Oltre due milioni di spettatori per l’Andrea Chenier di Umberto Giordano che ha aperto la stagione della Scala su Rai Uno, ed uno share che ha raggiunto il 15,43 nel primo quarto d’ora. Quasi 3 milioni e 900.000 spettatori per Arbore, che su Rai Due ha totalizzato il 19,2% di share con Indietro Tutta 30 e l’Ode, surclassando la partita di Coppa Italia su Rai Uno e la seconda puntata di Music su Canale 5.
I due foggiani più importanti della storia dello spettacolo si fanno onore, anzi trionfano sulle maggiori reti televisive. Se per Arbore il primato poteva essere messo in preventivo, viste la valanghe di ascolti che il popolare showman fa puntualmente registrare ogni volta che si esibisce in tv, per l’opera lirica giordaniana era sicuramente più azzardato profetizzare il successo che ha avuto. Un boom che ha polverizzato tutti i precedenti indici di ascolto delle opere liriche passate in televisione.
Merito della musica immortale composta da Giordano (compare nella colonna sonora di Philadelphia ed è elemento significativo della stessa sceneggiatura del film), ma anche della memorabile direzione di Riccardo Chailly e della messinscena firmata da Mario Martone, oltre che della superba interpretazione di Yusif Eyvazov e Anna Netrebko. Il segreto dello straordinario successo sta nell’essere riusciti a restituire all’Andrea Chenier tutta la carica verista che Giordano le aveva impresso e che non sembra viene colta nell’approccio all’opera anche da parte dei registi più moderni.
Il quasi contemporaneo successo di ascolti ottenuto dai due grandi artisti foggiani è il frutto di una coincidenza temporale, ma non solo. I due percorsi artistici posseggono tratti comuni dietro ai quali c’è forse anche la chiave del loro successo. Nati a Foggia, hanno entrambi studiato a Napoli, quando il cordone ombelicale che legava la capitale partenopea a Foggia era ancora molto solido. Entrambi hanno poi fatto fortuna sulle scene internazionali e hanno scelto di vivere lontano dalla loro patria d’origine: Milano per Giordano e Roma per Arbore.
L’uno e l’altro hanno mantenuto tuttavia un saldo rapporto con la loro terra d’origine soprattutto con le loro opere, che trasudano meridionalità: perfino dietro le vicende francesi di Andrea Chenier si voglia la potenza del messaggio e della scuola verista, così come il Sud di Renzo Arbore è divertente, ridanciano.
È bello che le due facce del Sud vengano così declinate da due foggiani, e al massimo livello.
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