La Cavalcata degli Angeli nello splendido racconto di Janet Ross

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La Cavalcata degli Angeli è una delle manifestazioni di religiosità popolare più suggestive ed interessanti del Mezzogiorno e della Puglia. Si svolge al Santuario dell’Incoronata oggi, ultimo venerdì di aprile, alla vigilia della festa della Madonna ivi venerata, secondo la tradizione apparsa l’ultimo sabato di aprile del 1012.
È un evento che non ha mancato di suscitare interesse anche in scrittori e giornalisti che in passato hanno visitato e raccontato la Puglia, come
Janet Ross, inviata del Times dal 1863 al 1867. Grande viaggiatrice intraprese il suo tour in Italia nella primavera del 1888. Partita da Taranto, giunse in provincia di Foggia alla fine del suo itinerario pugliese, visitando, tra l’altro proprio l’Incoronata in occasione della Cavalcata degli Angeli, di cui lasciò un memorabile reportage. Eccolo. Buona lettura.

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Ci recammo in carrozza da Foggia alla festa della Madonna dell’Incoronata che ha luogo nella settimana di maggio. La piccola chiesa sorge nel mezzo di un boschetto di querce ultimi avanzi della caccia reale di Federico II, a circa sei miglia da Foggia.
Oltrepassammo un gran numero di traini, ovvero carri montati sopra due enormi ruote e tirati da muli o da cavalli, attaccati in tre. La maggior parte degli animali nel centro portavano sul dorso un meraviglioso edificio di ottone lucente, alto due o tre piedi sormontato da banderuole dello stesso metallo, che giravano e luccicavano al sole, ad ogni passo che l’animale faceva. I carri erano coperti da una tenda distesa a guisa di capanna e riempiti di un numero straordinario di uomini, donne e ragazzi. Altre comitive invece si trascinavano a piedi, in mezzo ad una polvere orribile, con due o tre somari carichi di bambini, o di malati che andavano ad impetrare la loro guarigione alla Madonna. Dai campi di grano si levavano a frotte le allodole e le calandrelle: le prime aggirandosi sulle nostre teste e poi disparendo, fischiando nell’azzurro del cielo; le seconde invece appoggiandosi sopra una pietra miliare o sovra qualunque rialzo di terra, senza darsi pensiero della nostra presenza, sbattendo le ali arruffandosi le penne del petto e rialzando la testina ogni volta che mandavano fuori la loro canzone d’amore.

