Matteo Vocale: Basta col foggianesimo vittimista, ecco come si può crescere

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Era fatale che, nella cospicua discussione fiorita tra amici e lettori di Lettere Meridiane a proposito della scarsa attenzione prestata alla Capitanata dalla trasmissione di Alberto Angela, Ulisse venisse ad un certo punto evocato il foggianesimo, nella sua accezione di patologia che porta gli abitanti della Puglia settentrionale a lamentarsi, sempre e comunque.
Nel post che ha dato la stura ai commenti (e che potete leggere o rileggere qui), pur esternando tutta la mia delusione per  le scelte della redazione di Ulisse,  io stesso sottolineavo la necessità di una riflessione autocritica sulla difficoltà che la Capitanata incontra nel promuovere serie politiche di marketing territoriale o più semplicemente nell’intercettare opportunità come quelle offerte dalla trasmissione televisiva.
Matteo Vocale ci offre una riflessione di altissimo profilo, che partendo dalla necessità di superare una volta per tutte il foggianesimo vittimista, s’interroga sulle ragioni per cui la provincia di Foggia non riesce a declinare la sua identità, la sua cultura, le sue straordinarie risorse culturali in termini di sviluppo, diversamente da quanto accade in altre parti della Puglia.
Con particolare piacere ho appreso che Vocale è il giovane segretario del circolo Pd di Sannicandro Garganico, un comune che amo molto, e che ho sempre ritenuto straordinariamente ricco di risorse, ma che non è sempre riuscito a valorizzarle come sarebbe stato il caso di fare, anche per i limiti evidenziati da Vocale nel suo articolo. Chissà che giovani come lui non riescano a propiziare quella svolta da tanto attesa.(g.i.)

* * *
Caro Geppe, accolgo di buon grado la tua osservazione sulla puntata di Ulisse. In primo luogo perché l’hai postata sotto un mio fb-status molto entusiasta. Mi emoziono, infatti, ogni volta che una rete nazionale nomini soltanto i miei luoghi, per esteso il mio Gargano.
In secondo luogo, perché la critica è il presupposto dell’augere, un termine latino non pienamente traducibile in altra lingua, se non con “accrescere”, “aumentare” in senso positivo e, quindi, “migliorare”.

