La storia del Foggia sotto i tappi della birra

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La storia di una squadra viene raccontata non solo da libri ed articoli di giornali, ma anche dai cimeli: gagliardetti, distintivi, figurine, e perfino tappi di bottiglie di birra.
È il caso della Birra Karamalz che per il campionato 1973-74 dette vita ad un’iniziativa originale, e molto apprezzata dai collezionisti: all’interno del tappo corona utilizzato per chiudere la bottiglia, veniva riprodotta l’immagine di un giocatore di serie A.
Quell’anno il Foggia, allenato dall’indimenticabile Lauro Toneatto, giocava nella massima divisione, e così anche i satanelli, come potete vedere nella immagine che illustra il post, si guadagnarono il loro spazio nella bella iniziativa promossa dall’industria birraria tedesca.
Di ciascuna squadra vennero effigiati 11 calciatori che, nel caso del Foggia furono: Trentini, Valente, Colla, Pirazzini, Bruschini, Salvori, Pavone, Liguori, Silvano Villa (che veniva indicato anche con il nome di battesimo, per non confonderlo con Luigi “Gigi” Villa, centrocampista, anche lui in forza al Foggia), Rognoni, Golin. Ho ricostruito le diverse posizioni in campo, aiutato dalla incrollabile memoria di Giovanni Cataleta, giornalista, scrittore e storico del calcio in rossonero. In realtà, però, la formazione vagheggiata dai promotori della collezione Karamalz non andò praticamente mai in campo.
Salvori, centrocampista che il Foggia aveva prelevato dalla Roma, pezzo forte della campagna acquisti e protagonista di un lungo tormentone, perché aveva a lungo contestato il trasferimento in Puglia fu bloccato da un infortunio e giocò soltanto nove partite.
Scese in campo assai poco anche Golin, che il Foggia aveva preso (contro il parere di Toneatto) dal Milan, nella speranza che potesse rigenerasi a Foggia, com’era successo a Rognoni. Non andò così: soltanto 15 partite per lui, e nessun gol, performance che l’avrebbe consegnato alla storia come l’attaccante rossonero meno prolifico di sempre.
Il mister ovviò all’infortunio di Salvori inventando Valente centrocampista. Rino giocò tutte le partite di quel campionato, che lo lanciò ai livelli più alti del calcio nazionale, segnando pure 3 gol. Nel pacchetto difensivo venne sostituito da Cimenti, terzino fluidificante dai piedi buoni, che collezionò 24 presenze.
In attacco, preferì spesso a Golin, il grande Rognoni (28 presenze e 4 gol), schierando a centrocampo ora Delneri (21 presenze) ora Scorsa (11).
Era un Foggia che si difendeva discretamente e produceva un notevole volume di gioco. Ma aveva il serio problema del gol. La classifica finale scontò l’assenza di un attaccante di mestiere e di peso. Di Golin si è già detto: Silvano Villa segnò soltanto cinque reti. Però era un Foggia gagliardo, compatto e tenace come il suo allenatore, che avrebbe meritato ampiamente la salvezza. Il campionato si concluse invece con una rocambolesca, immeritata e beffarda retrocessione a tavolino.
La partita della svolta (negativa) si svolge il 5 maggio del 1979 allo Zaccheria. Genoa e Sampdoria sono già matematicamente retrocesse in B, a 17 punti ciascuna. Il Foggia ospita il Verona, in quella che è un’autentica sfida per la salvezza. I satanelli hanno un punto in classifica in più degli scaligeri (22 contro 21): vincendo hanno la concreta possibilità di festeggiare la permanenza nella massima divisione.
E infatti allo stadio di Viale Ofanto quel pomeriggio c’era il pubblico delle grandi occasioni.
Ricordo quella partita come se fosse oggi, anche perché fu caratterizzata da un episodio curioso. La guardai avendo al mio fianco un solitario tifoso del Verona, finito chissà come in Curva Sud. Un bravo ragazzo. Mi raccontò che prima di venire a Foggia era stato in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, da padre Pio.
La partita fu quella che ci si poteva aspettare, data l’importanza della posta in palio. Il Verona arroccato in difesa, addirittura con il doppio libero, il Foggia che faceva gioco senza però creare grosse occasioni da gol. Il primo tempo filò via così. All’inizio della ripresa un tiro di Villa si infranse sul palo, ma al quarto d’ora il Verona passò incredibilmente in vantaggio con un’azione di rimessa del centrocampista Busatta che palla al piede superò la difesa rossonera e infilò con un tiraccio Trentini.
La timida esultanza del tifoso veronese venne stroncata da un sonoro ceffone di un tifoso del Foggia. Ebbi il mio bel daffare a placare gli animi e scongiurare guai peggiori.

Il gol del pareggio di Gianni Pirazzini in Foggia-Verona
Gianni Pirazzini protesta con l’arbitro Menicucci per la mancata concessione del rigore in Foggia-Milan

