Sul ghetto – o più precisamente sui ghetti – che punteggiano il Tavoliere c’è un enorme problema di corretta informazione. Che non riguarda soltanto l’erronea localizzazione del Grand Ghetto (che non è a Rignano, come tutti si ostinano a dire….) ma, più in generale, tutte le dinamiche che attraversano il fenomeno. Indubbiamente complesso da capire, e di conseguenza difficile da raccontare. Sfuggente, perfino per quanto concerne il suo corretto dimensionamento.
Chi pensava che smantellato il Grand Ghetto tra Foggia e San Severo il problema fosse risolto ha di che ricredersi. Tonio Scopelliti, medico che milita nelle organizzazioni umanitarie cattoliche, l’altra sera in una intervista a Rai News ha avvertito: “Di ghetti ce n’è almeno un’altra ventina nell’intera provincia di Foggia.”
Una mappa dell’immigrazione pubblicata qualche giorno fa dal quotidiano Repubblica ha messo in evidenza che la provincia di Foggia è quella dove si concentra il maggior numero di immigrati, dopo le grandi aree metropolitane di Roma e di Torino.
Ma perché si è giunti ad una tale situazione, di per sé drammatica? La verità è che i Ghetti rappresentano l’anello debole, e spesso nascosto, la parte sommersa di quell’icerberg sconosciuto, rappresentato dalle diverse filiere agro-alimentari, a cominciare dal pomodoro. A suo modo il ghetto è la conseguenza estrema della globalizzazione, l’altra faccia della medaglia.
Da ormai un paio d’anni, esponenti delle istituzioni, associazioni, giuristi, operatori economici, sindacati, imprenditori agricoli ed industriali si stanno confrontando sui limiti della “filiera”, sulla possibilità di renderla finalmente etica, così come sognava l’indimenticabile e mai troppo compianto Guglielmo Minervini, quando era assessore alla protezione civile alla Regione Puglia.
Antonio Fortarezza, cineasta attento e scrupoloso osservatore, ha raccontato tutto questo nel documentario “La filiera (non) etica”, che sta girando in diverse città italiane rivelandosi un prezioso strumento di corretta informazione, di approfondimento e di riflessione. Un contributo affinché sul fenomeno maturi una diversa consapevolezza.
Fortarezza ha preparato una versione corta del documentario, montata in maniera eccellente, che compendia tutti i diversi punti di vista e le diverse sfaccettature della questione, un esempio da manuale di buona e corretta informazione.
Il breve video ospita anche una delle ultime interviste a Minervini, prima della sua prematura scomparsa.
L’autore mette a disposizione il documentario completo (che dura circa 55′) per incontri tematici e di approfondimento aperti alla città e nelle scuole. Chi è interessato può farlo sapere commentando il filmato (si può farlo accedendo a YouTube facendo clic sul quadratino a destra della rotella) oppure commentando il post. Guardate il video, commentatelo, diffondetelo.
Views: 1