Quando Foggia venne preferita a Roma quale sede dell’aviazione strategica alleata

Print Friendly, PDF & Email

In questi anni, su Lettere Meridiane, mi sono spesso occupato della tragica estate foggiana del 1943. L’ho fatto senza particolari pretese storiche o scientifiche. Sono uno che racconta storie, e non un accademico. L’ho fatto, credo, per riempire un vuoto di memoria. Si racconta sempre per ricordare e per impedire che persone, eventi e luoghi finiscano nell’oblio.

Sono un figlio dei bombardamenti, come tutti i foggiani nati negli anni Cinquanta. Sono venuto alla luce tra i cantieri di una Foggia che si stava ricostruendo dopo la tragedia della guerra. Ma se chiedevo a mio padre di raccontarmi cos’era successo, soltanto una decina d’anni prima, si chiudeva nel silenzio.

Dei bombardamenti, dell’occupazione americana restavano solo sparute tracce, o piuttosto echi, come la paura e il trasalimento che vedevo dipingersi sul volto di mia mamma quando c’era il temporale, e i tuoni le ricordavano il fragore delle bombe. O la scodella dell’US Navy lasciata a casa dalla coppia di coniugi, ufficiali medici americani, che avevano requisito una stanza.

L’elaborazione del lutto implica sempre una cesura di memoria. Per voltare pagina, si deve dimenticare, la vita funziona così. E così i bombardamenti hanno lasciato un vuoto di narrazione: le due medaglie al valore civile e a quello militare, le statistiche esagerate sulle vittime, prese poi a pretesto per minimizzare la portata di quegli eventi.

La città non si è mai resa del tutto conto di quanto è avvenuto durante e dopo quella tragica estate. Ed è rimasta per decenni senza risposta la domanda più importante di tutte: perché gli Alleati si accanirono così ferocemente su Foggia?

Per trovare una risposta esaustiva a questo inquietante interrogativo sarebbe necessario studiare ancora, recuperare documenti e dati. L’impressione è che di quella tragica estate non si sappia ancora tutto.

E allora, perché tanta virulenza verso Foggia e i foggiani?

Per l’importanza del suo nodo ferroviario, è quanto ho sentito ripetere fin da ragazzo. È vero, ma solo in parte. Bombardare la ferrovia per impedire alle truppe tedesche di movimentare uomini, merci e derrate era un obiettivo tattico. Quello strategico era un altro: impossessarsi del Gino Lisa e della rete di aeroporti che gravitava attorno allo scalo.

Una testimonianza decisiva e definitiva in merito è quella di Lord Harold Alexander, conte di Tunisi, feldmaresciallo dell’esercito britannico e comandante in capo degli eserciti alleati in Italia. In pratica, fu il militare che diresse la campagna d’Italia, dal 3 settembre del 1943 al 12 dicembre del 1944.

Di quella esperienza Lord Alexander ha lasciato un dettagliato rapporto scritto, inviato il 19 aprile 1947 al Segretario di Stato per la Guerra inglese. Il rapporto è stato reso pubblico il 12 giugno del 1950, quando è stato dato alle stampe quale supplemento delle London Gazete, che è il più antico quotidiano britannico, governativo, insomma la Gazzetta Ufficiale d’oltre Manica. [Potete leggere e/o scaricare il prezioso documento cliccando qui.]

Le lettura del documento rivela particolari preziosi e sotto diversi aspetti inediti sul ruolo che ebbero Foggia e i suoi aeroporti nello scacchiere e nel teatro bellico europeo.

L’alto ufficiale inglese è chiaro: “la cattura dei numerosi aeroporti di Foggia per l’utilizzazione da parte della nostra Aviazione Strategica era uno dei nostri primi obiettivi in Italia”.

In effetti, l’offensiva pianificata dal Lord, prevedeva quattro fasi distinte: “la prima era il consolidamento della nostra posizione attuale sulla linea Salerno-Bari; la seconda era impossessarci del porto di Napoli e del centro aeroportuale di Foggia; la terza mettere in sicurezza Roma e i suoi aeroporti, e l’importante strada e ferrovia di Terni. Per la fase successiva ho indicato quali eventuali obiettivi il porto di Livorno e i centri di comunicazione di Firenze e di Arezzo.”

Insomma Foggia aveva dal punto di vista degli Alleati una importanza cruciale, di cui non si resero del tutto conto né il comando militare italiano, né quello nazista. E per niente i foggiani, che ritenevano anzi di essere al riparo del rischio di incursioni aeree nemiche.

