La crisi di Teleblu, la fine dell'editore politico

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Il licenziamento dei giornalisti e dei tecnici di Teleblu (ai quali va tutta la solidarietà di Lettere Meridiane) è l’amaro epilogo della profonda crisi dell’editoria radiotelevisiva locale. Una crisi annunciata e per molti versi determinata dal peccato originale del sistema provinciale dell’informazione e della comunicazione: la scarsità di editori puri, ovvero imprenditori che fanno della informazione e della comunicazione il loro core business.
A ben vedere, è stata proprio questa editoria “ibrida” (imprenditori che non si dedicano solo all’informazione ma fanno anche altre cose, e detengono dichiarati interessi politici)  a permettere alle televisioni della provincia di Foggia di superare la crisi degli anni Ottanta, esplosa dopo l’esaurimento dell’entusiasmo verso le “televisioni libere”. 
Quel decennio segnò il tramonto della generazione storica degli editori puri (Valverdino Della Vista a Telefoggia, Renato Forlani a Teleradioerre, Matteo Tatarella a Videofoggia) e la discesa in campo di editori con interessi politici diretti o indiretti.

L’esempio più riuscito e più stabile è rappresentato da Gianni Mongiello a Telefoggia, poi vennero, dopo alterni passaggi, Lanfranco Tavasci e Paolo Telesforo a Teleradioerre (che rilevarono l’emittente dal gruppo Tarquinio…), Antonino Filocamo a Videofoggia. Quella di Teleblu fu una storia diversa: fondata dagli Accarrino (con il nome di Erretieffe) ha sempre avuto in seno al pacchetto azionario soci un qualche interesse politico. Acquistata da Franco Cafarelli (che la trasformò in Teleblu, e cercò di esprimere un modello assai diverso e interessante di informazione politica) venne infine rilevata da Potito Salatto.
Non ho nulla contro gli editori ibridi. Ritengo, anzi che abbiano svolto un ruolo prezioso per consolidare attività economiche che sarebbero rimaste asfittiche. Però alla lunga, il gioco non regge, se l’editore ibrido non riesce a raggiungere quello che dovrebbe essere l’obiettivo di ogni imprenditore: fare in modo che i ricavi siano più alti dei costi, o almeno in pareggio, che l’attività sia almeno un poco remunerativa.
Se i conti non quadrano, prima o poi la corda si spezza, ed è quanto è accaduto troppo spesso, nella storia delle televisioni locali foggiane. Una qualità buona nei programmi, nella produzione, ma una non altrettanto buona presenza sul mercato della pubblicità, soverchiato dalla presenza di titani come le televisioni del gruppo Telenorba.
In questo senso, una così diffusa presenza di editori ibridi ha finito con il drogare il mercato, occultando conti puntualmente in rosso, coperti dall’esborso personale dell’editore ibrido di turno, trasformatosi via via in mecenate.
Potrà salvarsi Teleblu? Sì, se si troveranno altri imprenditori disposti a essere imprenditori fino in fondo, cimentandosi con il mercato. Il marchio della storica emittente foggiana, il suo palinsesto di qualità, la professionalità dei giornalisti e dei tecnici è certamente un buon viatico.
Qualcosa del genere è già successa a Teleradioerre, grazie alla bravura ed alla capacità manageriale di Euclide Della Vista, che dopo l’abbandono di Lanfranco Tavasci, con una serie di intelligenti operazioni (il trasferimento dell’azienda in una nuova sede, la riduzione dei costi di esercizio) è riuscito a scongiurare la chiusura e almeno in parte i licenziamenti, e a mantenere un’accettabile livello di qualità. 
Si tratta, insomma, di ripensare gli assetti dell’editoria radiotelevisiva, ma dal punto di vista del mercato, più che da quella della politica.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “La crisi di Teleblu, la fine dell'editore politico

  1. Caro Geppe, l'analisi è interessante, ed è lodevole come ogni tentativo di riflessione in una società come quella foggiana, che appare sostanzialmente incapace di riflettere sul proprio destino. Mi permetto di intervenire in modo critico perché penso che non serva a nessuno, men che meno ai colleghi di Teleblù, un esercizio consolatorio.
    Innanzitutto un rilievo storico: l'attuale Teleblù, la Teleradioerre di Tavasci (così come la Teledauna di Colecchia e poi di Di Carlo) furono la risposta alla ritirata della politica, che dal 1984 aveva infeudato per quasi un decennio l'emittenza locale. Non lo dico per stabilire una graduatoria di merito: sono orgoglioso di avere contribuito, con Franco Cafarelli e con sua moglie Liliana, ai primi passi di Teleblù, così come sono felice di avere collaborato a lungo con la Teleblù di Salatto e la Teleradioerre di Tavasci ed Euclide Della Vista. Sottlineo soltanto come il tema della politica, delle sue divisioni, del pluralismo più o meno genuino che determinava, si sia pari pari riprodotto nella stagione successiva, quando la politica non era più direttamente "domina".
    Lo rimarco perché sai benissimo che il peccato originale dell'emittenza locale foggiana sia stata la mancanza di una prospettiva di territorio, nel perseguire quasi ossessivamente una divisione che è andata ben oltre la legittima concorrenza. Attualmente, dopo il crollo di Videofoggia, la città di Foggia conta quattro emittenti private. Per avere un termine di paragone, sono il 10% di quelle attive in Germania. In compenso, sono pochissime le webtv dedicate alle piccole realtà (quelle che in altri Paesi d'Europa hanno una dimensione suburbana o rionale). Il progressivo inaridirsi delle fonti di finanziamento (e mi pare ingeneroso negare a Salatto il merito di avere difeso per più di vent'anni posti di lavoro veri, con contratti e buste paga in regola) ha ricevuto come unica risposta non un ravvedimento e un tentativo di unificazione, ma al contrario una corsa al dumping sempre più accentuato, il progressivo taglio degli unici costi comprimibili, cioè quelli del personale, un affievolimento e un impoverimento progressivo delle produzioni.
    In tutta sincerità non so (e non lo sapremo mai) se un agire diverso avrebbe permesso risultati migliori: la verità è che l'emittenza televisiva locale in Italia è un morto che cammina; non ignori che il "titano Telenorba" vive una situazione gravida di incubi, che solo robuste provvidenze pubbliche consentono talora di diradare. La stagione nella quale abbiamo vissuto io e te, e con minor confort i bravissimi colleghi che hanno raccolto il nostro testimone, è ormai alle nostre spalle. Il settore è obsoleto come le cabine telefoniche a gettone e i laboratori per lo sviluppo della pellicola. Stiamo tornando alla situazione che ti ha visto muovere i primi passi, quando l'erogazione delle notizie era affare di un paio di pagine della Gazzetta o di una del Tempo. Ci sono sul web (Foggia Today, Foggia Città Aperta, il Mattino di Foggia, Teleradioerre, Rec24 e chiedo scusa a quelli che dimentico) novità e spunti interessanti. È possibile, è sperabile, che l'annunciata collaborazione Teleblù-Teleradioerre rappresenti una svolta, chissà. Ma diciamoci la verità, caro Geppe: questa non è la crisi degli editori, è la crisi dell'editoria, id est della democrazia. E porta anche la firma dei troppi foggiani che hanno sempre considerato l'informazione una cosa inutile, di cui approfittare parassitariamente e di cui dir male a prescindere, nella più classica delle buttate di acqua sporca con tutto il bambino.

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