Foggia bella, dice la milanese. Visita Piazza Tavuto, risponde il foggiano

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L’infinita querelle se Foggia sia brutta o bella, alla quale tanti post e tante discussioni ha dedicato Lettere Meridiane approda su Gli Stati Generali, serissima testata on line che si prefigge l’ambizioso obiettivo di “integrare l’essenziale del giornalismo professionale di interesse pubblico e la ricchezza del giornalismo partecipativo, espresso dai saperi diffusi nella società ma spesso poco valorizzati dal sistema dei media esistente o dispersi nella rete”.
A porre la questione Sara Fumagalli, giornalista milanese che a Foggia ha trascorso le ultime vacanze natalizie, e che racconta questa sua esperienza in un post intitolato “Ma Foggia è la città più brutta della Puglia?”.
Decisamente no, secondo la brava Sara che adombra il timore che i foggiani possano essere affetti in modo particolarmente virulento da quel virus sempre più diffuso che è “il pessimismo ontologico e masochista italiano”.
“I foggiani che conosco qui al nord – scrive – ne parlano malissimo: sono fuggiti, dicono, da un ambiente chiuso, fermo, dove non accade nulla, dove manca tutto, non solo il lavoro.”

Dopo un primo impatto non entusiasmante, il rapporto di Sara Fumagalli con Foggia migliora decisamente, per merito di quella “bellezza che bisogna andarsi a cercare”, scrive la blogger che, dopo il classico giro per conoscere le bellezze note (la Cattedrale, il Teatro, la Villa comunale) rimane conquistata soprattutto della Chiesa dei Morti e dagli Ipogei, soprattutto questi ultimi simbolo di una bellezza sommersa, che una certa parte di foggiani illuminati si sta adoperando per riportare metaforicamente alla luce. “Un tempo – scrive Sara Fumagalloi – i foggiani camminavano a livello della pavimentazione degli Ipogei e me li immagino fieri della loro città. Prima che il cemento come un cancellino sulla lavagna sradicasse la storia per farne costruzioni abusive o negozi dove si vende e ci si svende al miglior offerente. Eppure quei cunicoli sotterranei, probabilmente comunicanti tra di loro, indicano una mappa, una storia tutta da ricostruire che sta lì ad aspettare di essere scoperta, amata e valorizzata.”

La conclusione tratta dalla giornalista è che “Foggia non è una brutta città, i tesori ci sono, ma la bellezza bisogna andarsela a cercare.”
E’ proprio così? Non è d’accordo Antonio Vigilante, docente foggiano che vive a Siena, e che ha spesso animato Lettere Meridiane con le sue acute riflessioni. Anche Vigilante  è un blogger de Gli Stati Generali, e non gli sono sfuggite le riflessioni dedicate da Sara Fumagalli alla sua città d’origine.
Al valore simbolico degli Ipogei come bellezza sommersa, Vigilante contrappone la cosiddetta Piazza Tavuto, come paradigma di una bruttezza non solo estetica, ma anche civile e culturale.
Sara Fumagalli – scrive Vigilante  – “parla della cattedrale, della villa comunale, del teatro, degli ipogei. La scena, insomma. L’impressione è che non si sia spinta molto oltre, che non abbia visto granché del retroscena. Se non si si allontana dal centro storico, l’impressione è quella: una città non bella, ma nemmeno brutta; un posto in cui si può vivere. Ma basta spingersi qualche passo più in là per scoprire l’altra Foggia. Basta fare qualche passo oltre palazzo Dogana, attraversare via Michele Angiolillo (un anarchico foggiano che a fine ottocento fece fuori il capo del governo spagnolo) per ritrovarsi in piazza Tavuto. Sulle cartine non esiste, Piazza Tavuto. Non è nemmeno una piazza. Un piccolo slargo che fino a qualche anno fa era in terra battuta e che il comune, in uno slancio di generosità, volle cementificare. A modo suo: costruendoci un’aiuola a forma di bara, da cui il nome. Il tentativo di riqualificazione si è rivelato subito infelice: i pochi, esili alberi piantati sono stati estirpati, la piazzetta è stata adibita a discarica e il tavuto è stato fatto saltare in aria dai ragazzini del quartiere la notte di capodanno di qualche anno fa.”
Proseguendo nella sua narrazione delle brutture foggiane, Vigilante elenca l’ex Onpi. i container del Campo degli Ulivi, il degrado e la disgregazione di Candelaro. E conclude: “La domanda sulla bellezza di Foggia è oziosa. A chi importa se Foggia è bella o brutta, se c’è gente che vive nei bassi, nei container, nelle grotte? Andatelo a chiedere a un bambino che cresce in una grotta, con l’umidità, senz’aria, se Foggia è bella o brutta. Foggia è una città nella quale la povertà ha spinto e sta spingendo sempre più migliaia di persone verso condizioni di vita che non hanno molto a che fare con gli standard del cosiddetto primo mondo. Una città nella quale il malessere, la sofferenza, lo sconforto, la delusione, la rabbia sono palpabili – si respirano con l’aria, si toccano con le cose. Impregnano ogni sapore, colorano ogni visione. Il gesto dei ragazzini che fanno saltare in aria l’aiuola a forma di tavuto è un gesto ciecamente politico, un atto di ribellione inconsapevole. Che può prendere altre forme, più pericolose: dalla violenza gratuita del vandalismo alla delinquenza vera e propria.”
E voi, cari amici e lettori di Lettere Meridiane, che ne pesate? Date ragione alla milanese Fumagalli o al foggiano Vigilante?
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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Foggia bella, dice la milanese. Visita Piazza Tavuto, risponde il foggiano

