Rinvenuta l’Iconavetere, Foggia divenne una delle città “più cospicue”

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Il Saggio istorico e coroncina della taumaturga immagine di Maria SSa d’Iconavetere ossia de’ Sette Veli che si venera nell’insigne basilica di S.Maria Maggiore nella città di Foggia scritto da Giuseppe Niccola Spada, messo a disposizione da Google Libri nella sua edizioni più antica, è prezioso, come ho già detto in un altro post, non soltanto perché offre dettagliate notizie sul culto dell’Iconavetere, ma anche perché lascia testimonia l’importanza raggiunta dal capoluogo dauno, per alcuni versi proprio grazie alla sua patrona.
IL RAPPORTO PROFONDO TRA FOGGIA E LA SUA PATRONA
Leggere le prime pagine del volume provoca un’emozione profonda, perché raccontano – come si diceva prima – da un lato il legame profondo ed indissolubile che esiste tra Foggia e la sua patrona, e dall’altro certificano l’importanza della città “capitale – come scrive Spada – di una delle più vaste e ricche provincie nel regno delle due Sicilie”.
Qui – prosegue l’autore – “si venera la sacra immagine di Maria SS. in Cielo Assunta , effigiata sopra un tavolo di cedro , o di cipresso che per l’antichità non ben si distingue. Esso è coperto da un gruppo di settemplice veli di tela , forse intessuti di seta all’uso Greco; per cui viene chiamata la Madonna de sette veli, o di Iconavetere per dinotarne la  sua antichità.”
L’autore passa quindi ad illustrare le possibili origini del quadro: “Dicesi che Lorenzo vescovo Sipontino  a cui fu rivelata l’apparizione del Principe degli Angioli S. Michele là sul monte Gargano, sotto il pontificato di Pelagio, avesse fatto su due tavole di alloro, mirabilmente cadute innanzi al suo palazzo , da perito pennello dipingere due immagini di nostra Signora Assunta al Cielo, di cui in prosieguo una donò alla città di Lucera , e l’altra a quella di Arpi.”

Spada cita anche un’altra possibile origine del quadro, traendola da quanto padre Cavaliere Domenicano, vescovo di Gravina , sostiene nel suo libro Il Pellegrino al Monte, e cioè che al tempo di Leone Iconoclasta, “nell’anno 600 fossero trasmesse a Lorenzo , vescovo Sipontino , due immagini dell’Assunta , dipinte dall’Evangelista S. Luca sopra legno , le quali furon tolte dalle mani dei persecutori, e che di queste una fu donata a Lucera , e l’altra ad Arpi.”

IL SACRO TAVOLO E L’ICONOCLASTIA
Chi ha ragione? Spada accenna anche al racconto di “un antico Canonico dell’ insigne Chiesa di Foggia, D. Ottavio Coda,” che “conciliando le due indicate opinioni con l’autorità di Guglielmo Durando in un libriccino da esso pubblicato , afferma che la sacra immagine venerata in Foggia fu opera di S. Luca, dipinta sopra un tavolo di lauro, di cipresso, o pure di cedro, non potendosi come dicemmo , ben distinguere per l’antichità , e che fosse quella stessa , che in Costantinopoli per più tempo fu adorata , rimanendo sempre coperta da veli , i quali prodigiosamente da per loro si aprivano in ogni sabato, mostrando il volto della Vergine a tutti gli adoratori, e ricopriansi poi anche prodigiosamente all’ imbrunir della sera.”
“Sottratta in prosieguo dalla strage – prosegue Spada, sempre citando quanto scrive Coda – e crudeltà di Xenaja Persiano Iconoclasta , fu serbata da S. Lorenzo Majorano , il quale divenuto Arcivescovo di Siponto la condusse seco da Costantinopoli, e ne fece dono alla città di Arpi, città cospicua , e Sede Vescovile, sotto il dominio dell’ Imperadore Greco , stretta congiunto all’Arcivescovo Majorano. In Arpi fu adorata per molti anni , senza che si faccia motto alcuno del suo mirabile scoprimento.”
“Al declinare del settimo secolo – dice ancora l’autore – l’Imperadore Costante li approdò in Taranto , e diresse le sue armi contro Siponto, Erdonia, ed Ecana. La città di Arpi, come collegata restò distrutta. Da un divoto del picciolo numero de’suoi abitanti , scampati dalla spada sterminatrice del vincitore, udita la persecuzione degl’ Iconoclasti , e le stragi che in Occidente dai successori di quel Costante facevansi , nascose la sacra immagine avvolta in vari drappi di lino , e di seta per sottrarla alla rapine dei barbari. II luogo restò a tutti celato , ed occulto ; solo disse che nelle loro campagne vi era nascosta-, e depositata, la sacra immagine.”
IL MIRACOLO DEL PRODIGIOSO RITROVAMENTO
Ma veniamo al successivo rinvenimento, che così viene descritto da Giuseppe Nicola Spada: “Un miracolo nel 1073 ne scopri il sito, come lo afferma una costante, e non interrotta tradizione giunta fino a noi. Radunate in quel sito basso, ove la sacra Icona fu celata, per le copiose piogge cadute, rimase il luogo inondato. Le persone Arpensi ivi ritirate , dopo l’esterminio della loro patria, per la custodia de’ granai ove riponevano il ricolto , innalzarono delle capanne , e picciole casucce per loro ricovero. Un bue menato a quel luogo a dissetarsi si vide genuflettere in atto di adorazione, osservandosi in pari tempo su quelle acque svolazzare tante fiammelle per corteggiare la Divina Madre , che volevasi mostrare qual simbolo di amore alla nascente città di Foggia.”
A ciò che Foggia sarebbe diventata l’autore dedica una nota quanto mai eloquente, in calce alla pagina dieci: “Questa città prima fu detta Foxa , indi Foja, in Greco lume , e splendore , forse per le fiammelle apparse sulle acque. Ora è detta Foggia , in latino Fovea , forse anche dalle fosse onde è cinta, perchè era il granajo della Puglia, e degli Arpensi , e da picciolo  villaggio, e da’ pochi abitatori al presente è una delle più cospicue città del regno, e la più mercantile. Il sito ove fu trovata la sacra immagine, al presente è il largo del Barone Saggcse contiguo alla Chiesa Matrice.”
Per scaricare l’edizione digitale del libro di Spada bisogna collegarsi a Google Libri ed inserire nella casella di ricerca termini adatti (per esempio “coroncina iconavetere”). Seguire quindi le istruzioni per poter scaricare il libro, nella versione desiderata (.pdf o .epub).
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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “Rinvenuta l’Iconavetere, Foggia divenne una delle città “più cospicue”

