Echi lecorbuseriani nella periferia foggiana

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C’è una Foggia bella, importante, se vogliamo “griffata”, di cui non ci accorgiamo o che non conosciamo. Luigi Paglia ha lanciato la (sacrosanta) proposta di intitolare una strada della città all’esimio architetto Carlo Aymonino che negli anni Sessanta progettò le unità residenziali realizzate dall’Ina Casa al rione dei Preti e a viale Ofanto.
Sono grato a Tommaso Palermo che segnala, commentando la lettera meridiana del prof. Paglia, altri prestigiosi architetti o artisti che con le loro opere hanno contribuito alla bellezza di Foggia.
“Vorrei a tal proposito segnalare – scrive Palermo – l’importanza di una chiesa piuttosto ignorata dai foggiani, almeno per quel che concerne l’architettura e la decorazione sacra: la chiesa di sant’Antonio da Padova al rione San Lorenzo. L’edificio fu disegnato dal polacco Pacanowski, allievo di Le Corbusier, i cui genitori e una sorella furono vittime, quali ebrei, della Shoah. All’interno sono visibili, inoltre, opere lignee ed in ceramica di un affermato artista siciliano, Enzo Assenza, frequentatore anche di importanti salotti culturali (ebbe contatti anche con la Sarfatti e la secondogenita di Tolstoj).”

L’architetto Davide Pacanowski è una figura di primissimo piano dell’architettura del secolo scorso, di cui è stato tra i protagonisti più significativi. Perseguitato dal regime fascista in quanto ebreo-polacco, fu più volte internato. Ha progettato molti edifici e molti spazi pubblichi e privati, tra cui alcune stazioni della metropolitana di Roma e l’area a verde dell’aeroporto di Fiumicino.
L’Enciclopedia Treccani on line gli dedica una lunga scheda, a firma di Giovanni Duranti, che annovera la chiesa di San’Antonio tra le sue opere più significative, sottolineando come essa riveli echi della lezione lecorbuseriana. “Nel 1966 – vi si legge –  progettò per la città di Foggia la chiesa di S. Antonio da Padova (aperta al culto nel 1979), coniugando la complessità geometrica con l’attenzione per il genius loci: il recupero della spazialità barocca con l’adozione del carparo. Nella grande calotta di copertura, memore della lezione della cappella Ronchamp di Le Corbusier, trasfigurò il riferimento simbolico della tenda biblica in una colossale fontana-pluviale.”
Non sapevo assolutamente che a Foggia ci fosse una eco lecorbuseriana così evidente. E tanto basterebbe a insegnarci a guardare alla città, e perfino alla sua periferia, con occhi diversi.

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Echi lecorbuseriani nella periferia foggiana

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