Siamo alla frutta, e nemmeno lo sappiamo

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L’articolo di Lettere Meridiane sulla pessima posizione rimediata dai Comuni dauni nella classifica della qualità della vita compilata dalla rivista Amazing Puglia ha suscitato un appassionato e intenso dibattito tra i lettori. Tra le tante prese di posizione, quelle di Vincenzo Concilio, di un lettore che si firma solo con il nome di battesimo, Filippo, e di Marco Barbieri, docente barese che insegna all’Università di Foggia, sintetizzano con efficacia le diverse “scuole di pensiero” sul tema.

La mia tesi è che la graduatoria di Amazing Puglia certifica l’esclusione, o più precisamente l’autoesclusione, della Capitanata da quella Puglia movidosa e patinata che, piaccia o meno, è il cuore del brand Puglia che si sta affermando in Italia e in Europa.

“Non sono d’accordo – scrive Vincenzo Concilio (che è, tra l’altro, uno degli animatori del progetto Moldaunia, ovvero del tentativo di aggregare la Capitanata al Molise, abbandonando la Puglia) -. La Capitanata è fuori per responsabilità storica dei suoi politici, di quelli che stanno alla Regione perché fatta l’analisi sulla distribuzione degli investimenti pubblici dal dopoguerra ad oggi, sarebbe dovuto risultare con chiarezza sin dall’inizio che il sistema tripartito della fasulla regione Puglia, ha una sola evidente soluzione: l’uscita della Capitanata e l’aggregazione ad altra regione confinante che potrebbe essere il Molise vista la vicinanza storica che non si limita alla mena delle pecore ma, al fatto che gran parte di quella regione è storicamente appartenuta alla Capitanata…”

Concilio punta il dito contro la classe dirigente regionale, accusandola senza mezzi termini di aver concentrato gli investimenti pubblici verso altre aree della Puglia. Filippo non la pensa così: “anziché criticare con livore, bisognerebbe prendere d’esempio l’atteggiamento e le capacità di inventarsi un progetto di crescita tipico dei baresi, e non solo… Come sempre, i “soliti” cominceranno con i commenti preconfezionati e livorosi. Prendiamo, invece, spunto da chi sa fare meglio. Se gli altri intercettano finanziamenti che noi non siamo in grado di intercettare, perché distratti da altro, la colpa non è che nostra. Si deve crescere, innanzitutto si deve cambiare mentalità, sempre nella speranza che la classe politica rappresentante il territorio raggiunga livelli minimi di decenza….”

Riferendosi ad altri commenti che stigmatizzavano la Puglia matrigna, Marco Barbieri chiosa: “Commenti di genere insensatamente complottista. C’è proprio un rifiuto di ammettere che la situazione di Foggia è della Capitanata dipenda essenzialmente dagli abitanti.”  (Potete leggere i commenti integrali cliccando qui, li trovate tutti dopo il post).

Solo in apparenza i commenti di Concilio, Filippo e Barbieri sono antitetici tra di loro. Su un dato concordano tutti: l’inadeguatezza della classe dirigente dauna a governare processi di sviluppo che, altrove, si sono rivelati vincenti (anche se – è il caso di rimarcarlo – il professor Barbieri punta il dito più verso gli abitanti che non verso la politica).

Se gli investimenti non arrivano, è anche perché i progetti sono improbabili. A Foggia, tanto per citare un esempio, tanti preziosi finanziamenti comunitari non sono andati al di là di stucchevoli progetti di  arredo urbano (piazza Giordano e la vicina via Lanza sono state rifatte tre volte…) mentre il progetto  più importante della programmazione di area vasta indicata come Capitanata 2020, la realizzazione del treno tram che avrebbe dovuto connettere la pentapoli, non è neanche decollato.

Se si progetta, ma non si realizza, i soldi pubblici non vengono spesi. Non si aziona il volano dello sviluppo.

