Era nall’aria, ma adesso c’è la conferma. La “secessione dei ricchi” è stata espressamente prevista nel DEF e di fatto condivisa da tutto il governo, compreso il suo azionista di maggioranza, quel M5S che ha il suo più consistente bacino elettorale nel Mezzogiorno.
A pagina 112 del DEF 2018 si legge (grazie per la tempestiva segnalazione a Raffaele Vescera): “Autonomia differenziata. Una priorità è costituita dall’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione concernente l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario. Sulla questione è già stato avviato un percorso con tre Regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) nel 2017 e nei primi mesi del 2018. Si tratta, quindi, di portare a compimento l’attuazione di disposizioni così rilevanti per il sistema delle autonomie territoriali del nostro Paese.”
Detto così, sembra niente. In realtà si tratta proprio della “secessione dei ricchi” per bloccare la quale si è mobilitata la parte migliore del meridionalismo italiano raccogliendo in poche settimane 12.000 firme (l’appello lanciato da Gianfranco Viesti e Pino Aprile può essere sottoscritto qui). Del resto il presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, la ministra leghista agli affari regionali Erika Stefani e il (vice?) premier leghista Matteo Salvini erano stati chiarissimi: il provvedimento s’ha da fare. I maggiori poteri invocati dal Veneto anche su materie chiave, quali la sanità e la pubblica istruzione, vanno concessi. Alla faccia della coesione e dell’unità nazionale che, si sa, non sono mai stati un must per i leghisti.
Chi pensa che ”l’autonomia differenziata” sia in qualche modo bilanciata dal “reddito di cittadinanza” che, secondo l’opinione comune dovrebbe portare maggior ricchezza al Mezzogiorno, sbaglia di grosso, per almeno un paio di ragioni.
La prima. Le risorse per finanziare (in deficit) questa misura che avvantaggerebbe i giovani meridionali sono ancora tutte da trovare, come conferma la brusca frenata imposta dalla Commissione Europea con la lettera di Moscovici. L’attuazione dell’art.116 avviene invece a “spesa invariata”, nel senso che non ci sono maggiori oneri per lo Stato ma un semplice trasferimento di risorse. Come abbiamo spiegato dettagliatamente ieri, i soldi vengono sottratti alle aree più deboli.
Seconda ragione per diffidare. Il “reddito di cittadinanza” è una misura temporanea, contingente, straordinaria che non crea direttamente occupazione, ma introduce una sorta di accompagnamento al lavoro a favore dei più bisognosi. L’autonomia differenziata è invece una manovra strutturale, destinata a produrre effetti (devastanti) per i prossimi decenni.
La palla passa adesso ai tantissimi deputati e senatori pentastellati eletti nei collegi elettorali del Mezzogiorno, al quale mai le urne avevano dato, in passato, una classe dirigente così omogenea. Il DEF dovrà essere certamente sottoposto ad una discussione parlamentare approfondita e a cambiamenti più o meno consistenti.
Il coraggioso appello di Viesti e di Aprile ha conquistato molta parte del mondo accademico, della cultura, e in misura minore, della politica e del sindacato. Ma ci sono comunque adesioni significative anche da parte di parlamentari, pentastellati e non, che saranno chiamati a discutere del DEF e dell’autonomia differenziata.
In loro sono riposte le residue speranze dei meridionali.
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Inserito in costituzione nel 2001 da un governo di sinistra. Le norme hanno avuto poi applicazione nel 2017 e nell'inizio del 2018. Se si ragiona un po' capirete anche sotto quali governi. In seno a quelle misure oggi la norma continua il suo cammino…. Dove sarebbe lo scandalo? Nella loro attuazione o quando furono prima create da.governo Prodi e poi attuate dal goevrno Gentiloni? #madicosaparliamo #studiamo #informiamoci