L’antico Santuario dell’Incoronata

Dopo aver attraversato due corsi d’acqua, rivoletti appena capaci di bagnare i ciottoli, arrivammo alla famosa, antichissima quercia, dove Federico e suo figlio Manfredi avevano l’abitudine di fermarsi durante la caccia del daino e del cinghiale… Alla mite temperatura del maggio, sotto ogni albero sbocciava una macchia di fiori, nel mezzogiorno le piante sanno bene come presto fiorire.
Non era possibile scorgere più una foglia, tanto i rami erano carichi di fiori.
Le robinie (comunemente chiamate acacie) agitavano i loro fiocchi profumati e per terra varie specie di asfodilli contrastavano lo spazio al superbo finocchio selvatico che innalzava il suo scettro dorato sino a quattro o cinque piedi d’altezza. Vicino alla chiesa, dentro piccole baracche di legname, si faceva gran commercio di rosari, giocattoli, dolciumi di dubbio aspetto, tamburelli, nocciole.
Il nostro cocchiere voleva assolutamente che anche noi rendessimo l’abituale omaggio alla Madonna, girando tre volte intorno alla chiesa; ma la polvere era soffocante e il caldo oppressivo, per cui ci rifiutammo con grande sua mortificazione.
I pellegrini giungono alla chiesa in comitive ordinate, da dieci persone fino a settanta e più, guidate qualche volta dal parroco del villaggio, o più spesso da un Capo, che riceve le oblazioni per l’altare. Coloro che possono darsi il lusso di viaggiare come K signori b, nei traini sono in minor numero; la gran moltitudine di cafoni e di contadini viene a piedi, taluni facendo fino a 80 miglia per venire a visitare la Madonna dell’lncoronata, e di qui per proseguire per Monte S. Angelo e vedere San Michele, e poi a Bari per la festa di San Nicola. L’arrivo di queste carovane è singolarissimo e pittoresco. Come la chiesa rimane un po’ elevata si può vedere attraverso le grandi distanze di grano per parecchie miglia di distanza; ed allora i pellegrini, ordinati in lunghe file, sembrano delle vere processioni di formiche. Si sentono in lontananza le loro melodie alternate, voci di uomini e voci di donne, rinforzarsi a misura che si avvicinano al bosco delle querce; ed arrivano sfiniti di stanchezza e scalzi (molti avevano levate le scarpe di cuoio di vacca) appoggiati al loro bastone di pellegrini, che ha in cima una croce e più sotto due uncini di ferro, di dove pendono una zucca con l’acqua, ed un ramo di abete e di olivo. Appena giunti fanno tre volte il giro della chiesa e poi s’inginocchiano davanti alla porta.
Ci aggirammo, curiosando, fra le comitive dei montanari seduti sopra la terra arsiccia; alcuni mangiavano, altri dormivano, ed un circolo s’era formato attorno ad un’allegra brigata che ballava la tarantella. Gli asini anche facevano parte dei gruppi e pareva si divertissero ai canti e al suono del tamburello, mentre mangiavano il foraggio o si riposavano per terra, coi bambini che ruzzolavano loro fra le‘ gambe.
Un bel gruppo di montanari in costume abruzzese attirò la mia attenzione, e siccome mi guardavano con un sorriso incoraggiante, mi avvicinai e domandati loro il permesso di osservare gli ornamenti delle donne. Mi risposero con tutta cortesia, mi offrirono da sedere sopra un basto su cui distesero un panno pulito e si misero a parlare tutti assieme; alzando più la voce quanto meno io riuscivo a comprenderli.
Infine il più vecchio della famiglia venne in mio aiuto: era stato con Garibaldi… Le donne ed io ci esaminammo le vesti con curiosità. Qualcuna portava la camicia bianca di lino, con un collo rovesciato di merletto o di ricamo, largo fin quasi sulle spalle; un corsetto di panno con le maniche staccate e poi legate al corsetto con dei nastri di colori vivaci, lasciando sgonfiare tra i nastri le maniche bianche della camicia. La sottana generalmente di panno bleu oscuro, piuttosto corta e arricciata in pieghe profondissime alla cintura bleu oscuro, piuttosto corta e arricciata di vacca. Tutte avevano dei grossi bottoni pendenti dal corsetto, orecchini enormi, ed un grosso spillone di filigrana di bellissimo lavoro e disegno appuntato nel panno bianco che portano sulla testa, piegato in speciale modo sovra i capelli legati e stretti con fettucce.
Le ragazze non portavano né lo spillone, né il panno bianco, ne’ il gran collare rovesciato; portano invece legato caratteristicamente sulla testa un fazzoletto dai colori vivaci ed un altro fazzoletto bianco incrociato sul petto…
Gli uomini portavano la giacca corta di ruvida lana casalinga con bottoni argentei o dorati e calzoni corti della stessa stoffa; panciotto di panno bleu scuro filettato più chiaro, gambali di pelle; ovvero, con maggior grazia, calze lunghe lavorate a maglia e di difficile disegno, sciarpe di lana rossa alla cintura e cappello a larghe falde, legato con un nastrino sotto il mento…
In generale gli uomini sono più belli delle donne e Michè (un montanaro dall’aspetto brigantesco, cui la comitiva inglese chiese il permesso di ritrarlo) aveva gli occhi d’un colore strano, baffetti neri e capelli castagno oscuri. . .
I poveri pellegrini entravano nella chiesa inginocchiati, e così si spiegavano avanti sino all’altare in fondo e parecchi, specialmente donne, coi gomiti e le mani per  terra strascinavano la lingua sul sudicio pavimento per tutta la lunghezza della chiesa. E come poveretti, non potevano Vedere la strada da percorrere, un amico o un parente agitava loro davanti un fazzoletto. Il pavimento rimaneva come se grosse lumache vi avessero strisciato sopra e vicino all’altare quelle tracce divenivano tutte di sangue.
Era una scena commovente e disgustosa nello stesso tempo.
Si sale all’altare attraverso una doppia fila di scalini, ciò che dà un’aria di assoluta originalità a quella chiesa. L’immagine miracolosa rappresenta la Vergine nera con le mani distese, ed è così coperta di lacci d’oro e d’argento, catene d’orologi, orecchini, fermagli, anelli e medaglioni che non rimangono invisibili che la faccia e le mani. Tutto l’altare poi è coperto di ex-voti d’ogni genere. Gambe d’argento o di cera, braccia, teste, occhi, cuori, ecc. ; e una quantità di piccoli dipinti primitivi rappresentanti la nera Madonna nelle nuvole, che salva persone, o dall’annegare o dal cadere o dal bruciare…
Alle porte della chiesa dei venditori di questi ex—voti di cera e di argento m’incitavano a comprarne uno per offrirlo all’altare…
Lasciando la chiesa, fummo attratti dal suono d’un organetto, e di un tamburello, frammisto alle stridenti note di una chitarra “battente”. Era un gruppo di montanari che ballava la pizzica e la Tarantella col più grande entusiasmo…
Poche scene ho visto così pittoresche come questa tarantella ballata nei piani di Puglie, sotto il sole abbagliante, fra gli asfodeli, i finocchi selvatici, i gigli del campo, da caratteristiche figure montanine, che piegavano il corpo flessuoso ad ogni battuta della musica vivace… Tutto l’orizzonte era un trionfo di porpora, illuminato dai raggi del sole morente…

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Author: Geppe Inserra

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