E ancora: la qualità di una città si misura prima di tutto da quella dei suoi servizi pubblici. Negli anni Sessanta del secolo scorso, Foggia è stata tra le prime città meridionali a creare le aziende municipalizzate per la gestione di servizi come la nettezza urbana, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, il trasporto urbano, la gestione delle fonti energetiche e del gas.

E oggi? L’Amica è fallita, e la gestione dei rifiuti viene svolta dall’Amiu (di Bari). L’Ataf se la passa malissimo. Il Comune capoluogo da tempo è sull’orlo del dissesto finanziario. Nel resto della provincia le cose non vanno meglio: due grandi comuni come Manfredonia e Cerignola sciolti per il rischio di infiltrazioni mafiose, così come Mattinata e, in precedenza, Monte Sant’Angelo.

Non occorre avere una laurea in sociologia per comprendere che, laddove i progetti non vengono cantierizzati, le aziende municipalizzate falliscono, i consigli comunali vengono sciolti, crolla la capacità di autogoverno delle comunità locali. Potrà anche essere matrigna nei confronti della provincia di Foggia: ma la Regione Puglia non c’entra granché con la crisi profonda della capacità di autogoverno delle comunità locali.

Il colpo di grazia è stato inferto dalla scellerata soppressione delle Province che ha privato la Capitanata della possibilità di un livello intermedio di governo del territorio, tra Regione e Comuni. Prima erano state cancellate, immolate sull’altare della spending review, le Comunità Montane (che per quanto riguarda la Puglia si concentravano prevalentemente in provincia d Foggia), le unità sanitarie locali, le circoscrizioni nelle aree urbane.

C’è un gap di autogoverno. Ma c’è anche un gap di democrazia. E il peggio è che, di tutto ciò, non sembra fregare niente a nessuno.

Geppe Inserra

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Author: Geppe Inserra

6 thoughts on “Siamo alla frutta, e nemmeno lo sappiamo

  1. Se è vero, come asserisce il sig. Concilio, che gli investimenti nei decenni hanno premiato maggiormente Bari e Lecce e i rispettivi territori, e molto meno la Capitanata, come è stato possibile difendere le economie di quei territori da una Sacra Corona Unita spietata e vorace (fino ad annientarla!), mentre qui assistiamo al progressivo proliferare di gangli mafiosi e criminali, stante un territorio – per dar ragione a Concilio – povero e dimenticato?
    Per il resto condivido in pieno le tesi di Filippo e Marco Barbieri.
    (Maurizio De Tullio)

  2. LE RELAZIONI STORICHE DEL POTERE ECONOMICO E NON SOLTANTO, TRA TERRITORI NELLO STATO NAZIONALE E ALL’INTERNO DEI TERRITORI REGIONALIZZATI: LA TRAMA, LE TECNICHE, LE AZIONI SONO LE STESSE…

    Tra colonialismo nazionale a trazione settentrionale e regionale, all’interno di un’area più ristretta, non c’è differenza se non nella quantità di ricchezza trasferita e nella dimensione della popolazione interessata…

    Esse si esprimo allo stesso modo che nelle relazioni umane tra individui, gruppi e comunità più estese.

    Lo schiacciamento verso il basso di comunità estese, determinato dalla forza economica della comunità prevalente crea condizioni di sudditanza psicologia e culturale oltre che economica nelle prime mentre le comunità emergenti, disprezzano quelle sottostanti giudicandole incapaci di dare una meta al proprio destino.

    Ciò che maggiormente colpisce però è che molti individui appartenenti alla comunità schiacciata verso il basso, anziché guardare verso l’alto per individuare le responsabilità della comunità sopraffattrice, si rivolgono con disprezzo verso la propria comunità accusandola di ogni male.

    E’ il caso di Filippo.

    Essendo poi la comunità schiacciata verso il basso abitata anche da persone provenienti dalla comunità sopraffattrice che in essa oramai vivono occupando ruoli di prestigio, queste si uniscono ai primi e raddoppiano la dose (è il caso del prof. Barbieri):

    “A Foggia, tanto per citare un esempio, tanti preziosi finanziamenti comunitari non sono andati al di là di stucchevoli progetti di arredo urbano (piazza Giordano e la vicina via Lanza sono state rifatte tre volte…) mentre il progetto più importante della programmazione di area vasta indicata come Capitanata 2020, la realizzazione del treno tram che avrebbe dovuto connettere la pentapoli, non è neanche decollato”.