Alcune righe dunque per ribadire, velato capite, per carità, che è ora di smetterla con il “foggianesimo vittimista”. Le puntate pugliesi di Ulisse, evidentemente, sono frutto di un progetto di marketing territoriale, sostanzialmente di indirizzo politico. E di questo bisogna già esser contenti, giacché trattasi di un’opera avviata già da anni orsono, grazie alla quale non solo il National Geografic ci ha dati dei “più belli del mondo” ma l’industria cinematografica italiana sta investendo nelle nostre città e nelle nostre campagne come mai avvenuto prima. Finalmente la Puglia sta diventando altro che quell’angolino d’Italia noto per grano, orecchiette, olive, sbarchi clandestini e mafie varie.
Definito oggettivamente questo, veniamo a noi. Un programma come Ulisse, presuppone individuazione dei siti, sopralluoghi sulle location, testi su cui studiare: tre aspetti che, per forza di cose, vengono forniti dai referenti locali a cui il programma si affida (in questo caso Pugliapromozione, mi pare). E non ci si può certo aspettare che il buon Alberto di turno giri ogni volta biblioteche ed archivi per ricercare “le verità storiche incorrotte”. Certi errori, a dire il vero, infastidiscono anche me. Ma si tratta di televisione, con i suoi spazi e suoi tempi dannatamente ostici e tiranni.
Ora, mi domando: perché la Capitanata bypassata? Credo si tratti del solito nostro problema di non saper ancora riempire gli spazi o di non capire quali sono gli spazi giusti da riempire. E – bene ripeterlo all’infinito – di non saper fare rete. Questa benedetta rete di cui tanto si parla ma che non riesce a pescare un pesciolino!
Facciamo allora un esempio: mi capita di leggere in giro, su vario materiale divulgativo, storie e descrizioni di luoghi così discordanti, a volte fantasiose. La Capitanata avrà una comunità scientifica anche nella cultura? La risposta è scontata, chiaro. Abbiamo radici solide da una parte e giovani virgulti dall’altra di storici, archeologi, studiosi d’arte, letterati, restauratori, spesso frazionati in rivoli di associazioni, gruppi e cooperative. Ma se questa Comunità si riunisse attorno alla Magna Capitana (la biblioteca come luogo fisico) e riscrivesse la storia città per città, sito per sito, tratturo per tratturo? Chissà, potrebbe poi capitare che si conosca finalmente la vera storia e, dunque, i veri valori materiali della nostra terra, evitando, per esempio, che beneficino sempre pochi (i soliti), a discapito di altri, giacché i “valori” attribuiti sarebbero oggettivi e scientifici. Potrebbe accadere che le amministrazioni locali si sensibilizzino, sapendo di avere qualcosa che non è proprio un cumulo di pietre vecchie (si, credetemi, siamo ancora a questi livelli!). Che si pongano limiti energici allo spaventoso mercato nero di reperti archeologici, una piaga immane che colpisce ogni angolo del territorio e non solo i ricchi centri del Tavoliere! Che si creino le basi per una rete tra i siti che porti a conoscerli, perché quando un sito, un edificio, un luogo è finalmente conosciuto nel suo valore reale e potenziale, di gente che si batte per renderlo fruibile e visibile ne esce. O accadrebbe che dove le ormai atrofizzate soprintendenze (sic!) non arrivano, la spinta della comunità scientifica locale porrebbe sicuramente un freno all’abbandono e allo stupro silenzioso e silenziato dei nostri siti (molti dei quali mai scoperti)! Si l’abbandono, perché la stragrande maggioranza dei tesori di Capitanata versa in un grave e latente stato di abbandono! Nelle cui peculiarità non oso addentrarmi.
E forse, infine, potrebbe accadere che invece di scalpitare per occupare spazi (anche politici, intendo) soliti, spesso per tornaconti di ristretto raggio, si comprenda finalmente quali sono le “azioni” fresche in cui investire.
Per dirla in breve, mi sia concessa una metafora, pur con i distinguo di tante belle realtà che stanno comunque nascendo ma che sono ancora flebili nel panorama generale. La Capitanata è un palazzo reale, pieno di gemme, gingilli, suppellettili, quadri, corredi e servizi di grande valore, completamente impolverati, alcuni chiusi da secoli negli scantinati o nelle soffitte. Di cui si continuano ad usare (senza spolverarli nemmeno tanto) soltanto quelli più in vista, perché di valore certificato dalla storia, in un’ermeneutica della continuità che sa tanto di statico e paludoso.
Proviamo a spolverare tutto, angolo per angolo: qualsiasi visitatore, anche televisivo, sarà costretto a fermarsi un po’ di più, avendo tanto da vedere e capire, privilegiando ancor più, rispetto agli altri, i valori di sempre.
La gente di Capitanata ha bisogno di riappropriarsi della sua cultura e non nelle corti o nei circoli di nicchia ma nelle scuole! Quando sapremo chi siamo, avremo la sicurezza per presentarci ovunque, rivendicando la posizione dei primi laddove siamo primi e comprendendo di essere secondi laddove, forti comunque di noi stessi, sappiamo che non si può essere primi su tutto. 

Matteo Vocale

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Matteo Vocale: Basta col foggianesimo vittimista, ecco come si può crescere

  1. Grazie Matteo Vocale per quello che scrivi. Mi sento gratificato per l'impegno che sto mettendo nel perseguire il progetto Pro Capitanata, RETE informale tra Sistema Politico e Sistema Produttivo dei territori della Capitanata. Sto seguendo questo progetto dal 2009 per consentire al mondo di aprire la finestra sulla Capitanata per ammirare e apprezzare quante bellezze ći sono. Le tue considerazioni sono le mie, ma purtroppo scontiamo l'egocentrismo che ci contraddistingue per cui tutti vogliamo o presumiamo di fare aprire la finestra pensando che ognuno ha la finestra con il panorama più bello. Geppe Inserra ne è testimone.

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