Il racconto laico del miracolo dell’Addolorata, che liberò Foggia dal colera

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Il 15 luglio del 1837 Foggia e i foggiani assistettero ad un evento prodigioso, riconosciuto dalla Chiesa come miracolo: la lacrimazione della statua della Madonna dell’Addolorata che era stata portata in processione alla Chiesa di San Giovanni Battista, durante la terribile epidemia di colera che stava decimando la popolazione.
La cultura popolare racconta che dopo quell’evento straordinario la virulenza di quella epidemia si placò, anche se qualche giorno dopo, il 20 luglio, proprio a causa del colera sarebbe morto, in odore di santità, don Antonio Silvestri.
Google Libri e Archive.Org, il più grande archivio digitale del mondo, rendono di pubblico dominio un rarissimo libretto (stando al Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale ne esisterebbe una sola copia, presso la Biblioteca comunale Sabino Loffredo di Barletta) che ricostruisce molto doviziosamente, grazie alla penna di un testimone oculare, sia l’accaduto, sia il contesto generale in cui il miracolo si verificò.
Si tratta della Relazione del miracolo avvenuto nella statua della SS. Vergine sotto il titolo dell’Addolorata che si venera nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista di Foggia fatta a questa reverendiss. Curia di Troja dal signor colonnello d. Troiano conte Marulli, pubblicata a Napoli, nel 1837, dalla Stamperia dell’ancora.
L’autore, Trojano Marulli è decisamente un personaggio singolare: scienziato, letterato, poeta di incrollabile fede borbonica, si trovava a Foggia in quanto Comandante delle armi della Provincia. Rivestiva in sostanza la carica militare più elevata, che si occupava anche dell’ordine pubblico.
Il libello è tutt’altro che un’arida relazione burocratica come il chilometrico titolo farebbe immaginare.
Marulli racconta nei dettagli lo spirito dell’epoca, un’epoca in cui eventi prodigiosi come quello che egli descrive erano all’ordine del giorno, secondo l’autore per effetto della rivoluzione francese, che “spaventò ed agitò tutta l’Europa fin dal suo nascere. O fosse l’imaginazione esaltata, o fosse lo spirito di partito, o fosse la verità, si cominciò in quell’Epoca a spacciare una nuova non prima famigerata specie di miracoli , da’ quali chi presagiva prossimo il termine di quei guai; chi al contrario la lunga durata.”

Aprendo la relazione, Marulli si professa sostanzialmente scettico: “Prima di determinarmi a credere, la mia indole mi porta ad esaminare, quindi mi determino, e ciò mi è cosi facile , ed abituale, che anche senza intervento della volontà mi succede sempre nelle cose piccole, come nelle grandi e importanti , sia nelle materie più obvie e comuni della vita, sia nelle materie letterarie e scientifiche, sia ne gli affari.”
In riferimento ai miracolo, l’autore scrive: “il mio animo è difficilissimo a crederli; non già per ispirito d’ incredulo scetticismo, ma per uno spirito invece di vera credenza ; poiché come Cattolico Apostolico Romano credo, che Dio li fa o di proprio moto, o ad intercessione di Maria Santissima, e dei Santi, ma credendoli voglio colla mia critica, colla mia riflessione trovarli veri, e tali da non dubitarne, onde siano per me miracoli effettivi, che mi confermino sempre più nella Fede, e nella Speranza nella misericordia , ed onnipotenza di Dio , affinchè la mia carità si accenda vieppiù.”
La narrazione dei fatti comincia dal mattino del 14 luglio, quando Marulli riceve la Badessa del Monastero di S. Chiara di Foggia che gli consegna una lettera scritta da una signora di Lucera, che racconta di un miracolo che si era verificato la notte prima a Lucera. Il Marulli non vi presta fede, e commenta che “il tempo delle disgrazie essendo il tempo delle illusioni , il popolo poteva essersi illuso nel fervore di sue preghiere per lo sviluppo anche colà del morbo pestilenziale, che purtroppo da un anno ormai affligge il nostro Regno.”

Tanto scetticismo è però destinato ad essere messo a dura prova dall’evento di cui lo stesso Marulli sarebbe stato testimone, nella notte tra il 15 e il 16 luglio. Era sabato, e il Comandante delle Armi decise di andare a teatro, dove veniva data una commedia. Durante la rappresentazione venne raggiunto nel palco da un suo collaboratore, il Capitano D’Elia, che gli riferì che il popolo era accorso in folla alla Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni, “dove dicevano, che la Madonna sudava e piangeva. A tale notizia – scrive Marulli nella sua Relazione – il mio primo pensiero, e la risposta fu : anche qui vogliono imitare Lucera dopo quanto si è sparso ieri.”
Dunque, inizialmente Marulli non presta fede, pensando si tratti di un’altra manifestazione di suggestione collettiva. Alla fine dello spettacolo, decide però di recarsi a San Giovanni Battista, se non altro per rendersi conto della situazione dell’ordine pubblico.
La Chiesa era abbastanza lontana dalla sua abitazione. Il Capitano delle armi è pertanto costretto ad attraversare la città “in mezzo ad un’affluenza di popolo , che sboccava da tutte le vie, specialmente di donne, che scarmigliate, e scalze vi si recavano ad un bel chiaro di luna.”
Il racconto diventa adesso incalzante:

“Giunto alla gran piazza della Fiera ov’è situata la Chiesa, vi era davanti un’ immensa calca di gente, oltre quella, che era in Chiesa stivata, per cui impenetrabile a me si rendeva. Ma non appena fui riconosciuto, che avendo que’ tutti somma bontà per me, che tutti successivamente si aprirono, e colla scorta del mio Gendarme seguitato dal Veterano, e dal mio Cameriere, ch’era accorso ancor esso , mi fu facilissimo di giungere fin sopra 1′ Altare Maggiore, ove sulla sacra Mensa stava collocata la Statua vestita dell’Addolorata.”

