Il brogliaccio del Pensatoio

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Quanto segue è una sorta di brogliaccio degli appunti che ho avuto modo di raccogliere durante diversi incontri tra don Tonino Intiso, il gruppo del Centro Diocesano degli anni 70-80, esponenti della società civile e del mondo cattolico foggiano.
Si tratta di riflessioni “forti”, com’è la regola nel pensiero di don Tonino, che tratteggiano il suo sogno e il suo progetto di un Pensatoio a servizio della città di Foggia, di una Foggia più solidale. In corsivo trovate le mie riflessioni. Sottolineati invece gli aspetti che potrebbero essere ripresi per dare concretezza e definire i contorni organizzativi del Pensatoio. Dal momento che il Pensatoio intende essere una risorsa a servizio della città, d’intesa con il sacerdote foggiano, apriamo la riflessione e la discussione a tutti quanti vogliano parteciparvi. Per manifestare il proprio interesse e prendere parte alla fase costituente del Pensatoio, cliccare qui. 
INCONTRO CON ARCI, ACLI, ANTEAS USP CISL, CONFARTIGIANATO, AUSER, SPI CGIL
A Foggia non c’è un progetto di città, ma non c’è neanche un progetto di Chiesa. A cosa servono quattro Ipab? Come potrebbero essere fattori propulsivi per una nuova qualità dei servizi assistenziali? 
Il deserto di oggi è la conseguenza di un processo di rapido declino della città. Una volta non era così. Basta volgersi indietro per individuare momenti forti vissuti da Foggia negli ultimi decenni, come la Giornata internazionale della Lebbra, la radioterapia. Anche per questo è importante conservare la memoria, perché dal ricordo di ciò che siamo stati ed abbiamo fatto possano sprigionarsi nuovi impulsi per il futuro.

Non vogliamo fare un’altra associazione, ma piuttosto promuovere una piattaforma comune tra quanti lo desiderino. Non c’è un progetto, ma per fare un progetto è necessario guardare, analizzare, capire. Un esempio: promuovere momenti di lettura collettiva dei giornali, comparata con il Vangelo, per vedere Dio all’opera, Dio che diventa storia.
Mettere (rimettere) in movimento la solidarietà è possibile. Ma è necessario prima di tutto ritrovare certi ritmi: aiutare la gente a fermarsi, a capire, a progettare. I veri poveri di oggi sono i poveri di cultura.
La solidarietà è crescita di convivenza. Siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri. Di fronte a questa interdipendenza, la sola risposta possibile è la solidarietà, unica via per uno sviluppo sostenibile. 
Osare più solidarietà implica un progetto da pensare insieme, senza che nessuno smetta di fare quello che sta facendo. Mettere in movimento un luogo dove si discute a partire dall’obiettivo condiviso del bene comune. 
(E questo luogo, visto anche quanto è accaduto dopo con la disponibilità mostrata dall’Arciconfraternita dopo la pubblicazione dell’appello sulla Gazzetta del Mezzogiorno, mi sembra sia naturalmente il Carmine Vecchio).
Il recupero della memoria è molto importante, perché consente di partire dalle cose che sono già state e che si sono già fatte. Fare capire ai giovani che ci sono difficoltà ma che si possono superare. Se queste cose sono avvenute, possono ancora accadere.
L’ultimo fine è il bene comune, ma non può essere trovato senza solidarietà.
Il contesto dell’incontro che si è svolto nel salone dell’Auser in via della Repubblica era quello della “ricerca di un tetto”, prima che si facesse avanti il Carmine Vecchio. Le riflessioni di don Tonino mi sembrano disegnare bene quella che potrebbe essere una prima attività di animazione da svolgere al Carmine Vecchio. Ed anche in tempi abbastanza stretti.

I INCONTRO PRESSO CARMINE VECCHIO (SI RITROVANO QUELLI DEL CENTRO DIOCESANO)