    Dimenticando non so se volontariamente che il Treno Tram di Area Vasta (tutto ciò che non diventa area metropolitana è area vasta) è stato bocciato dalla Regione Puglia.

    “…. La somma della nuova programmazione FSC ammonta a 1.994 milioni di euro che si combinerà con le somme già disponibili del POR 3.424 milioni per un investimento totale di 5.408 milioni di euro tra fondi europei e FSC: “un piano – ha detto il governatore – che è inevitabilmente il frutto di un ritaglio, e che dunque ci addolora. Questo perché abbiamo lasciato fuori il treno-tram della città di Foggia-Manfredonia (tra i maggiori progetti di “Area Vasta – Capitanata 2020”) e che speriamo di recuperare, perché si tratta di un intervento di particolare rilievo per ragioni turistiche e infrastrutturali, con altre linee di finanziamento”.
    da l’Immediato del 18 maggio 2016.

    Fu Gianni Giannini da Bari, assessore ai trasporti a dichiarare la scarsa importanza di quel progetto, lo stesso assessore che ebbe a dire dell’aeroporto Gino Lisa: “Se i foggiano vogliono l’aeroporto funzionante ci devono mettere i propri soldi”.

    Si perché a Bari hanno utilizzato circa 400.000.000 di soldi pubblici per il loro aeroporto fino a farlo diventare più grande di quello di Milano Linate.

    Ma entrambe le persone convenute dimenticano che tra Comune e Provincia di Foggia non dialogano direttamente con il Governo perché di mezzo c’è la Regione Puglia dove i foggiani contano politicamente (se avessero sempre degli ottimi consiglieri regionali), al massimo per il 15%, percentuale di popolazione sul totale regionale.

    Dunque, i tre sistemi regionali obbligati a questo ruolo da un accordo politico intervenuto tra Moro e Togliatti, Capitanata, Terra di Bari e Salento, sono diventati una ellisse con due fuochi: Terra e di Bari e Salento.

    Per questo scrivevo che per capire la dimensione del problema, dovremmo andare a leggere ogni delibera di giunta e del consiglio regionale per avere la dimensione del trasferimento delle risorse di competenza di questo ente.

    Stavo facendo di proposito una mia ricerca, prima di intervenire sull’argomento e ho puntato la mia attenzione sulla deliberazione della giunta regionale del 2016: POR FESR 2014 – 2020.

    Vi posso fare un esempio sulla ripartizione dei fondi:
    1. 45.000.000 alla Ferrotramviaria Spa Grande Progetto Completamento Adeguamento ferroviario area metropolitana nord- barese. Lotto “Adeguamento Stazione di FBN Barletta e viabilità di Via Vittorio Veneto”
    2. Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l.: 64.000.000 per interventi in Terra di Bari e Salento.
    3. Ferrotramviaria Spa 146.000.000 per un “Grande Progetto completamento dell’adeguamento ferroviario dell’area metropolitana Nord-Barese.
    4. Ferrovie Sud Est: 173.000.000 per interventi ferroviari tra Terra di Bari e Salento.
    ……

    E potremmo continuare a lungo, delibera per delibera e fare i totali della ripartizione tra i tre sistemi territoriali.

    Certo dovremmo anche intervenire sulle dotazioni di fondi generiche per le quali non abbiano la ripartizione. Esempio: “Potenziamento delle infrastrutture e delle attrezzature portuali; Attività di dragaggio dei fondali e costruzione di specifici sistemi di protezione tesi a mitigare le recidive situazioni di perdita di pescaggio dei porti”.

    Ciò che mi meraviglia infine è il fatto che le persone convenuto, non abbiano fatto alcuna considerazione sui fatti storici che hanno impedito l’allungamento della pista del Gino Lisa per ben nove anni.