Marulli si inginocchia e prega. Poi prende ad osservare la Statua, accorgendosi del prodigio che si stava consumando davanti ai suo occhi:

“Ai primi sguardi io nulla viddi. Altro non raffigurai, che una bella, e commovente Immagine, in cui lo scultore ha felicemente impressi i moti di un dolore profondo, e dignitoso. Ma pochi istanti dopo viddi chiaramente la fronte, le gote; la gola, e la mano destra inumidirsi , e cospergersi di un sudore che era vero all’ apparenza, specialmente nel la gola, vicino alle narici, e sul mento, e più vero sembrava per gli stessissimi accidenti che offriva, quali appunto si osservano in ogni volto umano crescendo , decrescendo or più, or meno, or da una parte, or dall’altra, in istanti. Non poteva ciò non sorprendermi, ma le radicate mie idee mi fecero subito ricorrere, il pensiero, che il gran calore delle moltissime torce, che la circondavano, e che noi circostanti provavamo, avesse potuto ammollire la vernice , che la tinge , e così inumidita apparire sudata, poiché sudore sarebbe stato ancor quello. Men tre così l’andava tra me discorrendo intorno a questo sudore, che nonostante il mio critico pensiero sempre più mi compariva vero; viddi dal volto cadérle di quando in quando delle gocce di questo sudore nel seno; ma per una giusta conseguenza del mio primo pensiero, io diceva tra me, se il sudore è il pro dotto del calore, e della liquefatta vernice, il distacco, e la caduta delle gocce sono un effetto semplice, e naturale, non già di un liquido soprannaturale, ed estraneo. Ma siccome queste mie osservazioni sul sudore durarono un’ ora e mezzo, e costantemente vi osservai tutte le fasi sudette non solo, ma prosciugarsi interamente anche spesso, quindi ricomparire variato a seconda più o meno di altre circostanze, che dirò, e sempre di una tinta chiara , ed acquosa, così dovei alla fine convincermi , ch’ era assolutamente miracoloso.”

Il sudore non è il solo elemento prodigioso osservato e raccontato da Marulli, che prosegue:

” Dunque quel sudore era e fu miracoloso. Ma che tale lo fosse si evince anche da un’altra pruova ben grave. L’Immagine inalzava di frequente gli occhi verso il Cielo, e si vedevano le pupille girarsi dolcemente all’apogeo sul bulbo dell’occhio, sicché la pupilla celestrina, vivida , lucida quasi si congiungeva con una mossa soavissima al ciglio restando bianca, e convessa la restante cavità dell’ occhio , ed io riflettei , che questo inalzamento della pupilla non era propriamente diretto alla sommità perpendicolare , allo Zenit del Cielo, ma ad una sommità diagonale e vicina, che non oltrepassava 1’altezza della Chiesa interna , di modochè argomentai, che il Signore era a pochissima distanza dall’Immagine Santa sopra di noi, ch’ eravamo in Chiesa; giacché quelle pupille esprimevano preghiera, fervore, dolore intensissimo, pietà talmente viva, e vera, che per quanto io giudicava, (e forse mal non m’ appongo ) venendo dal Signore negata, e non conceduta la grazia, si appannavano, mostravano lutti i segni dello svenimento ricadendo smorte nell’orbite dell’occhio, ed il volto si scoloriva, ed impallidiva come la carta la più bianca, ed allora compariva bagnata di sudore soffrendo un’ effettiva angoscia mortale, come ogni altra donna, ogni altro uomo, il sudore mostrandosi freddo, ed il volto perfettamente svenuto. Siccome queste asfixie di angoscie furono almeno sei, che io, e tutti i miei circostanti, cui ogni volta le feci osservare, e tutti ne convennero, così son sicuro, che non mi sono nè ingannato, nè illuso. Ripigliava quindi or più presto, or più lentamente colore , e il sudore si andava gradatamente rasciugando, insomma tal quale ne’ nostri svenimenti. Gettava uno sguardo di compassione su noi, e ritornava ad inalzar le pupille pregando , e certamente discorrendo col Signore. Che così io non potei a meno di argomentarlo da due altri segni miracolosissimi, che distintissimamente, ed io, e tutti vedemmo. Il primo per ben tre volte ho veduto formarsi la lagrima nel suo occhio sinistro ne’ varii intervalli di sue fervide preghiere al Signore, queste la prima mi comparve di vivo sangue, la seconda, che mi fu visibile per buoni venti secondi fu come un vero brillante lucidissimo, e splendentissimo, la terza una lacrima naturale effettiva. Si formava 1′ umor lacrimoso nell’occhio, come ho detto in abbondanza, scorreva per l’occhio, giunto all’ angolo interno dell’occhio raccoglievasi in goccia, quindi traboccando scorrevale lungo il naso, e sperdevasi sul resto del volto inferiore mischiandosi col sudore. L’ altro segno fu più frequente, almeno otto volte da me osservato, e non meno sorprendente, e che espressamente feci più volte rimarcare a tutti i miei vicini, e tutti lo viddero. Mentre pregava, 1′ espressione, e l’attitudine, che il sacro volto prendeva era di un dolore pietosissimo , ed intensissimo , che gradatamente cresceva fino all’estrema angoscia , come ho detto , e fino al pallore mortale, e allo svenimento. “

La versione integrale del libretto può essere letta o scaricata da questo link.

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Author: Geppe Inserra

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