Secondo Jean Baudrillard, gli oggetti non sono mai semplici cose: sono storia sedimentata, tracce vive di epoche passate, portano in sé significati, raccontano le strutture sociali, rivelano il rapporto dell’uomo con il tempo, il consumo e il desiderio.
Questo era vero soprattutto una volta, quando gli oggetti non erano il frutto di una produzione seriale, ma piuttosto artigianale. Oggi invece – sempre secondo il filosofo francese – gli oggetti non sono che serie di simulazioni, di rappresentazioni che si moltiplicano su se stesse.
Molti oggetti di una volta appartengono ormai soltanto alla memoria, ma la fotografia si rivela uno strumento prezioso per sottrarli all’oblio e restituirgli voce e presenza, come accade nella bella mostra di Teresa D’Agnessa «C’era una volta, oggetti del tempo che fu», ospitata fino a domani, venerdì 30 maggio nella Galleria del Museo di Storia Naturale in viale Di Vittorio a Foggia.
L’artista ha estratto dal suo ricchissimo archivio 44 foto scattate in Italia, Francia, Spagna e Siria. Come spesso le succede, quando ha scattato le fotografie, attirata dalla patina di tempo che quegli oggetti tradivano, Teresa non pensava che sarebbero finite in una mostra. Ma un archivio fotografico è, esso stesso, storia che si sedimenta, che riserva sorprese, accende ricordi quando viene consultato e suscita il desiderio di mostrare, far vedere.
Riguardando quegli scatti, Teresa ha pensato che raccontavano tante piccole storie da recuperare e sottrarre allo smemoramento sempre incombente, in questa nostra epoca che consuma tutto e subito.
Non si limita a documentare gli oggetti: li riaccende, li trasforma in autentici ponti emotivi tra passato e presente, permette a chi guarda di riscoprirne il valore, il senso e il legame profondo con la storia personale e collettiva. Attraverso il suo obiettivo, la fotografia custodisce e trasmette significati, riattiva ricordi e racconti che sembravano perduti.
Alcuni di questi oggetti esistono ancora, ed anche in questo senso la mostra è preziosa: ci invita a cogliere, passeggiando in città, le tracce di passato che ancora la punteggiano, qua e là: come il nettascarpe di fianco al portone d’ingresso che serviva per pulire le suole dal fango (in apertura), l’ineffabile orologio che alla scuola Santa Chiara invita i «fanciulli a sostare lietamente», il macinino da caffè e lo scaldino utilizzato per tenere in caldo gli «scagliozzi» quando venivano venduti per strada, o l’indimenticabile ascensore del Palazzo Acquedotto che tante volte ho utilizzato quando lavorare alla redazione della Gazzetta del Mezzogiorno.
Scampoli del tempo che fu, ma anche emozione viva, riaccesa dalla bravura di Teresa D’Agnessa, foggiana, insegnante per professione, fotografa per passione, autrice di varie mostre fotografiche personali e collettive, sia in Italia che in Francia.
Andate a vedere la mostra (chiude domani, affrettatevi, ore 9.00 – 19.00) e portateci figli e nipoti. Vale la pena.
Geppe Inserra
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Grazie Beppe, una presentazione meravigliosa, da esperto quale sei, sensibile e acuto .
La conservo e divulgo con immenso piacere.
Ancora grazie e un abbraccio
Teresa
Beppe Inserra ha saputo cogliere la valenza profonda della mostra di Teresa d’Agnessa, affascinante memoria di un tempo passato, che rivive nei nostri cuori. Grazie, Anna