Poveri, poco istruiti, e chi si laurea se ne va

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Da qualche anno, dal 2010, per la precisione, l’ISTAT pubblica un sistema integrato di indicatori economici, sociali e ambientali che misurano il BES, acronimo che sta per Benessere Equo e Sostenibile. Si tratta di preziosi dati statistici, che rappresentano un autentico “pane quotidiano” per analisti e più in generale per quanti si occupano di tenere sotto controllo i livelli di benessere di un dato territorio. Con il limite, però, intrinseco alle statistiche: per capirle bisogna essere addetti ai lavori o, comunque, addentrarsi in una selva di numeri e dati di non sempre facile ed immediata comprensione.

Il limite è stato superato da una recente, utilissima pubblicazione dell’Istat: Differenze territoriali di benessere: Una lettura a livello provinciale. La monografia offre un esauriente quadro informativo sul BES, approfondendo le sue relazioni spaziali e verificando i divari esistenti tra le diverse aree del Paese. Nel lavoro (che è disponibile on line al seguente indirizzo web https://ebiblio.istat.it/SebinaOpac/resource/differenze-territoriali-di-benessere-una-lettura-a-livello-provinciale/IST0072188) sono studiate le differenze territoriali di benessere sotto diversi punti di vista: la distribuzione dei singoli asset tra le province italiane e la distanza che separa le più avvantaggiate dalle più penalizzate, ma anche le transizioni tra parti basse e alte della distribuzione o il persistere nel tempo delle posizioni di vantaggio o svantaggio.

Le cose stanno male per il Mezzogiorno, e ancora peggio per la Capitanata. I dati del BES fotografano in maniera nitida il persistente e forse ormai incolmabile divario tra il Nord e il Sud del Paese, ma indicano anche la presenza di sacche di sottosviluppo perfino all’interno dello stesso Mezzogiorno. Purtroppo, la Capitanata è una di queste.

Per ciascuna serie di indicatori, la monografia raggruppa le province che stanno meglio e quelle che stanno peggio, aggregandole in due classificazioni: alto-alto e basso-basso. Attenzione, però, non sempre alto-alto significa benessere, in quanto a volte la classifica si riferisce a indicatori negativi (ad esempio, il numero di reati denunciati). Non vengono inserite nei cluster del singolo parametro le province mediane, il che consente un’agevole e diretta lettura delle più significative criticità (o, al contrario, dei punti forza) per quanto riguarda il BES.

Vedremo nei dettagli, nei prossimi giorni, come stanno le cose per la provincia di Foggia e per le sue consorelle pugliesi nei diversi indicatori. Oggi ci occupiamo degli indicatori più critici, ovvero quelli che vedono la Capitanata collocata in una posizione di alto-alto o di basso-basso.

Il primo dato critico che riguarda la Capitanata è quello che si riferisce ai giovani adulti laureati: siamo nelle zone più basse della classifica, attorno al 15%, assieme a Trapani, Agrigento Olbia-Tempio e la BAT, che è la provincia meridionale che va peggio di tutte, con il 14,5%.

Tra i pochi dati non negativi che vengono marcati dalla provincia di Foggia c’è quello che si riferisce alla presenza di giovani (con meno di 40 anni) nelle amministrazioni locali. Va detto che questo è uno dei pochi indicatori in cui il Mezzogiorno fa meglio del Centro-Nord. Tra il 2004 e il 2016 la Capitanata ha registrato un autentico balzo in avanti salendo dall’ultimo al terzo quintile. (Il quintile è una particolare, e complessa, categoria statistica: nella fattispecie, le diverse province prese in considerazione sono state collocate in un ordine progressivo decrescente e quindi suddivise in cinque gruppi. La provincia di Foggia si trovava nell’ultimo gruppo nel 2004, nel 2018 è nel terzo gruppo, a metà classifica).

Altri dati positivi per la Capitanata giungono sempre dal fronte delle amministrazioni comunali: sono quelle che, nel Mezzogiorno, mettono in campo la maggiore capacità di riscossione (82,2) mentre si collocano su valori prossimi alla media nazionale, e superiori a quella meridionale, per quanto riguarda il grado di finanziamento interno. Questo trend positivo è un fenomeno relativamente recente: nel 2007 la provincia di Foggia era nell’ultima fascia (quintile) in riferimento alla capacità di riscossione, nel 2015 è salita al primo.

Dati negativi vengono certificati dall’Istat per quanto riguarda la sicurezza. La Capitanata è la provincia meridionale con il maggior numero di omicidi per abitante (2,2 per 100mila abitanti) e purtroppo anche la seconda in Italia (il primato è però di una provincia settentrionale, Rovigo con 2,9 omicidi per 100mila abitanti). Più o meno la stessa situazione per quanto riguarda le denunce per delitti violenti: 21,4 per 10mila abitanti. Peggio della Capitanata, per quanto riguarda il Mezzogiorno, fa solo la provincia di Napoli (34,6).

Sempre in materia di sicurezza, siamo al terzultimo posto per quanto riguarda la mortalità stradale extraurbana, con 10,6 incidenti mortali su 100mila abitanti.