  1. La Storia siamo noi, cioè la fanno le persone. Ma le persone sono anche numeri. Indicano uno stato di cose, una tendenza. Vivo a Foggia dal 1966: venivo da una cittadina del Brasile interno, dove convivevano tante etnìe e nazionalità. Nessuno ti giudicava dal colore della pelle. Arrivato a Foggia, dopo solo pochi mesi sono costretto a usare gli occhiali da vista e sùbito i primi epìteti: "quattucckie"; metto su qualche chiletto (perso nel giro di un anno) e giù con "ciacciutt d'mmerd". Una domenica mattina dalla finestra di casa vedo passare un ragazzino di colore davanti la Chiesa del Carmine Nuovo (allora era ubicata in un garage di via Luigi Sturzo, in attesa della nuova sede in viale I Maggio): gli si attornano prima due, poi quattro, poi sette-otto ragazzi che cominciano ad apostrofarlo. Era il 1967.
    Cosa voglio dire. Che questa città per molti versi è migliorata: più case, più quartieri nuovi, più servizi, più attività. Ma chi detta le regole da un lato è ancora la politica bene affiancata dai lupi del cemento. Dall'altro è sprofondata nel degrado, nell'ignoranza civile elevata a sistema, nel clima da far-west che proprio qualche giorno fa ha visto il famoso quartiere Candelaro teatro per le gesta di gente senza scrupoli che per una birra non pagata (non sto scherzando) ha sparato in pieno giorno all'impazzata, col rischio di ammazzare bambini o semplici passanti!
    Parlavo di numeri (ne ho parlato almeno altre due volte in riflessioni o post precedentemente ospitati da LM): la tendenza è inesorabilmente quella. Tra l'altro da quasi un ventennio ci sono anche le statistiche di 'Sole 24 Ore' e 'Italia Oggi' a fotografarci dal di dentro.
    Si va sempre più giù, con buona pace dell'ottimismo della volontà (sempre apprezzabile, ci mancherebbe) di Sara Fumagalli.
    Ai foggiani si può attribuire di tutto ma una cosa non avranno mai: l'umiltà. Che ti fa capire se stai facendo bene o male, che ti aiuta a smarcarti in mille situazioni. Niente umiltà ma tanta furbizia, in ogni dove: nelle file, nei parcheggi, ai semafori, nell'informazione, negli scontrini non dati o falsificati.
    Finchè il trend non cambia non se ne esce dal pantano (e Foggia, guarda caso, è nata su un pantano). Ma il trend chi può cambiarlo? Le persone, direte. Perfetto. Ma le persone chi, come e in quanto ragionevole tempo cambiano?
    Da quell'agosto del 1966 sono trascorsi quasi 50 anni, ed io a Foggia vivo sempre peggio, nonostante tutto il bene e l'impegno civile, politico, culturale che ho cercato (e cerco) di trasmettere.
    Il problema non sta solo nel benedire quel giovane che fa del bene per la sua città: il problema è che c'è una città che non si accorge, non apprezza e non sostiene quel giovane che fa del bene per la città.
    Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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