
Chapeau.

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Author: Geppe Inserra

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