La Pasqua di don Tonino Intiso al cimitero di Lucera

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Don Pasquale Caso e don Tonino Intiso
Partecipare alla Messa pasquale in un cimitero può essere una esperienza intensa, soprattutto se il  cimitero in questione è quello di Lucera e se a a celebrarla c’è don Tonino Intiso. Cosa ci faccia il sacerdote foggiano a dir Messa nella bella chiesetta del camposanto della cittadina sveva dovrebbe indurre alla riflessione la chiesa foggiana, ma questo è un altro discorso fuori luogo in un giorno di festa come quello di oggi.
Don Tonino mi ha chiesto di accompagnarlo. L’ho fatto volentieri, ed è stata una esperienza che mi ha arricchito, grazie anche alla bella comunità che il cappellano, don Pasquale Caso, è riuscito a creare, in un luogo così particolare. 
Mi piace condividerla con gli amici e i lettori di Lettere Meridiane. Eccovi, di seguito, ampi stralci dell’omelia tenuta da don Tonino, con i suoi auguri pasquali.
* * *
Vi faccio e mi faccio gli auguri di Buona Pasqua. Vorrei che il Signore ci facesse toccare con mano la bellezza profonda del gesto augurale, dandoci consapevolezza di che cosa significa fare gli auguri. Quando ci facciamo gli auguri, che auguri ci facciamo, che cosa ci scambiamo, che cosa ci diamo? Stiamo attenti alle parole che usiamo. 
Noi auguriamo all’altro di risorgere, e chi ci fa gli auguri di Pasqua, ci augura di risorgere. 
C’è da risorgere in qualche cosa che in noi è morto. Noi crederemo che veramente Gesù è risorto, perché io sono risorto, sto risorgendo. Altrimenti, non ha senso che io festeggi Gesù risorto, ma un Gesù che non ha niente a che fare con me, che festeggio? 

La bella Chiesa del Cimitero di Lucera
Rischiamo di celebrare la Pasqua senza risorgere. 
Il Signore stesso ci invita a dare senso al tempo. Ci dice di vivere in modo che contino i giorni, facendo contare i nostri giorni. 
Per questo, oggi, dobbiamo essere attenti nel fare memoria della Resurrezione, e di vedere quanto ci ha fatto risorgere, dall’anno scorso ad oggi. 
Sono risorto? Sono qualcosa di meglio dell’anno scorso, o la Pasqua dell’anno prossimo mi troverà non solo come, ma peggio di oggi? 
Credere a Dio risorto significa credere che Gesù era risorto anche ieri. Che era vivo l’altro giorno. Che era vivo quando abbiamo seguito il nostro caro parente o amico ammalato, e poi questo è morto. E Cristo era vivo allora, per darci vita. Quindi, noi perdiamo il tempo a lasciare che Cristo che ha attraversato la nostra vita ed è risorto perché non restiamo nel peccato, non restiamo nel male, senza approfittare di questa opportunità, di questo dono. Così la vita resta in un tempo perso…
Capite dunque, che abbiamo da risorgere veramente? E questo lo può fare soltanto il Signore. E allora, l’augurio che faccio a voi, che faccio a me, è di essere più coerenti con le parole che diciamo.
Una parola che vorrei riscoprissimo in questo tempo pasquale è benedizione. A Pasqua si benedicono le case, spesso chiediamo ai sacerdoti di benedire l’auto, la bicicletta.
Vorrei chiedervi: che significa quando chiedete la benedizione della casa, della macchina? Che cosa chiedete? I Cristiani sanno che cosa significa bene-dizione? Se oggi usciamo di qua con qualche idea più chiara sulla bene-dizione vuole dire che abbiamo fatto un passo avanti.
Benedire vuol dire chiedere sl Signore che dica bene di me. Chiedere una benedizione per la casa significa allora chiedere a Dio che questa casa serva a dire bene di me, della famiglia che abita nella casa.
Quando mi chiedono di andare a benedire una casa, io rispondo: vengo, ma state attenti, io non vengo a mettere un ferro di cavallo sulla vostra porta. Certe volte mi chiedono di benedire un’automobile perché non succedano incidenti, come se fosse colpa della macchina. No. Benediciamo la macchina perché è un regalo della Provvidenza.
Avete lavorato e fatto sacrifici per questa casa, ma sappiate che è qualcosa che vi viene dal Signore. Questa casa viene dal Signore, che dandovi la vita, vi ha fato la possibilità di averla ed abitarla. Chiedendo la benedizione, voi volete che questa casa sia qualcosa che dica bene di Dio e che Dio dica bene di voi. E perché Dio dica bene di voi è necessario vivere in grazia di Dio.
La benedizione che chiediamo è dunque un patto con Dio: io vivrò in maniera tale che Tu, Signore, possa dire bene di me. 
Capite cosa c’è dietro quel gesto semplice di benedire? Crediamo che si tratti di rimandare a Dio la responsabilità della cura e della custodia di ciò che viene benedetto. Invece no.  È un patto in cui diciamo al Signore: io farò tutto quello che potrò fare,  però non posso farlo da solo, tu mi devi aiutare, altrimenti non dirai bene di questa casa. E la casa è il luogo in cui ci amiamo, oppure litighiamo. Noi benediciamo le mura, ma le mura sono un dono di Dio che ci serve per poter amare, servire, vivere.
Dobbiamo riscoprire il senso della Provvidenza: Dio vede, prevede, provvede. Non possiamo dirlo solo a chiacchiere, dobbiamo viverlo.
Allora anche quest’anno, dopo tante Pasque, dobbiamo chiedere la Resurrezione dalla nostra ignoranza, dalla nostra inconsapevolezza, dalla nostra irresponsabilità. C’è oggi qualcuno che si prende la responsabilità di quello che fa? Questa è la Resurrezione: aiutare persone vive, non dei morti ambulanti. 
Qui siamo nel paese dei vivi morti, mentre noi siamo il paese dei morti vivi. Capite dov’è il problema? Quella nostra commozione, quando veniamo in questo posto, dev’essere una commozione che sentiamo per una persona vera, e viva. Di che cosa mi commuovo se penso che non esiste più? Mi commuovo di qualcosa che non esiste, o mi commuovo di qualcuno che è ancora vivo?
Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra vita. Credere a Cristo risorto vuol dire credere a una presenza permanente in me, che si è messa dentro di me nel giorno del Battesimo, anzi nel giorno della creazione , quando mi ha comunicato la sua vita, che ho tradito, e che lui è venuto a rimettere a posto.
Ieri sera mi sentivo commuovere per quelli che venivano battezzati dal Papa. Mi commuoveva pensare che quelle persone non erano più quelle di prima, erano diventate tabernacolo di Cristo come siamo diventati noi. E pensare che molti discutono ancora che è meglio fare i Battesimi fuori dalla Messa, perché la gente si stufa. Se succedono discussioni così,  è perché la gente non prende coscienza che con il Battesimo sta crescendo la famiglia, che accoglie un altri figlio, un altro fratello. 
E noi che siamo qui. siamo famiglia? Ci sentiamo veramente una famiglia perché abbiamo tutti lo stesso sangue, quel sangue che Cristo ha versato per noi,  e che oggi diventa fonte di vita?
Questo è l’augurio che ci dobbiamo fare in questa Pasqua: una fede più consapevole. E dobbiamo chiedere al Signore di aiutarci perché soltanto lui può darcela.
don Tonino Intiso
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Author: Geppe Inserra

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