Guglielmo Minervini |
Ci sono due modi per affrontare il problema dell’immigrazione. Con gli scoop, le scomuniche, come fa certa stampa di (pseudo)sinistra e certi politici di destra. Oppure provandoti a cambiare il mondo.
La forza del progetto Capo Free, Ghetto Off, sognato, vagheggiato, inseguito da Guglielmo Minervini sta proprio nella sua capacità visionaria. Rivoluzionaria nel senso nonviolento di questa parola, ben conosciuto da chi sa commuoversi davanti al mistero della Croce.
Non si può smantellare il Grand Ghetto soltanto con l’esercito e con la polizia. E neanche soltanto con il supporto della solidarietà. Occorre una visione. Occorre smantellare l’economia illegale che trae profitto sullo sfruttamento dei lavoratori immigrati e delle piccole imprese agricole che muoiono di fame come i braccianti.
Bisogna cambiare la logica della grande distribuzione, dell’industria agroalimentare. In una parola bisogna cambiare l’economia, farla diventare migliore. Rimetterla al servizio delle persone, e non della finanza. Bisogna dare la vita ad un cambiamento trasversale e totale.
Forse proprio per questo suo spessore epocale, il progetto Capo Free Ghetto Off è rimasto inattuato. Ma non è fallito. Anzi, ha piantato un seme profondo. C’è chi continua a crederci, e a lavorare perché l’impossibile diventi fatto, speranza, futuro. Come Antonio Fortarezza, filmaker e promotore lo scorso anno dell’evento La filiera (non) etica, che cercò per la prima volta di mettere assieme i diversi soggetti interessati (lavoratori, associazioni, aziende agricole, industria, commercianti).
L’iniziativa ha messo in moto una serie di dinamiche interessanti, una presa di coscienza, un percorso comune, che riparte il 29 settembre prossimo, con la proiezione, nell’ambito della rassegna “Il lavoro nell’obiettivo”, organizzata dal Circolo CinemaFelix, costola della Fondazione Apulia Felix, de “La Filiera non Etica – dai campi ai supermercati”, il nuovo reportage-documentario di Antonio Fortarezza. La proiezione sarà il primo di una densa serie di eventi, il cui programma trovate qui.
Guglielmo Minervini è il padre morale del movimento che si sta sviluppando attorno alla Filiera (non) etica. Lo scorso anno non poté prendere parte all’evento. Fu impedito a farlo da problemi di salute. Concesse tuttavia ad Antonio Fortarezza e ad Ella Baffoni, una intervista che rappresenta un documento eccezionale, per lucidità, per forza morale, per densità e se volete ruvidezza. Stupisce la sua attualità, visto che da un anno in qua, nonostante tutto, e nonostante il nuovo governo regionale, il Grand Ghetto sta ancora lì: vergogna, ma anche irrisolta opportunità di cambiamento.
Lettere Meridiane seguirà con attenzione l’evento. E mi pare giusto cominciare a parlarne facendo vedere agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane l’intervista a Minervini, probabilmente l’ultima concessa da questa persona straordinaria, almeno con tale lunghezza e densità.
Ringrazio gli autori per aver concesso l’autorizzazione. L’intervista non fa parte del documentario-reportage che sarà presentato il 29 settembre, ma per evidenti ragioni ne rappresenta in un certo senso, il prequel, l’antefatto.
Guardatela, riflettete, amatela, condividetela.
Quindici giorni dopo, Guglielmo Minervini fu costretto al ricovero in clinica, per affrontare l’ennesima battaglia contro quel male che l’avrebbe strappato alla vita.
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