    Io una idea ce l’ho: fermarci e nel frattempo ingrandire a tal punto l’aeroporto di Bari con il fine di scoraggiare per il futuro ogni nostra velleità ad avere un aeroporto funzionante.

    Mi meraviglia anche che le persone convocate, non abbiano commentato il fatto che la politica foggiana abbia bloccato dal 2012 ogni richiesta di referendum sul distacco della Capitanata dalla Terra di Bari e Salento, violando gli statuti ed i regolamenti che l’ente Provincia si è dato da solo senza convocare la cosiddetta società civile.

    La Costituzione lo consente all’art. 132. Dopo l’istituzione delle attuali regioni amministrative, i costituzionalisti lasciarono una porta aperta al cambiamento. L’art. 132 della Costituzione, recita che “una provincia può cambiare regione tramite referendum”.

    La corte costituzionale è ulteriormente intervenuta sul caso sostenendo che a votare è soltanto la popolazione della provincia interessate mentre la regione di uscita e quella di entrata possono esprimere soltanto un parere vincolante.

    E’ infine il Parlamento che ratifica.

    Concludo con l’invito al Presidente della Provincia Gatta, di convocare l’assemblea dei Sindaci della Capitanata perché la presentazione delle firme richieste è stata da me effettuata in data 7 ottobre 2019 e la scadenza di 90 giorni è avvenuta il 6 Gennaio 2020. Quando tempo dovremo ancora attendere?

    Ecco, è questa la responsabilità della politica provinciale, essersi abituata a permanere in questa regione baricentrica perché la sottomissione culturale è forte e manca il coraggio delle decisioni fondamentali.

  3. Personalmente sposo in pieno quanto detto da Inserra, dal prof Barbieri, dal signor Filippo e da De Tullio. Tralaltro Concilio con l’ultimo commento ha manifestato di non avere rispetto dei pareri altrui, insinuando cose che gli altri lettori interpellati non hanno assolutamente detto nei loro garbati e moderati interventi. Mamma mia! Buon fine settimana!

  4. Il mio commento esprimeva nel più semplice, corretto e pacato dei modi la questione dell’autoesculdersi affrontata nell’interessante articolo di Inserra, che condividevo pienamente, come condivido le parole del prof. De Tullio. Dal momento che il mio riferimento era genericamente rivolto a chi con troppa facilità tende a colpevolizzare “gli altri”, ho evidenziato il fatto che, secondo me, oggi amare questa terra significhi anzitutto sperare in una classe politica più sana, più vera, più presente e fattiva, che conosca il territorio, le sue necessità e che sia all’altezza della situazione. Gentile Concilio, NON LE PERMETTO di insinuare che “individui appartenenti alla comunità schiacciata verso il basso, anziché guardare verso l’alto per individuare le responsabilità della comunità sopraffattrice, si rivolgono con disprezzo verso la propria comunità accusandola di ogni male”…credo sia inutile stare a commentare perché non riuscirei a mantenere un atteggiamento civile rispondendo a queste assurdità che dice e che forse dovrebbe riferire a lei stesso, senza permettersi di farlo con altri, che magari per il territorio si sono spesi anche più del normale. Non dobbiamo venire a raccontare a lei quello che facciamo ed abbiamo fatto per la nostra terra. Per cui eviti insinuazioni di questo tipo. Questo è sì livore e mancanza di rispetto per le opinioni altrui. Nessuno ha fatto il suo nome o l’ha interpellata nominandola, la prego di evitare di farlo lei con me. Punto.
    Ringrazio il prof. De Tullio per il suo intervento!
    Saluti

  5. … da oltre un secolo, ma ancor più, dagli anni del dopoguerra, scontiamo l’esodo gigantesco della borghesia nostrana dall’agricoltura verso i pubblici impieghi e le professioni liberali. Ancor oggi, favoriti dalla monocoltura cerealicola, i cospicui proprietari terrieri, pigramente e senza utilità sociale, aggiungono rendita ai proventi dei loro impieghi. Una questione si fatta è veramente inquietante.

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