Antonucci: “Valorizzare la Capitanata come territorio-snodo”

L’ing. Eustacchio Franco Antonucci è un po’ la memoria storica per quanto riguarda i grandi temi dell’infrastrutturazione a supporto dello sviluppo e dell’urbanistica foggiana. Di tanto in tanto, regala ai suoi amici del social network note molto lucide e intelligenti, che sempre di più, però, restano una vox clamantis in deserto, una voce che grida, vanamente, nel deserto politico e culturale di casa nostra.
L’ultima riflessione di Antonucci riguarda un tema nevralgico per il futuro della Capitanata, sul quale il territorio sta accusando una inquietante stagnazione da alcuni anni: porti e sistemi ferroviari.
Si sente e si legge spesso che una delle maggiori risorse che la provincia di Foggia dovrebbe investire per la ripresa è rappresentata dalla sua favorevolissima posizione geografica, che la rende una naturale cerniera tra il Nord e il Sud, e che è rafforzata dalla presenza di una rete di infrastrutture di trasporto di prim’ordine.
Ma c’è il rischio concreto che resti una dichiarazione di principio, non tradotta in realtà da progetti e iniziative concrete. È su questi temi che interviene Antonucci, traendo spunto dal recente confronto televisivo tra il Ministro alle Infrastrutture e Trasporti Del Rio e il filosofo Massimo Cacciari, che hanno messo il dito nella piaga dell’inefficienza del sistema portuale nazionale e della scarsa coerenza tra questo e il sistema ferroviario. Problema cruciale, in uno Stato come il nostro che si estende quasi interamente su una penisola. Ma problema di grande importanza anche per la Capitanata, che in materia di porti e strade ferrate potrebbe svolgere una funzione di rilievo nello scacchiere pugliese e meridionale.
Con molto realismo e rara capacità di sintesi, Antonucci snocciola “alcune trascorse questioni logistiche di Capitanata” elaborando alcune idee su come possano essere affrontate con successo. Ed ecco le sue riflessioni.

Primo. Il grande Porto industriale di Manfredonia, dopo la dismissione dell’Enichem non interessa più a nessuno. Sta lì come un gigante moribondo, nel cimitero degli elefanti. Dell’Interporto di Cerignola anche peggio.
Secondo. Anni fa era stata ipotizzata una Piattaforma portuale pugliese (una specie di immenso molo proteso al centro del Mediterraneo), attraverso un concreto “sistema portuale pugliese”, sotto un’unica Autorità portuale. Così valorizzando la sottaciuta sinergia territoriale vasta. Nulla è stato fatto perché ha prevalso la competizione politica municipalista.
Terzo. Un grande progetto ASI di qualche anno fa – per il quale anche il sottoscritto si è inutilmente speso – puntava sull’interconnessione territoriale integrata tra l’attivo Scalo ferroviario intermodale del Polo centrale Incoronata ed il Porto di Manfredonia. Questo progetto ha solo guadagnato un posto simbolico nell’ampolloso Piano strategico di Area vasta Capitanata 2020. Oggi questa ipotesi avrebbe, invece, un nuovo senso nel tentativo di legare il Porto di Manfredonia al sistema ferroviario di lunghe dorsali nazionali e comunitarie. Comprese le Autostrade del Mare proprio in corrispondenza di Foggia-Cerniera.
Quindi di valorizzare lo stesso sistema portuale di Manfredonia come valore aggiunto alla maggiore utilità dell’Alta capacità Napoli-Bari.
Quindi una prima “mossa” per delineare la macrostruttura-chiave del grande Territorio-Snodo di Capitanata.
Quindi facendo leva anche sulla sua ricca conformazione urbana pentapolare, umiliata ancora una volta dall’individualismo municipalistico tipico delle cinque città di Capitanata e della Puglia più in generale.

Che pensano gli amici e i lettori di Lettere Meridiane del sasso gettato da Eustacchio Antonucci nell’acqua stagnante del dibattito sullo sviluppo? Il confronto è aperto.

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Author: Franco Eustacchio Antonucci

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