Monti Dauni, quando era il tempo dei pionieri

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Oggi che l’Appennino Dauno (a me piace chiamarlo così, senza “sub”, né “pre”) pullula di bandiere arancioni, sta entrando sempre di più nel sentire comune che questo pezzo di Puglia è una grande risorsa e non una palla di piombo al piede dello sviluppo del resto della provincia e della regione. Ma non è stato sempre così. C’è stato un tempo in cui da parte di qualcuno si teorizzava, a mo’ di provocazione, che sarebbe costato assai di meno costruire qualche nuovo quartiere alla periferia delle città della piana, che non ostinarsi ad investire risorse finanziarie pubbliche per sistemare le strade, da sempre più croce e delizia dell’area.
La provocazione era fondata su un dato di fatto: i piccoli comuni che andavano sempre più spopolandosi, e la cui domanda di mobilità si andava attenuando, rendendo dunque sempre più critico il rapporto tra i costi dell’intervento pubblico ed i benefici. Ma per fortuna erano in molti a non pensarla così. Mi piace tra i tanti ricordare il compianto, geniale Salvatore Ciccone, la cui lungimiranza profetica lo spinse a vagheggiare l’idea dei piccoli comuni dell’Appennino Dauno come città intercomunale.
Per quanto mi riguarda, ho l’orgoglio di aver vissuto e fatto parte del tempo dei pionieri, quando a disegnare prospettive di riscatto per l’Appennino Dauno si veniva presi per inguaribili utopisti, ed ancora di più ad affidare queste istanze alla promozione culturale. Tra gli “inguaribili” c’era già Saverio “Rino” Lamarucciola: allora era il presidente della pro loco di Pietramontecorvino, che oggi guida come sindaco. (Un destino, quello di trovarsi prima o poi alla guida della propria comunità, che è capitato a diversi di quei pionieri, come Mimmo La Bella a Troia, Mario Simonelli a Orsara di Puglia e Pasquale Murgante ad Accadia).

Non è forse un caso che tra i paesi che maggiormente si distinsero, fin da allora, nell’invertire la tendenza al sottosviluppo (portare più gente nell’Appennino Dauno, incrementarne la capacità attrattiva, incrementando dunque la mobilità e sensibilizzando le amministrazioni locali) vi fossero già alcuni di quelli che oggi si fregiano della bandiera arancione, come Pietramontecorvino e Orsara di Puglia, e che una parte importante nel decollo di una idea diversa di Appennino Dauno ebbero quanti oggi sono alla guida di quelle amministrazioni: Lamarucciola a Pietramontecorvino e Simonelli ad Orsara. Rino ideò assieme ad altri amici e pionieri come Gianni Lingua, Claudia Clemente e Raffaele Iannantuono, Suoni, Sapori e Colori di Terravecchia; ad Orsara già da qualche anno si svolgeva il Festival Jazz, ma nessuno sospettava che sarebbe diventato un punto di riferimento culturale per tutto il Mezzogiorno.
A Pietramontecorvino fu fatale l’incontro tra il gruppo della Pro Loco e  quello della Refola, il periodico culturale troiano che dirigevo e che, grazie al suo fantastico gruppo di redazione che comprendeva l’indimenticabile Lillino Altobelli, Giovanni Aquilino, Antonio Gelormini e Paolo De Santis, era stato il primo a teorizzare l’idea dell’Appennino risorsa e fattore di sviluppo per la Capitanata e per la Puglia. Demmo vita congiuntamente ad una manifestazione (Inedito d’autore) che annualmente portava a Pietramontecorvino autori che presentavano un altro aspetto di sé stessi: giornalisti che cantavano o dipingevano, scrittori che recitavano (ricordo i bei contributi offerti da Lello Vecchiarino, Guido Pensato, Luciano Ventura e Sergio De Nicola) e che avevano in comune questa idea forte dell’Appennino Dauno.
La scommessa di Pietra – oggi perfettamente vinta – era quella di restituire vitalità futuro a quel gioiello straordinario, a quello scrigno di passato e di cultura che è rappresentato dalla Terravecchia e dal complesso del Castello Ducale. Antonio Gelormini teorizzò, lustri prima che l’idea si facesse largo in altre parti del Bel Paese) la possibilità di trasformare le splendide casette del borgo antico in un albergo diffuso. Giovanni Aquilino riuscì a portare a Pietramontecorvino Federico Zeri, che rimase folgorato dalla struggente bellezza di quel centro storico. 
Le strade percorse da quei pionieri poi si separarono dando vita a diversi percorsi.
La bandiera arancione che oggi svetta su Pietramontecorvino è però la dimostrazione che le buone idee camminano da sole, e che certe volte riescono a trasformare i sogni in realtà. Proprio come diceva lo slogan di Inedito d’autore: creativi gente strana / confondono un cerchio con la luna / con le tasche piene di parole / trasformano in sogni in realtà.
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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Monti Dauni, quando era il tempo dei pionieri

  1. Ho sempre letto con interesse gli scritti di Geppe soprattutto quando hanno riguardato la promozione e lo sviluppo dei paesi dei Monti Dauni. Ho anche io l'orgoglio di aver speso una parte importante della mia vita alla promozione del mio paese: Biccari. Eh sì, prima di Orsara e Pietra c'era Biccari: Rino e Raffaele vennero da me a prendere le "carte" per costituire la pro loco, come qualche giorno prima aveva fatto Lucilla Parisi. Folle di turisti e visitatori calcavano le stradine di Biccari in occasione della fest du caudjell (bruschetta) o visitando i numerosi fuoche de sant'antuone accesi ad ogni angolo di strada a salutare l'inizio del carnevale, o partecipando alle rappresentazioni mascherate ed alle "nzammaruchele" o alle tante atre iniziative promozionali per far conoscere il nostro Lago Pescara o la risistemata Torre Bizantina. E vai con le tante manifestazioni, inventate e realizzate con gli amici della pro loco per far conoscere Biccari, le bellezze dei nostri monti, le nostre tradizioni e soprattutto i nostri prodotti tipici: olio di oliva, pizza a furn apjert, pane, salsicce, taralli, ecc. Quanti sforzi per richiamare ad esempio da ogni parte d'Italia i partecipanti ai Raduni di Auto d'Epoca, primi esperimenti ottimamente riusciti di manifestazioni intercomunali. Ed in quelle occasioni ci si ritrovava con gli amici dell'Orsara Jazz o di Pietra e Roseto presso la tipografia Mauro a Troia per la stampa delle locandine…. Ci fossero stati allora i mezzi che ci sono oggi non oso immaginare cos'altro avremmo fatto: tutto e sempre per amore della propria terra, del proprio paese, delle proprie tradizioni, mai per l'affermazione del proprio io, della propria immagine. Grazie a te Geppe anche per il sostegno che hai sempre saputo dare dal tuo ufficio in Provincia.
    Salvatore Casasanta

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