Introduzione Savino Russo
Ci ritroviamo dopo tanti anni che ci hanno plasmati, trasformati, consumati.
Abbiamo preso strade diverse da quelle che avevamo progettato.
Nei momenti più difficili ho sentito forte il rincrescimento che un’intera generazione è rimasta ai margini. Fedelmente fessi, come don Tonino. Ci siamo persi a livello ecclesiale. Ma è rimasto saldo il legame con Tonino.
Se devo trarre un bilancio, dico che il solo punto fermo è che sono stato non dico un buon cristiano, ma almeno una persona perbene.
L’ottimismo di don Tonino che risponde:
Dopo tanto tempo siamo ancora qua. Ed è da questo che dobbiamo partire, rendendone grazie a Dio. La sfida oggi è pressante come quella di quarant’anni fa: viviamo un momento di crescente disumanizzazione, c’è da rieducare l’uomo.
Quarant’anni fa ci abbiamo provato, e siamo arrivati ad oggi. Siamo ancora qua, e siamo storia.
Abbiamo avuto più degli altri, e perciò non possiamo stare fermi. 
Dobbiamo aiutare la città a ritrovare la verità di sé con la proposta, lo studio. Vivere alla luce della fede il terrore che tua moglie ti ha lasciato, che tuo figlio non trova lavoro. 
Se mi fermassi, tradirei me e tradirei voi. I cristiani stanziali sono morti viventi. Come quarant’anni fa, dobbiamo chiederci: cosa vuole Dio da me? Cosa vuole Dio da noi?
Il gruppo doveva rompersi perché ognuno di voi doveva partire per la sua vocazione
Ma oggi è necessario un rinnovamento della Chiesa e della pastorale. Ma proprio per questo è urgente un impegno nuovo dei laici, che rompa il clericalismo, così come indicava il Concilio. Il male della Chiesa è il clericalismo, ma anche ai laici in fondo fa comodo delegare tutto ai preti, alle gerarchie.
La chiesa ecclesiale cammina insieme, fa insieme il proprio percorso. E’ chiesa comunità; è chiesa mondo: tu e Dio, noi e Dio in un progetto comunitario che è comunque sempre un progetto personale, che ci chiama in causa come individui. Oggi manca completamente il tempo dalla ricerca. Dobbiamo ripartire da qui, e rimetterci in viaggio, avendo e ritrovando la consapevolezza che è il difficile che è il cammino e non il cammino che è difficile. 

II INCONTRO CARMINE VECCHIO
Sono assolutamente illuminanti le parole con cui Gino Amoroso, priore dell’Arciconfraternita del Carmine ha aperto l’incontro, motivando le ragioni che hanno spinto la confraternita ad offrire una sede per le attività di don Tonino e del costituendo Pensatoio. “Quando abbiamo letto sul giornale (si tratta dell’appello pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno che ha pubblicato un mio comunicato, ndr) abbiamo pensato che era una grandissima occasione da prendere al volo.”
Don Tonino, il Pensatoio, come occasione e come opportunità.
L’intervento di don Tonino
Ormai libero che impegni pastorali istituzionali, offro alla città la mia disponibilità. Sono qui per offrire un servizio e sapere se la città vuole accoglierlo.
Il Pensatoio intende essere un lab-oratorio, un oratorio nella mentalità di San Filippo Neri, che rilanci il progetto culturale della CEI, di cui si sono ormai perdute le tracce: progetto culturale come fatto autonomo dei laici in seno alla Parrocchia.
Il Pensatoio dovrebbe offrire la possibilità a chi deve operare scelte che riguardano la città di avere un tempo, uno spazio per riflettere, rilanciando l’idea della città come bene comune.
Bisogna partire dalla consapevolezza che in un mondo complesso com’è quello che viviamo, non è più possibile dare risposte semplici. 
Il Pensatoio: un occhio sulla città che vuole mettere assieme persone che credono che non si possa più andare con superficialità sui problemi e che nello stesso tempo indichino alla chiesa locale che la spiritualità dev’essere accompagnata dalla cultura, se no è mondanità spirituale.
A distanza di cinquant’anni dal Concilio sento ancora dei cristiani che si nascondono dietro la frase “l’ha detto il prete”. Non ce l’ho con l’Arcivescovo, ma con il cristianesimo da quattro soldi della chiesa locale. Nulla è più attuale della Bibbia nella storia.
Don Tonino conclude elencando alcune possibili iniziative che potrebbero essere promosse dal Pensatoio (il punto è quando? Trovare preventivamente “le persone solidali al progetto” oppure più semplicemente mettersi in viaggio, calendarizzando una serie di iniziative pubbliche e sperando che queste via via aggreghino persone?):
  • un occhio sulla città per il bene comune;
  • allestimento di sala lettura;
  • realizzazione di un foglietto periodico di controinformazione;
  • costituzione di un gruppo editoriale che si premura di comunicare, di suscitare momenti di comunicazione circolare;
  • corsi permanenti sul bene comune e sul Concilio;
  • centro di ascolto.
Rimetto questi appunti alla riflessione comune. Secondo me ce n’è abbastanza per tirare fuori un progetto che non può che avere la sua sede naturale nel Carmine Vecchio, ovviamente studiando qualche soluzione provvisoria per custodire la Biblioteca e nello stesso tempo cominciare a lavorare all’Archivio di don Tonino, che – soprattutto quest’ultimo – costituiscono magna pars del progetto.

Geppe Inserra
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Author: Geppe Inserra

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