La scomparsa di Mario Ricci, cantore di Foggia città cantiere

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Si spento  qualche settimana fa Mario Ricci, decano dei giornalisti foggiani, ma anche apprezzato scrittore, poeta, e uomo di teatro. Sen’è andato sommessamente, Mario: con quella discrezione e quell’aplomb, starei per dire, che l’hanno accompagnato per tutta la vita.
Tra i colleghi che mi hanno onorato della loro stima e della loro guida, Mario è stato tra i più attaccati a Foggia, che amava profondamente, e mai campanilisticamente.
Era convinto, così come Gaetano Matrella, altra grande firma del giornalismo foggiano – e in questo mi hanno contagiato – che Foggia avesse tutte le risorse per diventare una grande città, a patto di liberarsi da quel provincialismo che porta i foggiani a percepirla più come un grande paese che non come una possibile metropoli ricca di potenzialità.
La nostra amicizia risale alla fine degli anni Settanta, quando sedevamo fianco a fianco in consiglio comunale per raccontare le cronache dell’assise municipale. Ci sforzavamo di illustrare ai lettori più i provvedimenti che venivano assunti, che non le polemiche che ne accompagnavano la discussione e l’approvazione, nella comune idea che l’informazione e la conoscenza della macchina amministrativa, favoriscano la partecipazione dei cittadini.
Erano anni belli per la città, guidata dal mai troppo rimpianto Pellegrino Graziani. Foggia si godeva le positive ricadute della industrializzazione avviata negli anni Sessanta, aveva aziende municipalizzate fiorenti, sperimentava modelli innovativi di partecipazione.

Mario ebbe una parte importante nel suggerirmi una metafora che utilizzavo spesso nelle mie cronache sulle pagine foggiane della Gazzetta del Mezzogiorno, con cui collaboravo in quegli anni: Foggia città cantiere.
Le strade cittadine erano  tutte uno scavo, perché l’Amgas, guidata da Tonino Rolla, aveva messo mano ad un grandioso programma di metanizzazione. E poi il Teatro Mediterraneo, il Mercato Padre Pio (rimasto incompiuto), la pioneristica informatizzazione del Comune, voluta da Franco Cafarelli.
Mario era scettico sulle capacità della classe dirigente di tenere il passo con una città che cresceva forse troppo in fretta: i fatti gli avrebbero dato ragione. Mi resta però il sorriso sornione con cui osservava le turbolenze politiche che accadevano in consiglio comunale, ritenendole una forma di quel teatro che tanto ha amato e di cui è stato uno dei più grandi autori foggiani.
Ad maiora, Mario. Ci mancherai.
(Di seguito una scheda biografica elaborata da Maurizio De Tullio, che ringrazio vivamente per l’amichevole collaborazione).

* * *

Pochi lo sanno, ma Mario Ricci, scomparso a Foggia qualche settimana fa alla bella età di quasi 95 anni, era torinese. Vi nacque il 21 novembre 1920.
Dopo il trasferimento della famiglia a Foggia, lavorò una vita all’INPS, prima come impiegato poi come funzionario. In quell’Ente, erano i tempi di Mario Romano e Peppino Paoletta, come lui giornalisti. Romano, però, rispetto a Paoletta ebbe dalla sua una lunga esperienza anche di apprezzato poeta e scrittore.
Presidente del Gruppo Artistico “Domenico Caldara” e, in precedenza, del “Circolo Artistico 3 Bis”, Mario Ricci ebbe tre grandi passioni: il giornalismo, il teatro dialettale e la pittura, ove si espresse anche in qualità di critico d’arte.
Nel primo campo si mise in luce sin da giovane, collaborando con varie testate nazionali quali i quotidiani “Roma”, “Italia” e “il Corriere della Nazione” e, a livello locale,  con i periodici “Juvenilia” (per il quale scriveva novelle) e il “Gazzettino Dauno”, entrambe fondate e dirette da Maurizio Mazza, “Il Satanello” (fondato e diretto dal grande Mario Taronna), la citata rivista di arte, poesia e letteratura “II Meglio”, “Il Mezzogiorno Letterario” del santagatese Enzo Contillo, “il Giornale del  Mezzogiorno”, “La Fronda”, “Fotocronaca”, “Danze e ritmi”, “Politeama” e “II Faro” di Vieste, quest’ultima testata fondata e diretta dall’ottimo Mario Romano. Ma collaborò, in tempi più recenti, anche con tre importanti e diffusi settimanali foggiani, “Momento Sud” (di Luca Cicolella), “il Corriere di Foggia” e “La Gazzetta di Foggia”, questi ultimi due diretti per alcuni anni. In precedenza diresse anche la rivista “l’Alba” e “Il Giornale del Donatore”, per molti anni apprezzato organo dell’AVIS provinciale.
Ebbe poi una esperienza di direttore responsabile in una piccola ma combattiva emittente radiofonica foggiana, una delle prime a solcare l’etere, “Radio Foggia Sud” la cui sede (in via Matteotti), curiosamente, era ubicata nello stesso stabile ove operava un’altra famosa antenna locale, “Radio Foggia 101”, di Matteo Tatarella, che poco dopo traslocò in corso Roma. Era il 1976.
Diversi sono anche i volumi pubblicati da Mario Ricci, la maggior parte dei quali hanno trattato due sue passioni, l’arte e il teatro: 50 Pittori e Scultori Italiani; Enciclopedia degli Artisti Italiani; Arti visive in Capitanata.1951-2000: cronaca, documenti, aneddoti (curato con l’amico e pittore Pino Ruscitti); quindi i romanzi Metti i bisbetici in una stanza; Pupi e Pupari; Due domeniche; Racconti foggiani e, quale dialettologo, il Vocabolario Foggiano-Italiano e Italiano-Foggiano. Il suo esordio come scrittore era invece avvenuto, all’inizio degli anni Cinquanta, con Radiosuccessi Ricci.
Come commediografo ha curato Tuttoteatro e Tuttoteatro 2, raccolta di alcuni suoi lavori in dialetto, mentre numerose commedie sono state rappresentate. All’attivo vanta anche la vittoria in due edizioni del “Festival del Teatro Popolare”, con I Granezzuse e Une a me e n’ate pure. E’ stato anche grazie al suo contributo di autore di commedie dialettali e all’adattamento da testi classici che sono sorti due storici locali cittadini: il Circolo “3 Bis” e, dalle sue ceneri, il “Piccolo Teatro”.
Interessante anche una sua pubblicazione del 1995, Foggia Story. Dall’anno zero a questa mattina, nella quale s’intrecciano la sua vena divulgativa con il richiamo non casuale a trame in vernacolo foggiano riprese da episodi storici o di cronaca. Meno nota, forse perché meno appariscente, fu invece la sua esperienza di pittore, coltivata più come hobby.
Spiace rilevare come la sua scomparsa sia passata in città sotto silenzio, forse perché Mario Ricci non era tra quelli che amava i riflettori e parlava solo quando aveva qualcosa da dire. Con Marò – il suo pseudonimo di gioventù – scompare un pezzo di storia del giornalismo e della letteratura dialettale di Foggia. Per la cronaca Ricci era il decano dei giornalisti dauni. Ora il testimone è passato a Matteo Vigilante, che al giornalismo ha unito per lunghi anni l’esperienza diretta di politico e pubblico amministratore.

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Author: Geppe Inserra

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