Cinemadessai | Operazione San Gennaro, tra noir e risate

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OGGI
Operazione San Gennaro, girato da un Dino Risi in stato di grazia nel 1966 (il regista firma anche la sceneggiatura, assieme a Ennio De Concini, Adriano Baracco e Nino Manfredi) è uno dei film italiani che vanta il ritmo più serrato e la struttura narrativa più coerente e più azzeccata.
Anche se l’ambientazione partenopea è piuttosto convenzionale, la storia fila via liscia, avvince lo spettatore e lo diverte, grazie anche ad un cast internazionale di notevole spessore: Nino Manfredi, Senta Berger, Harry Guardino, Claudine Auger, Vittoria Crispo, Totò, Pino Ammendola Mario Adorf.
Tre malfattori americani si mettono in testa di rubare il tesoro di San Gennaro. Allo scopo, contattano, su consiglio di don Vincenzo (Totò), recluso a Poggioreale, Dudù (Nino Manfredi) che capeggia una sgangherata banda di ladruncoli.
Quando il napoletano viene informato del piano, tentennano davanti alla ipotesi del furto sacrilego, ma alla fine viene deciso di effettuare il colpo durante la serata finale del Festival di Napoli, per poter approfittare così di una città semideserta e distratta dalla manifestazione canora.
Da qui parte un crescendo di rocamboleschi colpi di scena. Nonostante una soffiata alla polizia, il colpo riesce. Gli americani si involano con il bottino, ma dovranno fare i conti con Assunta, la mamma adottiva di Dudù…
Seppure ridotta a cinque piccole scene, l’interpretazione di Totò (ormai vecchio, stanco e praticamente cieco) è di straordinaria intensità e intenso realismo.
Per gli esterni girati a Napoli rifiutò dalla produzione la diaria, compenso in denaro che si dava agli attori quando erano costretti a girare fuori sede, per lui napoletano verace che girava un film nella sua città era inconcepibile percepire quei soldi: “Come vi permettete di dare la diaria a un napoletano come me? Io sono napoletano verace e nella mia città non posso avere la diaria”.
Stasera, alle 22.00, su Tv2000.
DOMANI
L’orario è impossibile (alle 2.40 della notte tra martedì e mercoledì) ma è decisamente il caso di programmare il videoregistratore  per non perdersi il passaggio televisivo (su RaiMovie) dell’ultimo film di Edoardo Winspeare, In grazia di Dio, ritenuto tra i più interessanti realizzati dal regista salentino, che detiene il record di essere stato il primo autore italiano a prendere parte al Sundance Festival, il più importante festival di cinema indipendente del mondo, con l’indimenticabile Sangue Vivo.
In grazia di Dio rappresenta in un certo senso un ritorno alle origine, ad una certa idea di cinema “duro e puro” che ha visto in Winspeare un interprete rigoroso e coerente. Selezionato per partecipare alla 64ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino nella sezione “Panorama”, il film è una tipica produzione fatta in casa: interpretato da attori non professionisti (la protagonista è la moglie di Winspeare, Celeste Casciaro, la coprotagonista la figlia di quest’ultima Laura Licchetta, il principale interprete maschile il socio del regista Gustavo Caputo), è ambientale nel Salento.
Racconta la storia di una famiglia di fasonisti (piccole aziende che producono capi d’abbigliamento per conto di grandi marchi) costretta dalla crisi economica a chiudere i battenti. Il fratello decide così di emigrare, le due sorelle tornano alla casa paterna. Una sogna di tornare a fare l’attrice, l’altra, per non essere sommersa dai debiti, decide di lavorare la terra.
Quella che appare come una costrizione, ben presto si rivelerà essere l’inizio di una catarsi che porterà le protagoniste a riconsiderare il vero senso della vita e le loro relazioni affettive.
“È la rivelazione delle cose fondamentali della vita di una persona – ha scritto Winspeare nelle note di regia – : la bellezza della creazione, la scoperta del bene, la meraviglia, la gratitudine per essere sulla Terra, il senso di comunità, la comprensione del dolore e anche del male, la soddisfazione per il proprio lavoro e, soprattutto, l’amore che ci lega alle nostre relazioni come a tutti gli abitanti della Terra. “
È un film intriso di realismo, ma un realismo poetico che se da un lato racconta con aspra crudezza la crisi economica e i suoi spietati meccanismi, dall’altra  indica possibile vie di speranza e di riscatto. Insomma da non perdere.

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Author: Geppe Inserra

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