Giuliano Volpe, professore di archeologia, rettore emerito dell’Università di Foggia e presidente del Consiglio superiore dei beni culturali del Mibac, è un foggiano d’adozione. Barese di Terlizzi, dieci anni fa ha scelto di vivere a Foggia comprando casa nel centro storico e ristrutturandola, non senza dover fare i conti con le estenuanti lungaggini della burocrazia (ho avuto modo di parlare in questa lettera meridiana di un po’ di tempo fa). Una decisione senza dubbio coraggiosa, che testimonia la volontà di mettere radici in quel territorio che, come intellettuale e come uomo di scienza, sta cercando di far crescere.
In una intervista pubblicata oggi dal quotidiano L’Attacco, partendo proprio dalla sulla decisione di vivere a Foggia, Giuliano Volpe riflette sui problemi della città, sulla perdurante difficoltà di attuare politiche che portino alla rivitalizzazione del centro storico, e lancia l’allarme sull’amaro processo di declino e di degrado che angustia la maggior parte degli edifici storici nel capoluogo dauno, che sta portando ad un’ulteriore, irreversibile perdita di memoria e di identità.
Volpe, che con il restauro dell’ex ospedale di via Arpi (che ospita attualmente il dipartimento umanistico dell’ateneo foggiano, nella foto, è stato promotore della più ampia ed efficace operazione di recupera che sia mai stata realizzata a Foggia, ha così sintetizzato sul social network i contenuti della sua intervista:
“Ho parlato dei piaceri e delle difficoltà di vivere nel centro storico. Della delusione nel vedere dopo dieci anni da quella scelta che poco o nulla è cambiato negli interventi pubblici e privati (uniche novità in fatto di recuperi la ristrutturazione del Dipartimento di studi umanistici e quella di Santa Chiara, operazioni nelle quali ho avuto una qualche responsabilità), dello stato di degrado e di abbandono, degli stabili che erano abbandonati e continuano ad esserlo, della trasformazione degli abitanti, dell’invasione solo dei pub.
Una delle cose che sempre mi ha fatto riflettere (e anche un po’ arrabbiare!) quando ho amici foggiani che vengono a casa mia nel centro storico è sentir dire puntualmente “non sembra di stare a Foggia!”. Come dire, un’altra Foggia sarebbe possibile, ma…”
Ma – mi permetto di aggiungere – occorrerebbe un volontà politica diffusa, e forse anche una maggior sensibilità nell’opinione pubblica, nei cittadini, nelle imprese.
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