Quando Foggia, la Capitanata e la Puglia pullulavano di armi

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La campagna elettorale a San Severo

Il 18 febbraio del 1948, La Stampa di Torino pubblicò con grande risalto, in prima pagina, un articolo del suo inviato, Ugo Zatterin, che raccontava un fenomeno inquietante, direttamente collegato all’attesa delle elezioni, che si sarebbero svolte il 18 aprile: la diffusa presenza di armi, soprattutto in Puglia.
Il clima politico era surriscaldato: anche per effetto della “guerra fredda” che opponeva gli Stati Uniti alla Russia, l’alleanza tra i due maggiori partiti del  Paese, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista era andata in crisi.
Il centro e la sinistra si sfidavano in un clima da “resa dei conti”. La presenza di Zatterin in provincia di Foggia e il tema affrontato non sono casuali: qualche giorno prima il 9 febbraio, la Capitanata e il Basso Tavoliere era balzati alla ribalta nazionale per il gravissimo fatto di sangue verificatosi a San Ferdinando di Puglia, quando durante violenti scontri di piazza erano rimasti uccisi, per mano di squadristi fascisti, quattro lavoratori ed un bambino, che aveva cercato scampo invano nella sede dell’Anpi.
Qualche giorno prima, Zatterin aveva firmato un altro pezzo per il quotidiano torinese dedicato al clima che si respirava in provincia di Foggia, laboratorio politico anche per essere il luogo natio dell’allora segretario generale della Cgil, Giuseppe di Vittorio: Repubblica a Cerignola, che potete leggere qui.
I reportage dauni firmati dal giornalista veneto, che sarebbe diventato qualche anno dopo uno dei volti televisivi più noti (grazie anche alla memorabili imitazioni che gli faceva Alighiero Noschese) sono ricchi di colore. Non a caso, uno dei suoi libri più noti è intitolato Al Viminale con il morto: tra lotte e botte l’Italia di ieri.
Il punto di vista dell’autore è chiaramente quello di un giornale moderato quale era La Stampa, quotidiano di proprietà della Fiat (ma va detto che era stato convintamente antimussoliniano, fin dall’omicidio Matteotti).
Il pezzo di Zatterin esce in un periodo particolarissimo della vita del giornale: Valletta, presidente della Fiat aveva da poco chiamato alla direzione Giulio De Benedetti, affidandogli un obiettivo ambizioso: conquistare al giornale nuovi lettori, e in modo particolare gli operai di Torino, divisi tra l’Unità e La Gazzetta del Popolo.
Il racconto giornalistico di Ugo Zatterin prevale sulle considerazioni ideologiche e politiche, ed è un esempio efficace di una della caratteristiche più interessanti del suo giornalismo: la capacità di dire le cose, senza chiamarle per nome, che diventò addirittura proverbiale quando,  dando in televisione la notizia dell’approvazione della legge Merlin, e della conseguente chiusura delle case di tolleranza, riuscì a farlo non nominando mai né le prostitute, né le case in cui esercitavano la professione più antica del mondo.
Primo commentatore televisivo dei telegiornali Rai, diresse dal 1980 al 1986, il Tg2 succedendo ad Andrea Barbato.
Trovate qui la pagina originale del quotidiano torinese.

