Capitanata, disastro culturale

Print Friendly, PDF & Email

Proprio nel giorno in cui il governatore pugliese, Michele Emiliano, annuncia la svolta nelle politiche culturali della Regione (“basta con i finanziamenti a pioggia e con chi si acquatta dietro il politico di turno”), per la cultura di Capitanata squilla l’ennesimo, sonoro campanello d’allarme.
La provincia di Foggia non è stata rappresentata alla Borsa del Turismo Archeologico di Paestum, che negli anni passati rappresentava una presenza quasi obbligata per i comuni, come Ascoli Satriano, a più spiccata vocazione archeologica.
È il prezzo – ancora non del tutto compreso, né metabolizzato – che il territorio della Puglia settentrionale sta pagando per la soppressione dell’Ente Provincia, che in passato, anche attraverso il suo ente strumentale per le  politiche turistico-culturali, Promodaunia, aveva svolto una preziosa funzione di promozione territoriale.
La notizia dell’assenza alla manifestazione fieristica campana (cui hanno partecipato solo i comuni di Canosa, Ostuni, Barletta e Manduria) fa il paio con altre ben più inquietanti chiusure o smantellamenti o ridimensionamenti che il territorio dauno sta subendo. Alle perduranti incertezze che riguardano la Biblioteca Provinciale, vanno ad aggiungersi la paventata chiusura dei tre musei la cui gestione era affidata alla cooperativa Diomede (Museo di Scienze Naturali, Museo Interattivo delle Scienze, Museo del Territorio) e i problemi di gestione del Teatro del Fuoco e della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Dogana.


I termini della questione sono noti. La legge che sopprime le Province ha stabilito che le funzioni in materia di cultura debbano passare alla Regione o ai Comuni. La Regione ha scelto di farsi carico della Biblioteca Provinciale, ma limitatamente al personale dipendente (ad esclusione cioè del dirigente) e senza stanziare ulteriori risorse per quanto riguarda la gestione ordinaria, la manutenzione dello stabile e, vivaddio, quanto è necessario per mettere una Biblioteca nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo, ovvero le risorse per l’acquisto di libri, la sottoscrizione di abbonamenti a periodici e riviste, eccetera.
La conseguenza è che la Biblioteca è ormai da mesi silente per quanto riguarda le iniziative culturali, che una volta occupavano una parte consistente delle sue attività. Per quanto riguarda i musei, la Provincia, che è finita sull’orlo del dissesto finanziario per le ripetute spending review che ne hanno falcidiato il bilancio,  non ha le risorse per rinnovare il contratto con i dipendenti della ex Diomede e, quand’anche li avesse, sarebbe problematico utilizzarle perché la gestione museale non figura tra i compiti istituzionali della nuova Provincia, ovvero area vasta.
Lo stesso discorso vale per il Teatro del Fuoco e la Galleria d’arte Moderna Contemporanea: dovrebbe farsene carico, assieme ai musei, il Comune territorialmente competente che è quello di Foggia che non ha però né i mezzi, né la possibilità tecnica di stipulare contratti o fare assunzioni di personale, essendo vincolato da un severo piano di rientro finanziario.
In questo contesto tutt’altro che favorevole, si situa la svolta annunciata da Emiliano, e contenuta nel Piiil, che non è una parola in dialetto barese, ma un acronimo che sta per “prodotto, identità, innovazione, impresa, lavoro” e indica gli obiettivo del Piano Strategico Regionale per la Cultura presentato l’altro giorno in quel di Bari, dallo stesso Emiliano, dall’assessore Loredana Capone e dai vertici del Teatro pubblico pugliese che sarà il soggetto attuatore del piano stesso.
Si tratta, insomma, di promuovere una produzione culturale orientata alla valorizzazione dell’identità, attraverso formule innovative, interpretate dalle imprese culturali e in grado di garantire adeguate ricadute occupazionali. Bello, ma tutt’altro che facile.
Quand’anche dichiaratamente orientato alla discontinuità col passato, il Piano Strategico Regionale dovrebbe puntare a salvare il salvabile della eredità (scomoda) lasciata dalle Province. Difficile, ma almeno bisogna tentare.
A ben vedere, tuttavia, proprio gli asset strategici del Piano indicano alla Capitanata la possibile via d’uscita, l’antidoto da mettere in campo per esorcizzare lo spettro sempre più incombente della desertificazione.
Rendersi consapevoli che il tempo delle vacche grasse e delle elargizioni a pioggia è finito, mettersi in rete tra operatori e istituzioni, ma sul serio e non a parole, superare gli interessi particolari, valorizzare le buone prassi.
 Come esempio di buon piiil Michele Emiliano ha indicato le “Lezioni di storia” che stanno spopolando al Petruzzelli. Quanto a questo, in Capitanata non siamo proprio all’anno zero, anzi forse abbiamo un certo know how da mettere in campo, e penso ai Grandi processi alla storia di Raffaele Licinio, che animavano la piazza medievale di Troia, qualche anno fa, e al cartellone di Musica Civica di Gianna Fratta.
Geppe Inserra

Facebook Comments

Hits: 11

Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Capitanata, disastro culturale

  1. Ecco l'ennesima offesa alla Capitanata perpetrata da una regione incapace di rappresentare equamente tutto il territorio. La borsa del turismo archeologico di Paestum rappresenta una vetrina importante per lo sviluppo turistico di un territorio. Ad esempio si sarebbero potuti valorizzare siti come Grotta Paglicci sito in Rignano Garganico o altre mille realtà connesse al mondo dell'archeologia presenti nella nostra provincia.

  2. Concordo assolutamente sulla necessità di valorizzare Grotta Paglicci, ma questa volta la Regione non ha alcuna responsabilità. La partecipazione alla Borsa di Paestum viene finanziata direttamente dai Comuni sostenuti, un tempo, dalla Provincia e da Promodaunia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *