Arco del palazzo imperiale: anziché la stele, i fichi d’india

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L’arco del Palazzo Imperiale di Federico II a Foggia,
assediato da catene, fioriere e fichi d’india

Il comitato degli amici tedeschi degli Staufer, la dinastia che dette i natali a Federico II ha un sogno: collocare una Stauferstele in tutti i posti legati alla storia e alla vita dello Stupor Mundi e della sua famiglia.
Progettate e realizzate dall’artista tedesco Markus Wolf, le stele intendono onorare tutti i luoghi fridericiani più rappresentativi. Dopo la prima stele, eretta a Castel Fiorentino, luogo ove l’imperatore svevo esalò l’ultimo respiro, il comitato ne ha poste altre 34.
L’iniziativa ha dato vita a una rete di monumenti storici unica al mondo.
Ventinove Stauferstelen si trovano in Germania, di cui ventitré nel Baden-Württemberg. Una stele si trova in Alsazia (Francia), due in Italia, una a Klosterneuburg vicino a Vienna (Austria) e una a Cheb (Repubblica Ceca). Sembra che il Comitato intenda collocarne una anche a Gerusalemme.
Le due stele italiane sono entrambe ubicate in Puglia: la prima, come si è già detto a Castel Fiorentino, nelle campagne tra Torremaggiore e Lucera, la seconda a Bari davanti al Castello Svevo. Una terza stele italiana verrà inaugurata a Siracusa, nel prossimo mese di luglio.
Abbiamo parlato della critica situazione in cui versa la stele a suo tempo posta a Castel Fiorentino e con essa l’intero sito archeologico, in una precedente lettera meridiana. A Foggia le cose non stanno meglio.
Anzi, come mai non c’è una Stauferstele, proprio a Foggia, che l’imperatore eresse a capitale del regno e a inclita sedes imperialis?
E qua viene il bello, o piuttosto il brutto, a seconda dei punti di vista. Il comitato voleva in realtà collocare una Stauferstele anche a Foggia, in prossimità dei resti del palazzo, ed è perfino inutile rimarcare quanto sarebbe stato importante, si sarebbe trattato di una sottolineatura internazionale del ruolo che Foggia ebbe nell’impero svevo, ruolo che non sempre è stato riconosciuto in tutta la sua importanza, perfino negli stessi ambienti accademici (aspetto del quale torneremo a parlare in una prossima lettera meridiana…)
Il Comitato contattò l’Amministrazione Comunale, ma la Soprintendenza ai Beni Culturali non concesse l’autorizzazione ad installare il monumento nel sito individuato dai promotori della iniziativa.
Sembra che fosse troppo a ridosso dell’arco del Palazzo e dell’epigrafe, che attualmente sorgono in piazza Nigri, murati su un fianco di Palazzo Arpi, sede del Museo Civico Comunale.
È il caso di ricordare che si tratta della posizione originaria dei preziosi reperti, che vennero là collocati dopo che il palazzo di via Pescheria su cui sorgevano in precedenza era stato distrutto dai bombardamenti del 1943.
I resti vennero recuperati da Maurizio Mazza, fondatore e direttore dell’epoca del Museo Civico, che li mise in sicurezza, facendoli sistemare sono sono oggi.
Non è difficile immaginare le ragioni del diniego della Soprintendenza. Le   Stauferstele sono monumenti possenti: sono alte 2,75 metri e ciascuna pesa 4 tonnellate e mezzo. Sono state progettate per produrre “un effetto impressionante”, come si legge nel sito del Comitato, e la sistemazione in uno spazio angusto com’è quello di piazza Nigri rappresenta effettivamente una criticità.

Lo scempio delle auto parcheggiate a pochi
centimetri dal più importante monumento foggiano

“Presentammo ai promotori della iniziativa soluzioni alternative, ma purtroppo non riuscimmo a trovare il loro consenso rispetto a quanto abbiamo prospettato, però non vero che il Comune di Foggia abbia detto no”, ricorda l’ing. Gianni Mongelli, sindaco di Foggia, all’epoca dei fatti che stiamo raccontando.
Peccato, e sarebbe forse il caso di riprendere il discorso con il Comitato per poter trovare effettivamente una soluzione alternativa e condivisa, affrontando contemporaneamente anche un problema del quale si parla poco ma che sta tornando a riproporsi all’attenzione e alla sensibilità dell’opinione pubblica foggiana: la riqualificazione dei resti del Palazzo Imperiale di Federico II a Foggia che, nonostante la loro nevralgica importanza storica, non sono conosciuti e valorizzati come sarebbe il caso.
Se fu opera lodevole quella portata a termine da Maurizio Mazza che salvò l’arco del portale e l’epigrafe, quanto è avvenuto dopo è per lo meno discutibile, come testimoniano impietosamente le fotografie che corredano questo post.
Orrende fioriere nelle quali col tempo si è sviluppata una piantagione spontanea di fichi d’india, una recinzione esteticamente bruttina e, soprattutto, lo scempio delle automobili parcheggiate davanti al monumento ad ogni ora del giorno offendono la storia, la cultura, le radici della città.
La collocazione della Stauferstele avrebbe potuto essere (e potrebbe ancora essere, se si cercherà di riprendere i contatti con il comitato degli amici degli Staufer) l’occasione per riflettere su un arredo urbano più consono e decoroso, o perché no, di porsi il problema di una diversa collocazione dei resti del Palazzo.
Un arco murato non è in se stesso il massimo dal punto di vista artistico ed estetico, e va considerato che la sistemazione (una sistemazione di fortuna, visto che si trattò di salvare quei preziosissimi resti dalla distruzione) rappresenta comunque una soluzione “posticcia”.
Il grande interesse suscitato dall’iniziativa dello scrittore giornalista Giovanni Cataleta, che qualche mese fa ha lanciato l’idea di una ricostruzione del Palazzo Imperiale affidata all’artista Edoardo Tresoldi, autore della magica ricostruzione della basilica paleocristiana di Siponto, dimostra che c’è una diversa attenzione e una diversa sensibilità tra i foggiani (ed anche i non foggiani, come testimonia l’iniziativa purtroppo non andata in porto della Stauferstele).
Forse sono maturi i tempi per restituire a Foggia la sua storia.

Geppe Inserra
2. fine
(Per leggere la prima parte, uscita con il titolo La storia calpestata: la vergogna di Castel Fiorentino, cliccare sul collegamento).
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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Arco del palazzo imperiale: anziché la stele, i fichi d’india

  1. Bei ricordi, la Standa serviva anche per un po’di frescura per i giorni focosi di Foggia. L’osfalto bruciava i piedi nelle scarpe, di corsa nella Standa unico posto con l’aria condizionata.

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