L’autore del Rapporto si sofferma doviziosamente sulla preparazione dell’assalto a Foggia. Le forze alleate raggiungono il porto di Taranto il 18 settembre. Quattro giorni, dopo, il 22, una forza speciale si porta via terra a Bari per lanciare l’operazione mobile che il successivo lunedì 27 settembre, conquista il capoluogo dauno e la sua rete aeroportuale. Nel frattempo, tutto il sud-est della Puglia viene liberato dai nemici, senza che gli Alleati incontrino particolare resistenza. Non sarà lo stesso per l’altro obiettivo, il porto di Napoli, per conquistare il quale gli americani dovranno combattere strenuamente.

Una volta conquistata Foggia, si pose il grosso problema logistico di “acquartierare” l’VIII Armata. In proposito Lord Alexander rivela alcuni importanti particolari: “Il più serio e urgente problema era il rischio di un completo blocco circa il mantenimento dell’VIII Armata”.

Ma era un pericolo che era stato messo in preventivo. “Avevamo deliberatamente deciso di affrontare il rischio logistico, pur di ottenere l’urgente e vitale vantaggio” che l’operazione aveva permesso.

Prendere Foggia valeva bene un po’ di viveri scarseggianti e di disordine amministrativo, si potrebbe osservare.

Tra i problemi più gravi che il quartier generale si troverà a dover affrontare c’era il fatto che gli aeroporti non erano attrezzati per tutte le stagioni. Fu necessario trasportare grandi quantità di acciaio per consentire la costruzioni degli hangar e dei locali per gli aviatori.

Più avanti, Lord Alexander rivela un particolare per me del tutto nuovo che non soltanto conferma, ma addirittura esalta la nevralgica importanza della rete aeroportuale foggiana nello scacchiere europeo della seconda guerra mondiale, introducendo ulteriori e importanti elementi di conoscenza.

“Inizialmente – racconta il feldmaresciallo – era stato deciso di allocare la Direzione Strategica Aerea (Strategic Air Force) nelle basi presso Roma, quando sarebbero state conquistate. Ma il 15 settembre questa decisione venne modificata: la struttura operativa andava trasferita il prima possibile, nei diversi aeroporti attorno Foggia.” Notate la data: 15 settembre, ovvero 12 giorni prima della cattura di Foggia e dei suoi aeroporti.

Il feldmaresciallo non motiva il repentino cambio, ma i fatti gli hanno dato ragione. Collocare la Strategic Air Force a Roma sarebbe stato possibile qualora i Tedeschi si fossero ritirati dalla Capitale. Invece il comando germanico avrebbe scelto di resistere a sud di Roma, attestandosi su quella che passerà alla storia come Winter Line, e che innescherà epiche battaglie come quelle di Monte Cassino e Ortona. Il buon Harold si rivelò lungimirante.

Il Lord fornisce un elenco dettagliato delle diverse strutture operative che sarebbero state trasferite a Foggia, entro il mese di dicembre del 1943: per intero la Tactical Air Force e la Strategic Air Force, parte della Coastal Air Force, il reparto di ricognizione fotografica denominato Photographic Reconnaissance Wing, il Troop Carrier Command (comando trasporto truppe), unitamente alla maggior parte dei comandi logistici e di supporto.

Foggia diventò, suo malgrado, anzi senza neanche saperlo, il cuore e la testa delle strategie aree alleate nell’Europa meridionale.

Dal Gino Lisa e dai suoi aeroporti satelliti che facevano parte del Foggia Airfield Complex partiranno i raid verso le maggiori basi europee, dando un contributo deciso alla sconfitta del nazifascismo ed alla vittoria alleata.

Geppe Inserra

Nelle foto: 1) Lord Harold Alexander, alla sue spalle la cartina che dimostra la centralità del Foggia Airfield Complex. 2) La copertina della London Gazete.

Facebook Comments

Hits: 1070

Author: Geppe Inserra

1 thought on “Quando Foggia venne preferita a Roma quale sede dell’aviazione strategica alleata

  1. Lusingato per le ” belle ” notizie diffuse e ignare a tutti i foggiani ” piccoli “come me.
    Triste invece per come è stata distrutta e martoriata la mia città ed i miei concittadini. Io dono nato 8 anni dopo e ricordo ancora una città in costruzione e molti compagni morti per aver giocato con ordigni bellici che all’epoca si trovavano con facilità nelle campagne vicine. Oggi invece la mia terra natia è bombardata da gentaglia con offese bruttissime perché la ritengono brutta e invivibile .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *