Come nacque il grande Foggia di Pugliese e Rosa Rosa (di Geppe Inserra)

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La stagione 1960-61, che segnò il ritorno del Foggia tra i cadetti, dopo quindici anni di saliscendi tra la C e la quarta serie, non andò come sperato. Sul rendimento dei rossoneri gravò un handicap che alla fine del campionato si rivelò decisivo: il suo bomber, Vittorio Cosimo Nocera, fu chiamato al servizio militare di leva, e non assicurò una presenza costante (confermandosi, comunque, con 10 reti, il miglior realizzatore del Foggia).
Nelle prime sette partite del campionato, i rossoneri conquistarono appena quattro punti, frutto di altrettanti quattro pareggi, perdendo tre volte. Ai primi di gennaio del 1961, la compagine su affidata all’esperto allenatore Paolo Tabanelli (aveva allenato la Sampdoria in serie A e l’anno prima il Bari), ma il cambio di guardia non giovò particolarmente alle sorti della squadra. Tabanelli, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Italia con l’Atalanta, fu esonerato dopo una quarantina di giorni, la squadra tornò a Leonardo Costagliola, che non fu però in grado di andare oltre il 19° posto, che significò l’amaro ritorno in serie C.
Ma è proprio tra l’estate e l’autunno del 1961, nella diffusa amarezza dei tifosi che avevano così presto visto svanire il sogno del Foggia nel calcio che conta, che sarebbe nato lo squadrone che avrebbe dato alla città la soddisfazione della serie A.
La prima svolta avviene in panchina. A Costagliola succede Oronzo Pugliese, che a Foggia sarebbe diventato “il mago di Turi”, soprannome affibbiatogli dopo la storica vittoria sulla Grande Inter campione del Mondo guidata dall’altro  “mago”, Helenio Herrera.

Oronzo Pugliese

Pugliese era un allenatore molto esperto delle serie C. Giunse a Foggia reduce da un quarto posto nel girone B con il Siena, ma con il sodalizio toscano, tre anni prima, aveva sfiorato la promozione tra i cadetti, perdendo lo spareggio con  l’Ozo Mantova.
Il presidente Armando Piccapane, onest’uomo molto attaccato alla squadra, deluso dalla retrocessione e dai malumori della piazza, aveva manifestato la volontà di lasciare.
A Foggia cominciava a respirarsi un clima diverso, anche politicamente parlando. Nella Puglia di Aldo Moro, il centrosinistra, ovvero l’idea di un’alleanza tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista nei consessi amministrativi locali, stava diventando qualcosa di più di una suggestione. C’è chi ricorda che proprio a Foggia, in un incontro che si tenne presso le Marcelline, il grande statista di Maglie lanciò l’idea dell’apertura ai socialisti. E il capoluogo dauno sarebbe diventato una specie di cantiere, per le prove tecniche della nascita del centrosinistra.
Sul versante sportivo si anticipò così quanto sarebbe successo di lì a poco a Palazzo di Città, con l’elezione a sindaco di Carlo Forcella, moroteo doc, e padre del primo governo di centrosinistra foggiano.

Anche nel mondo del pallone successe qualcosa di simile. Piccapane voleva andarsene, e l’on. Gustavo De Meo, democristiano, preoccupato per le ripercussioni che avrebbero potuto essere provocate da un vuoto ai vertici della società, si dette da fare per convincere ad assumere le redini del Foggia Domenico Rosa Rosa, imprenditore campano del settore del legno, di simpatie socialiste.
La coppia Rosa Rosa-Pugliese porterà il Foggia nell’aristocrazia del calcio, fino alla serie A. Ma gli inizi furono tutt’altro che facili: “Quando mossi i passi iniziali nel calcio – racconterà qualche anno dopo don Mimì a Giovanni Spinelli, in una intervista rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno – mi trovai alle prese con una società disastrata dai debiti. Ma, piano piano, con la volontà e l’impegno, si riuscì a compiere la memorabile scalata. E vennero gli anni radiosi, ricchi di entusiasmo. Anni favolosi, che sono rimasti nella storia e che nessuno ha mai dimenticati.”

È il 4 novembre del 1961 quando il commendatore arriva alla presidenza del Foggia. Il campionato era già cominciato da qualche giornata. Nel mercato estivo si erano affiancati a Vittorio Nocera, Francesco Patino e Matteo Rinaldi, altri giocatori che avrebbero costituito l’ossatura del Foggia delle meraviglie: il centrocampista Antonio Ghedini, acquistato dal Del Duca Ascoli, il difensore Roberto Corradi, promettente giovane prelevato dal vivaio del Milan, e soprattutto il foggianissimo centrocampista Vincenzo Faleo, cresciuto calcisticamente nell’Andria, e già tesserato nel Foggia, due anni prima, senza però aver ancora avuto la possibilità di esordire in rossonero. Dopo un brillante campionato al Benevento, Faleo tornò al Foggia, per diventare una inamovibile pedina del centrocampo rossonero.
Il torneo è un testa a testa tra il Foggia e il Lecce (corsi e ricorsi storici…), che si risolverà sul filo di lana, a vantaggio dei satanelli.
Al 31a giornata di ritorno la bilancia sembra pendere dalla parte del Foggia, che pareggia a L’Aquila mentre a sorpresa i leccesi perdono il derby che li vede opposti fuori casa al Taranto. Adesso i satanelli hanno due punti di vantaggio in classifica sui salentini: 41 il Foggia, 39 il Lecce. E la domenica dopo, il 20 maggio del 1962, c’è lo scontro diretto, allo Zaccheria. Una partita che per il Foggia potrebbe significare il lasciapassare per la promozione. È ormai la terzultima giornata. Se vincessero i rossoneri, basterebbe solo un punto nei due incontri successivi. Ma le cose vanno, male, molto male. Il Foggia perde, com’era già successo all’andata.
Si gioca davanti a 15.000 spettatori, in un pomeriggio molto ventoso. Il Lecce imbriglia le ali rossonere, col risultato di isolare Nocera, costretto a battersi da solo contro i centrali salentini. La partita è aperta e combattuta, con il Lecce che risponde colpo su colpo agli attacchi rossoneri, fino alla metà del primo tempo, quando i padroni di casa diventano più arrembanti e pericolosi. Il portiere giallorosso Bendin si erge a protagonista parando tiri insidiosi di Nocera, Faleo e Patino.
Il primo tempo finisce a reti inviolate, ma l’equilibrio di spezza al 13’. Su calcio piazzato, dal limite dell’area, Malavasi riesce a superare la barriera con un tiro teso e preciso che sorprende l’estremo difensore rossonero, Biondani. Qualche minuto dopo, al 20’, i salentini raddoppiano: Malavasi scende sulla fascia, crossa al centro, Rinaldi cerca di rinviare di testa, ma non riesce, il pallone finisce ad Arfuso che insacca senza difficoltà.

Il Foggia non si scoraggia ed accorcia subito le distanze quando, al 22’, l’ala Morelli raccoglie un cross di Patino che aveva superato in velocità la difesa ospite e aveva messo a centro la palla con una parabola che aveva ingannato il portiere Bendin.
Qualche minuto dopo il Lecce resta in dieci, per l’espulsione di Remini. Il Foggia si getta generosamente in avanti, ma i salentini controllano la reazione rossonera. La vittoria consente loro di agganciare il Foggia a quota 41 punti, quando mancano soltanto due giornate alla fine del campionato.
Non si abbatte mister Pugliese, che se la prende con il vento, con il nervosismo della squadra e con l’arbitro, e alla fine tuona: “Siamo ancora vivi.”
Ma bisogna dimostrarlo subito, fin dalla domenica successiva, penultima di campionato, che vede i satanelli impegnati allo Zaccheria con il Bisceglie, mentre il Lecce deve affrontare in casa il Potenza. Come andrà a finire? Ve lo racconto domani.
Geppe Inserra
(5. continua)

Per leggere le precedenti puntate del racconto delle promozioni in B del Foggia, cliccare sui relativi collegamenti:

  1. Il grande Foggia: il racconto delle promozioni in B
  2. Quando Foggia sposò il Foggia
  3. Foggia,1946: tra le macerie della guerra, il sogno (realizzato) della serie B
  4. 1960, il Foggia promosso. Assieme alla città.
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Author: Geppe Inserra

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