Cinemadessai | La dichiarazione di amore al cinema di Pedro Almodovar

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OGGI
“Ho vissuto prigioniero in una stanza, al buio, per mesi: non potevo accendere la luce, né vedere dvd o scrivere al computer. Un vero paradosso per un regista che ama i colori accesi e vive in mezzo ai riflettori. Potevo solo fantasticare e così ho concepito il mio nuovo film ‘Los abrazos rotos’: niente di autobiografico, nessun mal di testa né intense terapie neurologiche come è capitato a me, ma un romanzesco film d’amore e dolorosi tradimenti in cui però l’oscurità, il buio, avranno un ruolo determinante per la protagonista Penélope Cruz.
Nel film Penelope vive una doppia vita: in una è la donna del dolore, bruna, con frangetta alla Audrey Hepburn, nell’altra è invece bionda, spiritosa e molto pop… Sento che è la prima volta che faccio una dichiarazione d’amore così esplicita al cinema; non con una sequenza specifica, ma con tutto un film.”
Così, Pedro Almodovar racconta Gli abbracci spezzati (2009), che Iris manda in onda stasera, alle 21.00. Un film intenso, che ha il sapore e il passo dei classici.
Interpretata da Penélope Cruz e da Lluís Homar, la pellicola racconta di un uomo (Lluís Homar) che scrive, vive e ama nell’oscurità. Quattordici anni prima è stato vittima di un terribile incidente di macchina sull’isola di Lanzarote che non solo gli ha portato via la vista ma anche Lena (Penelope Cruz), la donna della sua vita. Quest’uomo ha due nomi: Harry Caine, pseudonimo con il quale firma le sue opere letterarie, i suoi racconti e le sue sceneggiature, e Matteo Blanco, il suo vero nome, con il quale vive e firma la regia dei suoi film. Dopo l’incidente, Matteo Blanco si trasforma definitivamente nel suo pseudonimo Harry Caine. Visto che non può più dirigere i suoi film, preferisce sopravvivere con l’idea che Matteo Blanco è morto con la sua amata Lena in quell’incidente.
Ormai Harry Caine vive grazie alle sceneggiature che scrive con l’aiuto della sua fedele direttrice di produzione, Judit García (Blanca Portillo), e del figlio di quest’ultima, Diego (Tamar Novas). Da quando è diventato cieco Harry ha sviluppato tutti gli altri sensi, non ultimo quello dell’ironia, e si è imposto un’amnesia volontaria che gli permette di continuare a godere della vita. Ha cancellato dalla sua biografia tutto quello che gli è accaduta 14 anni prima. Non ne parla più, e il resto del mondo ha dimenticato in fretta Matteo Blanco e lui è l’ultimo a volerlo resuscitare. Ma una notte Diego ha un incidente e Harry decide di occuparsi di lui. Durante le lunghe notti di veglia , comincia a raccontargli la sua storia per distrarlo, così come un padre racconterebbe una favola al figlio per farlo addormentare…
Un bel film. Da vedere.
DOMANI
Cane di Paglia è uno dei film più belli e più discussi di Sam Peckinpah, da molti critici ritenuto il suo capolavoro. Certamente è quello che meglio mette in evidenza la concezione della vita e dei rapporti umani del regista americano, che nel film vengono dominati dal caos e dalla violenza della vita quotidiana. Superbo ed indimenticabile Dustin Hoffman che indossa i panni di un giovane e mite matematico americano, David Summer, che si trasferisce con sua moglie, la bella e giovane Amy (Susan George) in Inghilterra, nella casa natale della donna, per completare i suoi studi in cosmologia.

Le cose si complicano quando il professore assume, per riparare il tetto, l’ex fidanzato di sua moglie, che assieme ad i suoi compari prende ad infastidire la donna ed assume un atteggiamento tracotante nei confronti di David.
Sarà un crescendo di violenza che toccherà il culmine quando il mite studioso, assediato da un branco di abitanti violenti ed ubriachi, supererà definitivamente la sua indole pacifica, e reagirà in modo inatteso e spiazzante.
La tesi di Peckinpah è che l’istinto all’autodifesa fa parte dell’essenza primordiale degli individui e che anche un cane di paglia può trasformarsi un un essere aggressivo e violento. Primo film non western girato dal regista americano, soprannominato Bloody Sam per la frequente rappresentazione della violenza nella sue opere, Cane di paglia fu al centro di aspre polemiche e fu accusato di fascismo e misoginia (a causa di alcuni atteggiamenti di eccessiva civetteria assunti dalla moglie di David), accuse che gravano su quasi tutta l’opera del regista, e che mi permetto di non condividere. Se da un lato non c’è dubbio che la violenza costituisca la cifra stilistica di Peckinpah, essa è coerente con una visione della società e della civiltà, discutibile ed opinabile finché si vuole, ma espressa con rara efficacia stilistica. Alle 00.45 di domani, su RaiMovie.

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Author: Geppe Inserra

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