  1. Da Nico Baratta:
    La digressione storica dell'iconografia della nostra amatissima Madonna dei Sette Veli o dell'Iconavetere trascritta dal buon e sempre attento Geppe, è un diamante incastonato nella memoria di una città che ha bisogno di ricordare per ritornare a tempi migliori. Uno sprone per tutti i foggiani che dovrebbero ricordare nel momento opportuno a chi affidare le proprie volontà e future scelte a chi merita e a chi, senza indiscussi fini ad personam, potrebbe cambiare malcostumi locali. Ora, senza proseguire nella discussione di pura opinone politica, secondo il mio modesto parere la pubblicazione di Geppe è l'ennesimo buon tentativo di ridare alla storia foggiana la sua importanza storica e cultura che abbaimo l'obbligo di tramandare ai nostri figli e non solo attraverso l'educazione e la formazione tra le mura domestiche, bensì tra quelle scolastiche, semmai dedicando un po' del prezioso, ma oramai ridotto, tempo di professionisti del settore. Come pure, questa pubblicazione, dovrebbe incitare i nostri amministratori a progettare e compiere eventi specifici utilizzando i nostri contenitori culturali, anche quelli per ora chiusi o malgestiti, riempiendoli di foggiani da attrarre con mostre pittoriche e iconografiche, anche setemporanee, serate teatrali e canore con tanto di concerti musicali, letture di libri (con tanto di interprete per il linguiaggio dei segni) coinvogendo i più giovani, futuri cittadini responsabili (si spera e se rimarranno) della nostra amatissima città di Foggia. Insomma, investire nella cultura locale è un volano da non sottovalutare, sempre che si abbia la voglia di farlo. Ad Maiora!

  2. da Nico Baratta:
    La digressione storica dell'iconografia della nostra amatissima Madonna dei Sette Veli o dell'Iconavetere trascritta dal buon e sempre attento Geppe, è un diamante incastonato nella memoria di una città che ha bisogno di ricordare per ritornare a tempi migliori. Uno sprone per tutti i foggiani che dovrebbero ricordare nel momento opportuno a chi affidare le proprie volontà e future scelte a chi merita e a chi, senza indiscussi fini ad personam, potrebbe cambiare malcostumi locali. Ora, senza proseguire nella discussione di pura opinone politica, secondo il mio modesto parere la pubblicazione di Geppe è l'ennesimo buon tentativo di ridare alla storia foggiana la sua importanza storica e culturale che abbiamo l'obbligo di tramandare ai nostri figli e non solo attraverso l'educazione e la formazione tra le mura domestiche, bensì tra quelle scolastiche, semmai dedicando un po' del prezioso, ma oramai ridotto, tempo di professionisti del settore. Come pure, questa pubblicazione, dovrebbe incitare i nostri amministratori a progettare e compiere eventi specifici utilizzando i nostri contenitori culturali, anche quelli per ora chiusi o malgestiti, riempiendoli di foggiani da attrarre con mostre pittoriche e iconografiche, anche estemporanee, serate teatrali e canore con tanto di concerti musicali, letture di libri (con tanto di interprete per il linguaggio dei segni) coinvogendo i più giovani, futuri cittadini responsabili (si spera e se rimarranno) della nostra amatissima città di Foggia. Insomma, investire nella cultura locale è un volano da non sottovalutare, sempre che si abbia la voglia di farlo. Ad Maiora!

  3. Caro Geppe, sono d'accordo nell'opera di riscoperta del radici di questa città per cercare valori identitaria comuni, ma questo non si può fare sulle favole e sulle contraddittorie ricostruzioni storiche come quelle di Spada. Sarebbe ora di tentare una rilettura critica delle origini di Foggia e quindi del culto di Santa Maria, poi denominata Icona Vetere e in ultimo Madonna dei sette veli

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