#antoniofacennavive: un mese fa i giorni della tragedia

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Gianfranco Pazienza è un cantore della dimensione più ancestrale del Gargano. Lettere Meridiane ha raccolto in un e-book alcuni suoi racconti che descrivono quel Gargano Spiritus Mundi o quello stile di vita podolico su cui il Carpino Folk Festival sta tessendo la trama di una proposta culturale di fascino straordinario e di livello internazionale.
Antonio Facenna, il giovane allevatore ucciso dall’alluvione mentre cercava di trarre in salvo il suo bestiame, è l’emblema di questo Gargano antico, ma ritrovato.
Un mese dopo la tragedia, ecco il commosso ricordo di Gianfranco Pazienza.

* * *

L’ultimo saluto ad Antonio Facenna è stato una serenata d’amore per un ragazzo d’oro e per il Gargano. I suoi amici lo hanno accompagnato così, con una interminabile melodia, suonando e cantando alla carpinese.
Ho ascoltato le loro voci come una preghiera, e ho pregato rinnovando l’impegno di stare accanto a quei ragazzi: saranno la rinascita di questo territorio martoriato.
Antonio è stato prezioso per tutti loro, era capace di essere una guida, di condurre uomini e animali con un antico rituale accogliente, espresso con i gesti semplici della cura e dell’amore. Antonio continuava ad occuparsi delle incombenze dell’azienda, lavorando e accudendo con premura i suoi animali, anche mentre accoglieva in questi mesi, da quel fantastico 25 aprile 2014, il mondo incuriosito dalla vita agro pastorale del Gargano.

L’azienda Facenna era diventata una meta, quasi un santuario zootecnico, grazie all’intuizione del Carpino Folk Festival di voler promuovere il “mondo podolico, uno stile di vita” con la Festa della Transumanza. Una scommessa vinta da Antonio e Luciano Castelluccia.

“La gioventù di Vico e di Carpino, che organizza la festa della transumanza e un bellissimo folk festival, ha accompagnato con le chitarre e con i canti la bara di Antonio Facenna, 24 anni, travolto e ucciso dall’acqua. Antonio era corso alla sua masseria, dai suoi animali, per metterli al riparo dal maltempo. (…) la madre e il padre di Antonio raccontano di questo figlio che studia ma si fa contadino, pastore, allevatore (“non un mestiere, ma uno stile di vita” così scrive Antonio su Facebook). (…) Mentre mi accingo a congedarmi da un decennio che mi ha succhiato la vita, penso proprio ad Antonio e alla sua generazione e ai suoi sogni e alla sua masseria che diventerà – l’ho promesso ai genitori – una masseria didattica. Se ho fatto qualcosa di buono in questi dieci anni e in tutta una vita, vorrei dedicarlo proprio ad Antonio: è lui l’eroe della nostra storia. (…)”
Queste le parole commosse di Nichi Vendola all’inaugurazione della Fiera del Levante e, meglio di me, dicono di Antonio. Se il Presidente Vendola ha preso impegno perché l’azienda zootecnica della famiglia Facenna diventi una Masseria didattica, tutti noi sapremo dare il nostro aiuto perché questo sogno si realizzi: una masseria dove insegnare ad amare e curare questo territorio, per aiutarlo a vivere, come sapeva fare Antonio.
Dopo quel 25 aprile, sono tornato all’azienda Facenna con Luciano a metà maggio. Antonio stava governando le capre e al mattino, uno dei capretti appena nati non si era attaccato alla mamma. Si era arrabbiato perché nessuno aveva provveduto a fare attaccare subito il capretto alla mamma naturale, ora poteva ripudiarlo e non svezzarlo più.
Giacomo Facenna, il padre di Antonio, mi raccontava le fatiche per rimettere su la mandria e il gregge dopo l’epidemia di “lingua blu”. Adesso voleva certificare la sua azienda e il piccolo caseificio, mi chiedeva di aiutarlo a risolvere il problema della rete elettrica, almeno per avere l’acqua calda mi diceva. Poi abbiamo parlato della presenza dei lupi, se ne avevano visti o meno. Parlando gli ho confessato del mio sogno ambizioso: progettare alla “Masseria Agropolis”, struttura abbandonata, ex Comunità Montana del Gargano, e fare li una stalla per lo svezzamento e l’ingrasso dei vitelli podolici, da ospitare con la mamma, per poi riportarli al pascolo brado. Un modo per accrescere il valore dei vitelli ed evitare così le perdite accidentali nei primi mesi di vita. Giacomo mi ascoltava incuriosito e gli occhi gli brillavano mentre mi diceva: sarebbe una iniziativa bellissima per il futuro di questi ragazzi. Come a raccomandare il futuro di suo figlio, aveva fiducia nelle capacità di Antonio. Lo ammirava.
A fine di ogni incontro il gesto accogliente che mette in relazione un pastore con i suoi ospiti è il pezzo di mozzarella di pasta filata, offerto dopo averlo tagliato con un coltellino. Era oramai il tramonto e Antonio ha ripetuto quel gesto con una grazia e una confidenza inimitabili, presentandomi con quel morso di formaggio il Gargano genuino e saporito. Non ricordo i suoi occhi, forse verdi e penetranti. Ricordo la luce, l’ombra proiettata da Monte Elio sulla valle, colline e pascoli immersi nel verde intenso a maggio; sotto, il blu del lago di Varano e all’orizzonte le isole Tremiti ancora illuminate dal sole al tramonto. Forse erano così i suoi occhi, con i colori di tutto quello che aveva intorno, semplicemente il suo paesaggio: l’azienda di famiglia è li, sospesa tra la terra e il lago, e lui è li.
Gianfranco Pazienza

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Author: Geppe Inserra

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