Tommaso Palermo, cultore di storia locale, tra i maggiori esperti dei bombardamenti su Foggia e degli eventi connessi, mi ha inviato un dettagliato contributo di riflessione e di approfondimento a proposito della lettera meridiana in cui, traendo spunto dalla testimonianza di un lettore e incrociandola con quanto narrato dallo scrittore Luciano Bianciardi sulla tragica incursione del 22 luglio 1943, veniva ipotizzato l’uso, da parte delle forze aeree alleate, di bombe al fosforo.
Palermo conferma questo sospetto, con un’analisi rigorosa dei dati storici e di altre testimonianze disponibili. Ecco quanto scrive Tommaso, che ringrazio per il suo impegno storico e divulgativo. (Nella foto, “Foggia distrutta”. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/File:Foggia_distrutta.jpg#/media/File:Foggia_distrutta.jpg)
Le bombe lanciate sulle città dagli angloamericani erano dei proietti cavi di corpo metallico contenenti una carica esplosiva, materiale incendiario o gas tossico, pertanto la suddivisione di questo specifico “mezzo d’offesa” era in: bombe dirompenti o esplosive, incendiarie, a gas.
Le prime furono quelle maggiormente usate su Foggia: le bombe GP, d’uso generico, che contenevano una miscela di nitrato d’ammonio e tritolo, il cosiddetto amatolo.
Un aspetto interessante per la tua domanda, però, riguarda un altro tipo di bomba usata su Foggia: lo
spezzone incendiario. Gli spezzoni (del peso di 4 libbre ossia 1,81 kg) contenevano miscele incendiarie come: la termite (miscela di alluminio e di ossido di ferro) e il fosforo, associato o meno con solfuro di
carbonio. Nel caso di utilizzo del fosforo, nella combustione si sprigionava anche un gas velenoso quale l’idrogeno fosforato.
La presenza del fosforo negli ordigni sganciati sulla città di Foggia è non poco plausibile, anche se gli spezzoni vennero lanciati in minor misura rispetto ad altre tipologie di ordigni. Lo spezzone aveva la funzione di provocare ed alimentare incendi, ragion per cui fu largamente usato nelle città tedesche, ricche di abitazioni in legno, come nel caso del raid su Amburgo. A Foggia, città con edifici in muratura, era
maggiormente necessario l’uso di bombe a frammentazione.
Una testimonianza preziosa e diretta ci viene dal diario di Ignazio d’Addedda, Brigadiere dei Vigili del Fuoco all’epoca dei bombardamenti di Foggia. È la sua testimonianza a confermare l’utilizzo degli spezzoni
sulla città. D’Addedda descrive l’inferno della stazione; fra i vagoni sconvolti degli spezzoni alimentano gli incendi:” E’ una amara sorpresa perché intravedo fra i binari anche il bagliore di ordigni a me ben
noti: le “termiti”. Così venivano da noi chiamati gli spezzoni incendiari conosciuti a Napoli”-
Gli ordigni incendiari erano ancora in dotazione dagli angloamericani quando, partendo da Foggia, venivano lanciati in missioni di incursione aerea nel resto dell’ Europa, come scrive infatti il veterano Karen Brantley ricordando le missioni da Foggia:”…We had incendiary bombs…” (Fonte:”Untold Until
Now: World War II Stories – Daddy and Other Heroes”, pag. 138).
I danni sull’uomo conseguenti alla deflagrazione, allo spostamento d’aria e al calore generati dalle bombe potevano essere di varia entità, a seconda della distanza dall’ordigno e della sua tipologia. Dubito, però,
che ad un semplice sguardo dei tegumenti fosse facile riconoscere gli effetti di un determinato ordigno. Sul perché del colore dei corpi di persone investite dagli effetti delle bombe penso si debba considerare,
oltre che l’evidente effetto del calore, anche la consistenza della sostanza esplosiva: l’amatolo delle bombe ad uso generico, per esempio, era di consistenza quasi gelatinosa che, in combustione, faceva presa
sulle carni un po’ come la pece infuocata delle antiche bombe greche o il Napalm.
Chiudo questo mio breve intervento con le toccanti parole di Padre Odorico Tempesta, relative all’incursione del 22 luglio 1943.
“Sull’ampia, sconvolta Piazza della Stazione, sparsi un po’ dappertutto ciò che ritenevamo essere cumuli di fanghiglia eterogenea, era invece quello che restava di tanti corpi umani investiti dalle fiamme e
proiettati lontano dalle violenti esplosioni e schiacciati sul selciato…”.
Tommaso Palermo
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