Il Foggia non ci stava a perdere e si buttò a capofitto in avanti. Diciassette minuti dopo il capitano Gianni Pirazzini rimise in parità le sorte dell’incontro, battendo l’estremo difensore ospite alla fine di una furibonda mischia in area.
Il tifoso veronese abbozzò un timido sorriso: “In fondo il pari è giusto”. Lo guardai sorridendo: aveva ancora stampata sul viso l’orma lasciata dallo schiaffo del tifoso rossonero. Non potevamo certo immaginare che Foggia e Verona avrebbero, alla fine, condiviso la medesima sorte.
Era la terzultima gara del campionato. Con il pareggio, il Foggia restava un punto davanti al Verona, ma l’aspettava un calendario terribile: la trasferta di Roma con la capolista Lazio, che aveva bisogno della vittoria per assicurarsi matematicamente lo scudetto, e poi in casa con il Milan. Più tranquillo il calendario del Verona, che doveva ospitare la domenica dopo in casa il Genoa, ormai in B, e quindi andare a Torino.
Domenica 13 maggio il sorpasso: il Verona batte il Genoa per 2-0, il Foggia perde di misura a Roma, con un discutibile rigore trasformato da Chinaglia: l’ennesimo episodio di una stagione che aveva visto spesso i satanelli danneggiati dalle scelte arbitrali: un gol fantasma con la Sampdoria a Genova, un gol in fuorigioco assegnato al Milan a San Siro.
Campionato finito qui? Neanche per sogno. Anzi, ecco il paradosso dei paradossi. Se il torneo fosse finito allora,  la sera del 13 maggio, il Foggia si sarebbe salvato. Ma il bello, anzi il brutto, doveva ancora arrivare.
La domenica successiva, entrambe le partite finirono a reti inviolate. Allo Zaccheria, anche la sfida con il Milan non mancò di suscitare polemiche a causa di un netto mani in area di rigore del milanista Turone, che l’arbitro Menicucci non volle punire con il penalty. A Torino il Verona portò a casa un punto senza grandi difficoltà: i granata giocarono la classica partita di fine stagione.
Il Foggia era in B, ma il campionato non era ancora finito.
Qui, infatti, finisce il calcio giocato e comincia quello scandito dalle carte bollate. Qualche settimana prima, all’indomani della partita Verona-Napoli, conclusasi con la vittoria dei veneti per 1-0, un quotidiano napoletano aveva dato notizia di una telefonata intercorsa tra il presidente dei gialloblu, Garonzi, e l’attaccante del Napoli Clerici, con la quale, promettendogli il suo appoggio per l’apertura di una concessionaria di auto, Garonzi aveva chiesto al giocatore di non impegnarsi nella partita con il Verona e di darci dentro nella partita successiva che il Napoli avrebbe disputato proprio con il Foggia, al San Paolo (finì 1-1).
L’evidente tentativo di truccare le due partite non andò in porto, perché Clerici non volle saperne (risultò tra l’altro tra i più combattivi) ed informò della telefonata i suoi dirigenti. Appresa la cosa, i dirigenti del Foggia chiesero alla FIGC l’apertura di un’inchiesta, il che avvenne subito dopo la conclusione del torneo.
Il Foggia aveva in tasca la salvezza, che le però fu negata in quanto il sodalizio rossonero rimase esso stesso impigliato in una inchiesta per illecito sportivo.
Poco prima dell’inizio di Foggia-Milan, il segretario del Foggia, Giuseppe Affatato, su mandato del presidente Antonio Fesce, aveva fatto dono alla terna arbitrale di tre orologi.
Una ingenuità, una leggerezza che costò carissimo al Foggia. Ho avuto modo di parlare dell’episodio con lo stesso Affatato, che è una persona di specchiata onestà morale, e che si è sempre dichiarato innocente: “ma quale corruzione, non ci fu nessuna richiesta di favori, era un omaggio, un regalo che il Foggia voleva fare alla terna arbitrale, senza nessun altro fine.  Si può mai cercare di truccare una partita, nello spogliatoio dell’arbitro?”
In realtà, che lassù il Foggia non fosse amato, lo si era capito da tempo. Il processo sportivo si concluse con la retrocessione del Verona all’ultimo posto della classifica e con sei punti di penalizzazione per il Foggia. Entrambe le squadre finirono in serie B, a vantaggio della Sampdoria che – udite! udite! – era partita con tre punti di penalizzazione proprio per un altro illecito sportivo: un tentativo di corruzione indiretta, un premio a vincere che aveva coinvolto nel campionato precedente l’Atalanta.
Un delitto perfetto, insomma.
Vedete quante cose, quanta storia può nascondersi dietro innocenti tappi di bottiglia di birra?
L’iniziativa dei “campioni di calcio sotto il tappo” promossa dalla birra analcolica  Karamalz non è stata ripetuta. Doveva avere come scopo la diffusione del marchio in Italia, ma non fu così. La Karamalz continua ad essere molto popolare in Germania, ma sconosciuta in Italia. Chi l’ha provata assicura che ha un sapore molto particolare, più da pepsi o coca cola che non da birra vera e propria. Viene fabbricata utilizzando luppolo al caramello.
I tappi a corona hanno invece una certa diffusione nei circuiti dei collezionisti. Li si può trovare su e-bay, ad un prezzo che oscilla tra i 5 e i 7 euro a tappo. Cin cin.
Geppe Inserra

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “La storia del Foggia sotto i tappi della birra

  1. Felice scoperta, bellissimo ricordo, godibile narrazione. Ha scosso anche i miei sedati ricordi di giovanissimo tifoso del Foggia, almeno a proposito della partita col Verona e non della originale collezione.
    Ma…, caro Geppe, non si può far passare il sonoro ceffone elargito da un ultras rossonero all’unico tifoso veronese, per un gesto quasi fisiologico e, sotto sotto, giustificabile.
    Cordialmente.

  2. Bellissimi ricordi o quasi.. visto l’esito di quel torneo. In quell’anno giocavo nella ” Primavera” del Foggia e quella partita senz’altro l’avrò vista vicino alla tribuna e mi ricordo bene avendo 45 di scarpe mettevo quelle di Pirazzini… quelle che non metteva lui, respiravo da vicino i calciatori del Foggia perché il giovedì c’era la partitella interna. Grazie per aver rispolverato questi ricordi e sinceramente non ricordo dei tappi, un cordiale saluto.

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