Controra: scrittura potente, che scava, riconcilia, libera

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Quando si deve recensire un libro si cerca sempre un aggettivo che possa definirlo. Nella splendida postfazione, Ernesto Padovani ha scritto che Controra di Katia Ricci è un libro delizioso. È vero, perché leggerlo procura delizia, nel senso del piacere estetico che regala. Ma non è solo questo.
Controra è un libro potente. È questo l’aggettivo che mi sembra riesca a definirlo nella sua essenza. È impetuoso, inquieta e commuove. È un grumo di passione e di passioni che avvolge e coinvolge.
Un esercizio di scrittura ma anche di straordinario coraggio. Ed un libro stupefacente, dal punto di vista della costruzione.
Il punto di partenza è diaristico, nel senso che trae spunto da una esperienza personale dell’autrice: le carte di famiglia ritrovate. Dovendo sgomberare la casa dei genitori in cui ha trascorso la sua infanzia, improvvisamente Katia è costretta a fare i conti con il passato. Leggendo il racconto si intuisce che forse non sarebbe successo, se non fosse stata per quella incombenza.
È così che un passato quasi rimosso, ad un tratto diventa memoria, o più precisamente induce l’Autrice a mettersi alla ricerca della tracce di memoria che emergono da foto sbiadite e lettere impolverate e sembrano quasi volerle parlare, sottraendosi al fatale oblio del tempo.
La memoria, però, a volte è spiazzante. Di libri di memorie familiari se ne leggono molti. Quasi sempre sono improntati alla nostalgia, al ricordo che cambia in meglio. Non in questo caso. L’autrice non cede alla tentazione di cercare conforto nel facile rimpianto. Non fa sconti a nessuno, e nemmeno a se stessa, perché suppongo che scrivere, come ha fatto Ricci, della sua famiglia, di sua madre, di suo padre dev’essere stato doloroso.
La scrittura è sempre in qualche modo dolorosa, specie quando si tratta di doversi “mettere in campo”. Sarebbe stato facile raccontare sublimando la memoria, dando ai ricordi il tratto epico che sovente viene fuori da libri come questo. Oppure sarebbe stato facile ergersi a giudice del passato. Assolvere o condannare. L’autrice non ha fatto ne l’una, né l’altra cosa. Si è messa completamente in gioco, affidando alla scrittura un delicato percorso liberatorio, che non lascia immune il lettore, egli stesso chiamato a mettersi in gioco, perché ognuno di noi, prima o poi, deve fare i conti con la vita che ha trascorso.
Non ci sono sentenze, ma piuttosto un diffuso e composto sentimento di pietas.
Anche per questo, Controra è un libro potente, che da un lato svela la potenza femminile, dall’altro mette a nudo, soprattutto nella tormentata figura paterna, l’impotenza maschile a dare un ordine al mondo e alla propria vita.
Non ci sono proclami femministi nel libro, ma la potenza femminile viene fuori in tutta la sua energia, dalle vite delle protagoniste e soprattutto dal personaggio materno, autenticamente eroico nella sua capacità di adattarsi alla realtà difficile del tempo e delle circostanze.
Ai colleghi lettori di sesso maschile, suggerirei questa chiave di lettura e di riflessione. E di mettersi in gioco. Resterete sorpresi da quante cose può insegnarci un’autrice brava come Katia Ricci, con la sua scrittura “al femminile” che scava, che riconcilia, che libera.
Geppe Inserra

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