La mia generazione ha suonato, cantato e amato Fabrizio De André e Francesco Guccini perché viaggiavano in direzione ostinata e contraria, perché erano altri, non andavano in televisione e tantomeno a Sanremo.
Una fiction su Faber è già in se stessa un attentato alla memoria.
Ieri sera non ho resistito più di dieci minuti a guardare Principe Libero. D’accordo, è difficile trasformare la poesia in fiction, ma quelli della Rai non hanno pudore quando si tratta di raccontare vite reali e piene di valori, piegandole ai loro canoni insulsi e ai loro format pecorecci.
Opera di demolizione già riuscita con Giuseppe Di Vittorio presentato come uno che tra un amore e l’altro dedicava un po’ di tempo al sindacato. Ieri sera, quando ho sentito le canzoni di Fabrizio svilite a commento musicale, ho chiuso lì.
Canzoni che hanno segnato un’epoca e che hanno senso solo se cantate, solo nel loro contesto, con le loro parole, ridotte a banali arpeggi.
Stasera c’è la seconda puntata. Non la vedrò. Vi invito, voi che avete amato e suonato e cantato DeAndré, quello vero, e non quello finto e patinato del Principe Libero, a fare altrettanto.
Come?
Eccovi alcune istruzioni per l’uso. Poi mi dite.
- La strada maestra è di sentire Faber e poi Faber per tutta la durata dell’insulsaggine Rai. A cominciare dalla canzone manifesto di Fabrizio, che secondo me è Smisurata Preghiera. Non solo poesia. Non solo filosofia. È qualcosa che va oltre. È metafisica. È religione laica. Ricorda Signore questi servi disobbedienti / alle leggi del branco / non dimenticare il loro volto / che dopo tanto sbandare / è appena giusto che la fortuna li aiuti / come una svista / come un’anomalia / come una distrazione / come un dovere. Trovate la canzone alla fine del post.
- Una Fabrizio denso, pastoso, antologicamente e ontologicamente significativo lo trovate naturalmente su Spotify, che ospita anche l’ultima raccolta, Tu che m’ascolti insegnami. Alcune scelte saranno pure opinabili, però si tratta di ben 68 canzoni: quanto basta per chiudere gli occhi, spegnere la televisione e accendere il cuore. Questo il link: https://open.spotify.com/album/3rHo3vsHNUq2vEV0OoLqP4
- Il peggiore tradimento perpretato ai danni di Faber è aver promosso la fiction mentre andava in onda Sanremo. De André è stato, è e sarà per sempre INDIPENDENTE. Mentre l’ascoltate, fate un salto al sito (bellissimo) di Salvatore Imperio, giornalista, critico musicale, geniaccio, voce fuori dal coro, foggiano. Musica italiana emergente. Tante scoperte, tanti regali. Non ve ne pentirete. Salvatore vi apre veramente un mondo…
- Infine, nel migliore stile di Lettere Meridiane, un po’ di talenti e risorse tutte nostre, ma giganteschi, svettanti, luminosi:
- Nazario Tartaglione, cantautore di San Severo, fondatore e promotore del Canzoniere di San Severo, originalissimo esperimento di recupero e custodia delle tradizioni musicali e del genius loci. Tartaglione ha scelto, con un coraggio che rasenta l’incoscienza, di cantare spesso in dialetto. L’avesse fatto in italiano, fosse stato solo un po’ più furbo, forse oggi starebbe nei pressi di Sanremo. Ma che Tartaglione sarebbe? [Qui trovate lo streaming al suo albun più rappresentativo, Dall’America al Mediterraneo. Come a dire, Dalla Via Emilia al West]
- I Tavola 28.… lo sapete già quanto bene gli voglio. Scombiccherati, incazzati, periferici, malamend malamend. Irrimediabilmente poeti. Con quel dialetto foggiano brutto e chiuso e pesante che ti si appiccica addosso. Disperatamente bravi. Orgogliosamente dalla parte degli ultimi. Proprio come Faber. [Qui trovate il loro canale you tube]
- I Favonio. Praticamente il contrario di Tavola 28. Ma si sa che gli antipodi non sono mai così distanti come sembra. Compagno di Viaggio, il loro ultimo lp, rielabora e rivisita brani di Luigi Tenco: è poesia, eleganza, armonia. Paolo Marrone regala assieme a Mimmo Borelli una versione di Com’è difficile da brividi. I Favonio hanno anche suonato De Andrè: qui trovate una stupenda Creuza de Ma, eseguita qualche anno fa a con Mauro Pagani al Liveforum di Assago. Al cospetto di tanta eleganza, si fa fatica a credere che siano foggiani. A quelli che sfottono il foggianesimo ostentato e sbattuto in faccia al mondo di Pio e Amedeo, faccio ascoltare gli impareggiabili, straordinari Favonio e gli dico: sono foggiani anche questi.
Cos’hanno in comune Nazario Tartaglione, Tavola 28 e I favonio? Non sono furbi. Credono in quello che fanno. Viaggiano in direzione ostinata e contraria. Per questo sentiteli, amateli, condivideteli.
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Immensa.
PS: io non mi sono proprio affacciato …
Grazie Geppe, grande Geppe