Foggia ricordi con una strada il “suo” Aymonino

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di Luigi Paglia

Dopo la proposta, finalmente realizzata, di intitolare a Giuseppe Ungaretti, autore delle “Prose daunie”, la piazzetta contigua all’Epitaffio (che avrà tra breve come corollario l’installazione di due pannelli con le frasi di Ungaretti relative al “sole-belva” di Foggia ed alle “fosse granarie”, a cura della benemerita Fondazione Banca del Monte e del suo operoso Presidente Saverio Russo) e dopo quella, lanciata sulle pagine virtuali di “Lettere meridiane” del poliedrico Geppe Inserra, per il regista Fernando Di Leo,  vorrei avanzarne un’altra: di dedicare una piazza o via cittadina all’Architetto Carlo Aymonino, tre proposte dettate dall’intenzione di dare un riconoscimento visibile a tre personaggi, che hanno onorato Foggia con le loro opere in tre campi diversi di attività, nell’assenza quasi completa di altri contributi di qualità in favore della città.
Credo che pochi foggiani sappiano che Aymonino ha progettato e realizzato a Foggia due complessi urbanistici: nel 1957/1958 l’Unità residenziale Tratturo dei Preti (con C. Chiarini, B. De Rossi, M. Girelli) e nel 1959/1961 il Quartiere Ina Casa in viale Ofanto (sempre con C. Chiarini, B. De Rossi, M. Girelli).

Carlo Aymonino

Carlo Aymonino (Roma, 18 luglio 1926 – Roma, 3 luglio 2010), considerato uno dei maggiori architetti italiani del Novecento, ha esercitato la sua azione di rinnovamento e di sperimentazione in campo architettonico ed urbanistico, diventando (insieme a Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni coi quali progetta il Tiburtino Ina Casa nella periferia orientale di Roma) l’alfiere di «un’architettura schietta e moderna, “neorealista” in quanto capace di interloquire con la realtà più feriale e quotidiana di una società che sta vivendo radicali mutazioni» (Claudia Conforti), e la dimensione sociale del  suo operare subisce un’ulteriore accentuazione per la frequentazione con Ernesto N. Rogers e Giuseppe Samonà negli anni ’50.
Nel 1963 inizia la sua attività di docente, e poi di rettore, nella prestigiosa Scuola di Architettura di Venezia  la quale annovera anche insegnanti del calibro degli architetti Aldo Rossi e Costantino Dardi e degli urbanisti Bruno Zevi e Manfredo Tafuri e, contemporaneamente, prosegue nel suo lavoro di progettazione che ha il suo vertice nella realizzazione del complesso residenziale del Gallaratese a Milano (1967-72), con cui si afferma, insieme al suo assistente Aldo Rossi, a livello internazionale.
 Negli anni Settanta e Ottanta Il palazzo di Giustizia a Ferrara, la casa parcheggio e l’Istituto tecnico-commerciale a Pesaro segnano le tappe più rilevanti della sua ricerca, in cui associa complessità tipologica e rigore geometrico.
Ai primi anni Novanta  risale l’incarico di grande prestigio e valore simbolico della progettazione e realizzazione, nell’area del Giardino Romano nei Musei Capitolini,  della sala vetrata a pianta ellittica, con sei pilastri in acciaio che sostengono l’ampia cupola,  in cui viene collocato l’originale della statua del Marco Aurelio, la quale è trasferita dalla Piazza del Campidoglio, dopo il restauro,  per preservarla dallo smog e dall’attacco degli agenti atmosferici.
Molto suggestive sono la copertura vetrata, sostenuta da una struttura “a cassettoni”, e la recinzione perimetrale, egualmente costituita da cristalli, che permettono la visione del cielo e delle nuvole e  degli alberi e della fontana del giardino, realizzando uno straordinario rapporto interno-esterno.
La sua attività realizzatrice, di cui si è data solo una limitata esemplificazione, è affiancata da quella progettuale (della quale si possono ricordare almeno i progetti per il mercato coperto e piazza ex caserma Massa di Lecce, per le Tre piazze di Terni, per l’ IMA di  Ferrara) e da quella saggistica che si esplica in numerosi e importanti volumi tra i quali sono da segnalare almeno Origini e sviluppo della città moderna, Padova: Marsilio, 1965, Il significato delle città, Roma-Bari: Laterza, 1975, Le capitali del XIX secolo. Parigi e Vienna, con G. Fabbri, A. Villa, Roma: Officina, 1975, Lo studio dei fenomeni urbani, Roma: Officina, 1977, Un progetto per il centro storico di Roma, con R. Panella, Roma: Officina, 1983, Piazze d’Italia: progettare gli spazi aperti, Milano: Electa, 1988, Progettare Roma Capitale, Roma-Bari: Laterza, 1990.
Tra le monografie, che presentano la sua opera, fondamentale  è il libro Carlo Aymonino, a cura di G. Priori, Bologna: Zanichelli, 1990, mentre un contributo interessante è offerto da un volume, ideato proprio a Foggia dall’Ordine degli architetti, a cura di Gianluca Cioffi, con la commossa presentazione dell’architetto foggiano Augusto Marasco, ed edito nel 2010 dalla Casa editrice Aracne.
Questa pubblicazione che denota l’interesse dell’organizzazione professionale daunia per l’opera del grande architetto (che, tra l’altro, tenne a Foggia una lectio magistralis nell’Auditorium del Liceo Classico il 18 dicembre 2008) mi dà la speranza, quasi la certezza, che l’Ordine degli Architetti di Foggia, col suo sensibile Presidente Gaetano Centra, possa farsi promotore dell’iniziativa di dedicare, da parte dell’Amministrazione comunale, una via o una piazza della nostra città a Carlo Aymonino.



Luigi Paglia
già  docente 
di Letteratura italiana contemporanea 
nell’ Università di Foggia

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Foggia ricordi con una strada il “suo” Aymonino

  1. Vorrei a tal proposito segnalare l'importanza di una chiesa piuttosto ignorata dai foggiani, almeno per quel che concerne l'architettura e la decorazione sacra: la chiesa di sant'Antonio da Padova al rione San Lorenzo. L'edificio fu disegnato dal polacco Pacanowski, allievo di Le Corbusier, i cui genitori e una sorella furono vittime, quali ebrei, della Shoah. All'interno sono visibili, inoltre, opere lignee ed in ceramica di un affermato artista siciliano, Enzo Assenza, frequentatore anche di importanti salotti culturali (ebbe contatti anche con la Sarfatti e la secondogenita di Tolstoj).

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