Dai Monti Dauni un nuovo modello di sviluppo per la Capitanata

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In questa estate aridissima (e non soltanto per le scarsissime piogge e per l’impressionante calura) qualche apprezzabile “ventata” di cultura è giunta dall’Appennino, i cui comuni hanno proposto manifestazioni di notevole respiro e spessore culturale.
Per certuni posti, non si tratta certamente di una novità. Ascoli Satriano, che ha ospitato il tanto atteso ritorno dei grifoni policromi di marmo trafugati qualche decennio fa, è da tempo la capitale archeologica della Puglia Settentrionale, così come Orsara di Puglia è da tempo la capitale pugliese della musica jazz, ed anche quest’anno, consolidando una tradizione che sta diventando sempre più radicata, ha ospitato una edizione di Orsara Musica ricca di appuntamenti e di proposte originali.
Altri comuni però premono, si affacciano orgogliosamente alla ribalta regionale e meridionale, segnalandosi per l’originalità del loro cartellone culturale. È il caso di Accadia, che assieme alle giornate dedicate al blues e ad Appennino Art’infest, avvia quest’anno un interessante programma biennale dedicato al mito della “grande madre”, partendo dalla rivalutazione di una misteriosa scultura ospitata nel palazzo comunale. È il caso di Pietramontecorvino che sperimenta nuovi linguaggi, accoppiando quest’anno a Terravecchia in Folk l’inaugurazione del museo multimediale del Castello Ducale, dedicato a quel patrimonio straordinario della cultura immateriale di queste colline rappresentato dagli “sciambule”, una sorta di stornelli ma dal notevole spessore poetico, che venivano cantati dalle donne, sull’altalena, in occasione delle feste di Carnevale, la cui valenza è stata riscoperta da un bel libro di Raffaele Iannantuono, presentato ieri sera, a conclusione di Terravecchia in Folk.

Da Ascoli Satriano, Orsara di Puglia, Pietra Montecorvino e Accadia si dipana un intreccio ineffabile tra passato e futuro, che disegna nuove e suggestive ipotesi per quanto riguarda lo sviluppo non soltanto delle aree interne e collinari, ma dell’intera provincia di Foggia.
I quattro comuni sono, in realtà, la punta di diamante di un più vasto movimento: sono tutte queste colline a pullulare di interessanti appuntamenti culturali, spesso anche molto originali ed innovativi, laddove invece, nel resto del territorio provinciale, vuoi per la crisi della finanza locale che ha scoraggiato gli investimenti delle istituzioni locali nel settore della cultura, vuoi perché sempre più spesso (purtroppo) si ritiene che la promozione culturale coincida con l’organizzazione di eventi con la partecipazione dei grandi nomi dello spettacolo nazionale e della tv. Per dirla fuori dai denti, ben vengano i concerti di Eros Ramazzotti e di Carmen Consoli, ma l’uno e l’altra possono essere visti ed applauditi dovunque. Gli “sciambule” possono essere invece apprezzati soltanto tra le colline dell’Appennino Dauno.
Sarà un caso, o forse no, ma la maggiore parte dei sindaci dei comuni protagonisti di questo risveglio culturale dell’Appennino Dauno sono scesi in questi giorni sul piede di guerra, per sollecitare all’amministrazione provinciale di Foggia, che ha in cura la viabilità della zona, drastici e radicali interventi di bonifica e di messa in sicurezza delle sempre più dissestate e disastrate strade collinari e montane.
La questione è annosa, e si trascina irrisolta da molti anni, ma va detto che – proprio per effetto di questo nuovo clima che si respira tra i Monti della Daunia – si pone oggi in termini piuttosto nuovi, e sicuramente diversi rispetto al passato.
Fino a qualche anno fa, riparare, sistemare le strade appenniniche era giusto e sacrosanto perché quanti risiedono nei piccoli comuni non sono cittadini di serie B, e per evitare l’isolamento di questi stessi comuni.
Oggi non si tratta più soltanto di questo. L’offerta culturale che sta diventando sempre più ricca, nella misura in cui attrae sempre più cospicui flussi di visitatori, ha fatto lievitare la domanda di mobilità, e nello stesso tempo ha dimostrato che quello sviluppo compatibile da diverso tempo viene teorizzato (ma mai messo in pratica) dagli ingegneri dello sviluppo, dalle forze politiche, economiche, sindacali, è finalmente a portata di mano.
Tra le colline dell’Appennino si va sempre più profilando e consolidando un autentico modello di sviluppo che non riguarda soltanto l’aspetto culturale, ma anche quello economico e civile. Da che mondo è mondo, però, lo sviluppo è fondato sulle infrastrutture, e cominciare dalle vie (materiali e non) di comunicazione. Il problema dell’Appennino è che le vie immateriali funzionano assai meglio di quelle materiali.
Le tante manifestazioni culturali fiorite in questi anni in queste plaghe non sono il frutto del caso e neanche soltanto il prodotto della creatività e dell’attivismo dei sindaci (che restano comunque magnifici protagonisti di questa stagione). Lo sviluppo non si produce né si inventa a tavolino: è il prodotto di equilibri complicati da mettere a punto ma che, una volta azionati, svolgono un effetto trainante.
Attorno e dietro questa riscossa culturale (che è anche – non va dimenticato – una riscossa civile) sono fiorite tante piccole attività economiche: agriturismi, ristoranti, piccole strutture ricettive, musei, bed and breakfast, itinerari turistici, produzioni agroalimentari di qualità che pur nelle loro modeste dimensioni producono reddito ed occupazione in un contesto che ormai, diversamente da quanto accadeva in passato, non vive più soltanto delle rimesse degli emigrati e delle pensioni percepite dagli anziani residenti.
C’è un know how che va crescendo, che si va consolidando: i giovanissimi organizzatori di Terra in Folk, la manifestazione dedicata alla musica etnica e non solo, che si svolge a Pietramontecorvino, si sono fatti già un nome, nonostante che la manifestazione (il cui programma fa ormai invidia a più blasonate iniziative che si tengono sul territorio regionale): vengono contattati ed interpellati dai loro colleghi del resto della Puglia e del Mezzogiorno, così come accade per gli organizzatori di Orsara Musica. Una cantina di Orsara, per la sua valenza artistica, architettonica ed organolettica è stata selezionata nientemeno che per la Biennale di Venezia.
C’è una ricchezza nascosta che sta finalmente venendo alla luce: sgorga misteriosa così come un po’ di anni fa accadde quando nelle viscere di queste colline venne scoperto il metano. Allora si tennero memorabili manifestazioni popolari per impedire che – come invece avvenne – la preziosa risorsa venisse utilizzata altrove.
La differenza tra allora ed oggi è che non ci sono arrembanti multinazionali dietro l’angolo, non ci sono metanodotti già pronti che possano scippare il territorio di queste risorse che si vanno sedimentando, e che sono poi le risorse più importanti in quanto lo sviluppo per sprigionarsi ha sì bisogno di infrastrutture ma anche e soprattutto di teste, di intelligenze, di cuori, di emozioni.
Non c’è progresso civile, culturale, morale che non cammini con le sulle gambe degli uomini.
Per tutte queste ragioni, bonificare le strade dell’Appennino è una necessità ineludibile: il primo passo da compiere perché queste spinte non restino delle rondini che non fanno primavera. Per dare prospettive di futuro a questo modello di sviluppo che sta sbattendo le ali.

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Author: Geppe Inserra

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