Nel calcio di oggi è divenuto quasi normale che un calciatore sudamericano giochi con la sua Nazionale il mercoledì, e scenda regolarmente in campo la domenica con la sua squadra di club in Europa. Al massimo, dovrà fare i conti con un po’ di jet lag.
Una volta non era così. Quando ci si doveva spostare in treno o in pullman, le trasferte costavano davvero sangue e sudore.
È difficile stilare una statistica delle squadre più tartassate del passato sotto questo profilo. Ma il record assoluto spetta probabilmente al Foggia che si segnalò all’attenzione della stampa nazionale per le estenuanti trasferte che dovette sopportare nel campionato di serie C 1941-42.
Per una bizzarra scelta della federazione, in quella stagione la formazione rossonera era la più settentrionale del girone H, che comprendeva i club pugliesi, lucani, calabresi e siciliani. Un’articolazione territoriale che rese la vita difficile in modo particolare ai satanelli.
La cosa non sfuggì alla popolare rivista L’Illustrazione Italiana che nel numero del 12 ottobre 1941 si prese la briga di calcolare quanto sarebbero costate le trasferte al Foggia, in termini di tempo. “A proposito di trasferte che dovranno compiere le varie squadre nel prossimi campionati – scrive la redazione della rivista – , fatti i calcoli risulta che il Foggia dovrà recarsi ben tre volte a Palermo; una volta a Catania e una volta a Siracusa: cosicché il Foggia, nelle cinque gite, dovrà partire da casa il giovedì per tornare in sede il martedì.”
Capito? Per andare oltre lo Stretto e tornare a casa, andava via quasi una settimana, con tanti saluti agli allenamenti. Nella migliore delle ipotesi, si aveva la possibilità di fare una sgambata, alla vigilia della sfida, sul terreno di gioco avversario.
Come ricorda L’Illustrazione Italiana, le compagini palermitane partecipanti al torneo quell’anno furono tre: la Palermo Juventina, che vinse il campionato e venne poi promossa nella serie cadetta, avendo superato anche il girone finale, l’Aviosicula Palermo e i Vigili del Fuoco Palermo, che si classificarono rispettivamente al terzo e al quarto posto. Le altre squadre siciliane furono invece il Siracusa (secondo posto) e il Catania, che chiuse al sesto posto.
Il campionato fu avaro di soddisfazioni per il Foggia, che allora si chiamava Unione Polisportiva Foggia: finì decimo, con 17 punti su 24 partite. Riuscì a raggiungere la salvezza dopo un avvio disastroso, grazie ad un buon girone di ritorno. Per la cronaca, le “gite” siciliane si risolsero in una debacle per il Foggia, che perse tutte le trasferte oltre lo Stretto.
I satanelli, nelle cui file giocava il grande Vincenzo Marsico, erano allenati da Angelo Benincasa, che qualche anno dopo sarebbe riuscito a portare la squadra in serie B, seppure grazie a un ripescaggio per meriti sportivi (stagione 1948-49).
Anche Marsico, dopo una interessante carriera da calciatore che lo vide vicino al Milan, si sarebbe seduto successivamente sulla panchina del Foggia, diventando con 93 vittorie, uno degli allenatori più vincenti della storia del Foggia.
Il sodalizio rossonero era presieduto da Roberto Fini.
Per fortuna, la sciagurata composizione geografica dei gironi venne rivista l’anno dopo, anche per l’aggravarsi della situazione bellica: il Foggia giocò nel girone M, composto da squadre tutte pugliesi, e ottenne un buon quarto posto, con 27 punti in 22 partite.
Calcio romantico, decisamente d’altri tempi, quando per giocare non bastavano i piedi buoni, ma occorrevano anche tanto cuore e tanto coraggio.
Geppe Inserra
[Nella foto di apertura, Angelo Benincasa, Vincenzo Marsico e Roberto Fini]
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