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IN PUGLIA OGGI COME IERI 

Tutti hanno armi 

Attesa inquieta della lotta elettorale (Dal nostro inviato speciale) Foggia, 17 febbraio. Ci sono molte armi nascoste nei cascinali del Tavoliere e delle Murge. Per oltre due anni, dal 1943 al 1945, le grandi strade da Foggia a Lecce erano costeggiate da estesi depositi di armi e munizioni: le cassette di mitra e di bombe si scorgevano ammonticchiate sotto gli ombrelli mimetici degli ulivi, e i contadini dovevano aggirare le cataste con l’erpice o con le zappe per sfruttare il restante terreno che gli alleati – avevano lasciato ancora a loro disposizione.
Di giorno o di notte, impadronirsi di quella merce era cosa facile, e anche senza scopi machiavellici, ognuno ne fece grandi provviste, se non altro per trarre il rame delle spolette o ricavarne polvere pirica per la pesca clandestina. Chili e quintali e tonnellate di tritolo furono raccolti sotto i pagliai, nelle capannacce; depositi di benzina americana si ritrovarono, ancora di questi giorni, nei dintorni di San Ferdinando, per non dire della zona di Amendola, i cui magazzini di munizioni, destinati originariamente alle truppe alleate, hanno servito ad armare i contadini di Manfredonia e di tutto il Gargano, e, dove gli scrupoli, le impossibilità materiali rendevano difficili le razzie, intervenivano gli stessi soldati americani ad abbandonare il proprio mitragliatore per una fiasca di vino rosso, o di soldati polacchi a vendere la propria carabina per armare i proprietari contro gli odiati «bolscevichi».
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se in ogni occasione, dalle rivolte di Andria a quelle di Minervino fino alle ultime di Cerignola e di San Ferdinando, vere e proprie armi da guerra sono improvvisamente comparse sulle piazzette bianche e monotone, destando gli urli delle folle col tono grave della propria minaccia. Si parla tanto di traffico di armi d’importazione clandestina dalla Jugoslavia che si effettuerebbe con sbarchi notturni. Le autorità negano nel modo più reciso. Lunghi appostamenti sono stati fatti a Manfredonia, a Vieste, a Rodi, in tutta la spiaggia garganica, ma nessun indizio di questa attività è stato rilevato : «Fantasia della gente» brontola il questore di Foggia, la cui faccia, sprizza ottimismo da tutti i pori. La gente ha visto arrivare qualche barca — due o tre — con profughi jugoslavi scappati, dicevano loro, dall’inferno di Tito, e il maresciallo che li arrestava e li inoltrava ai campi di concentramento. Anche alcuni signori lombardi giunti, come ogni anno, per la stagione della caccia, vennero scambiati per trafficanti clandestini di grano. Malgrado le apparenze rendessero poco probabile il sospetto, furono segretamente sorvegliati, ma l’unica infrazione alla legge fu, se mai, qualche sbronza, di vino pugliese.
«Le armi le abbiamo in casa», dicono tutti i funzionari di polizia, e, armi per armi, ciò che colpisce, traversando pur rapidamente le località della Capitanata, è il gran numero di poliziotti sparsi per ogni dove: poliziotti di solito malvestiti, la cui divisa si riassume in brache e giubba di vecchio panno, dalle quali spuntano talvolta le tinte variegate di un fazzoletto fantasia o i rigoni colorati dei calzini alla «gagà».
In alcuni centri si calcola che la proporzione sia di un poliziotto per cento abitanti, cifra molto notevole, anche in un paese come il nostro, dove ciò che è proibito ha il fascino delle maggiori attrattive. Ma giudicata ancora insufficiente da un tecnico dell’ordine pubblico quale è senza dubbio il signor questore della provincia.
Le armi, fucili da caccia, mitra, bombe a mano, cannoncini a tiro rapido, forse qualche carro armato, sono gli unici mezzi con cui i possidenti, i nullatenenti e lo Stato aggrediscono la questione pugliese. Si armano i braccianti, che lavorano 130 giorni all’anno, e i «versurieri», che sono considerati proprietari perchè posseggono meno di cento metri quadrati di terra, e i mezzadri a «saccoparato», che devono versare fino al 65 per cento nel sacco del padrone, e i medi proprietari, che vivono di ansie per una cinquantina di ettari, e i grandi proprietari, i Ceci o gli Spagnoletli di Andria, come i Pavoncelli o i Cirillo di Cerignola, che si tengono quanto possibile lontani dalla «zona calda», ma hanno sempre sul luogo i loro clienti e le loro « guardie peroccole ». Si armano i poveri cristi che abitano nelle grotte di Sant’Andrea ad Andria, nei claustri di Altamura, alle Croci di Foggia, a Terravecchia di Cerignola; si armano i ragazzi di dieci anni e i vecchi di settanta, che tutti devono zappare la dura terra del Tavoliere per tirare avanti la vita; si armano gli studenti dei circoli goliardici e i professionisti dei circoli di lettura, gli uni per paura degli altri o per odio di famiglia o per interesse.
Oggi come ieri, alla vigilia delle grandi elezioni, questa è la Puglia: mazzieri, avanguardie garibaldine, poliziotti, in un silenzio che sembra indifferenza ma è soltanto la tensione dell’attesa.
Ugo Zatterin

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Author: Geppe Inserra

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