Sul fronte dell’economia, buone notizie giungono dall’agriturismo: dal 2010 al 2016 il numero delle aziende è raddoppiato, e l’incremento ha permesso alla Capitanata di salire di tre posizioni nella graduatoria nazionale.

Addirittura da record, per la provincia di Foggia, è il dato che si riferisce al consumo di energia elettrica prodotto da fonti rinnovabili: dal 2013 al 2016 la Capitanata ha fatto registrare un incremento del 213,1%, che la colloca al secondo posto tra le province meridionale, alle spalle di Crotone (309,3%).

Il ricorso a fonti rinnovabili è tra i pochi indicatori che vedono il Mezzogiorno (41,5% rispetto al totale di energia consumata) primeggiare rispetto al Nord (30,6%) e al Centro (27,9%).

Buona performance per la Capitanata anche per quanto riguarda l’incidenza dei brevetti in materia di innovazione tecnologica: nel settore dell’high tech, assieme ad Agrigento e a Teramo, nell’arco di tempo compreso tra il 2004 e il 2012, la provincia di Foggia migliora la posizione passando dalla seconda alla prima fascia, mentre sale dalla terza alla prima per quanto riguarda l’incidenza dei brevetti nel settore dell’Information Communication Technology.

Nonostante questi dati confortanti non si arresta però la fuga dei cervelli: emigra il 41,6 per mille dei laureati, dato che colloca la provincia di Foggia al penultimo posto. Peggio fa solo la provincia di Enna, con il 44,1 per mille. Quello della mobilità dei laureati è tra i parametri che fanno registrare i divario più pesante tra Nord e Sud.

La provincia di Foggia conquista il primato negativo nel parametro che si riferisce al livello di istruzione e in modo particolare alle persone tra i 25 e i 64 anni, in possesso almeno del diploma. Siamo gli ultimi d’Italia con una percentuale del 40,4 (Milano, prima è al 71,4%).

“Basso-basso” è il livello attribuito dall’Istat alla Capitanata per quanto riguarda il tasso di occupazione totale e il tasso di occupazione giovanile. Siamo al quartultimo posto, davanti a Caserta, Benevento e Napoli. Di converso “alto-alto” è il livello attribuito in riferimento al tasso di mancata partecipazione al lavoro (terzo posto, dietro Caserta e Napoli) e di mancata partecipazione al lavoro giovanile (quarto posto, dietro Caserta, Benevento e Napoli). La provincia di Foggia presenta, in materia di lavoro, i peggiori indicatori della Puglia.

Dati molto negativi emergono anche per quanto riguarda il benessere economico: siamo nel livello “basso-basso” per quanto riguarda la retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti (quartultimo posto, davanti a Caserta, Benevento e Avellino) e l’importo medio annuo delle pensioni (terzultimo posto, peggio di noi stanno solo Isernia e Campobasso) e “alto-alto” nel parametro che si riferisce ai pensionati che percepiscono pensioni di basso importo (ultimo posto in Puglia e quartultimo in Italia, davanti a Caserta, Benevento e Napoli).

Un altro primato negativo la provincia di Foggia lo conquista nella categoria di indicatori che si riferisce alle relazioni sociali, per quanto riguarda la diffusione delle organizzazioni non profit e il numero dei volontari che prestano la loro opera in tali organizzazioni. Siamo all’ultimo posto in Italia, con 18,2 organizzazioni  e 2,5 volontari, su 10mila abitanti.

Nel gruppo di indicatori che si riferiscono a politica ed istituzioni, note dolenti giungono anche dal parametro che riguarda l’autonomia finanziaria dei Comuni e agli amministratori comunali di sesso femminile: in entrambi i casi siamo al quintultimo posto.

L’Istat bacchetta Foggia (assieme a Lecce e Taranto) anche per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti. Anche in questo caso siamo nella parte più bassa delle classifica.

Brutte notizie anche per quanto riguarda la qualità dei servizi: la Capitanata è al penultimo posto nell’indicatore che si riferisce al numero di bambini che hanno usufruito dei servizi comunali per l’infanzia e al primo per irregolarità nella erogazione del servizio elettrico.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Poveri, poco istruiti, e chi si laurea se ne va

  1. Che tristezza questo scenario. Purtroppo lo stato ha lasciato allo sbando il meridione per troppi anni e questi sono gli effetti che a lungo andare si manifestano. Alle regioni più “ricche” fa anche comodo che laureati dal Sud scappino via e vadano li da loro.

  2. ISTAT nel meridione è divenuto Autorità Poliziesca, un Ente Burocratico costoso è inutile, nel Nord ISTAT è una presa per i fondelli.
    Per il Lavoro i Laureati debbono andarsene se non vogliono vivere con redditi di cittadinanza divenendo obsoleti in attesa di sostituire persone che nei Comuni vanno in Pensione.
    ILVA è chiaramente l’esempio di come lo Stato percepisce industrie e organizzazioni del lavoro,
    Uno Stato passivo, obsoleto, dannoso, fallimentare.
    & so…..

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